Il 17 maggio è in tutto il mondo la Giornata dedicata alla lotta contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia riconosciuta dall’Unione europea e dalle Nazioni Unite. La prima fu celebrata nel 2004, a 14 anni dall’eliminazione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali nel 1990.
Da allora, anche grazie a occasioni come questa, è stato possibile compiere passi importanti, non sempre scontati, verso il pieno riconoscimento dei diritti di tutte le persone. Un obiettivo ancora non pienamente realizzato e rispetto al quale vanno registrate purtroppo ancora forti resistenze che troppo spesso sfociano in aggressioni e forme d’odio non solo verbali ma anche fisiche e di natura discriminatoria.
Manifestazioni d’odio, e omofobia e transfobia sono esattamente questo, che violano la dignità umana, ledono il principio di eguaglianza e comprimono la libertà e gli affetti delle persone. Quindi i diritti umani fondamentali, che sono direttamente investiti dal rapporto tra omosessualità, eguaglianza e diritti e ci richiamano al dovere di promuovere, coerentemente con il dettato costituzionale, la piena cittadinanza dell’individuo, la realizzazione del pieno sviluppo della persona e della personalità, la tutela della condivisione delle scelte affettive e degli stili di vita e quindi la prevenzione e il contrasto a ogni forma di violenza, intolleranza, discriminazione.
Una battaglia da combattere, prima ancora e oltre che su quello penale e repressivo, sul piano educativo e culturale. La diffidenza e l’avversione nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali, transessuali risiedono specialmente nella percezione della differenza come una minaccia che può scatenare sentimenti, pensieri e anche azioni violente, infamanti, discriminatorie.
Ecco perché da ministra dell’Istruzione, Università e Ricerca ho promosso l’adozione del “Piano nazionale per l’educazione al rispetto” ispirato ai principi e valori contenuti nell’articolo 3 della Costituzione e finalizzato a promuovere nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado un insieme di azioni educative e formative volte ad assicurare l’acquisizione e lo sviluppo di competenze trasversali, sociali e civiche per un uso consapevole del linguaggio e per la diffusione della cultura del rispetto, con l’obiettivo di arrivare a un reale superamento delle disuguaglianze e dei pregiudizi.
I nostri modelli educativi, così come i media e in particolare la Rai nella sua funzione pubblica di principale azienda culturale e di informazione italiana, devono essere in grado di veicolare non la neutralità o lo stigma ma, al contrario, la valorizzazione delle differenze. Il contributo di tutto il mondo della scuola e dell’informazione nel costruire una nuova cultura del rispetto della libertà di ciascuno, nell’uso del linguaggio rispettoso delle differenze, è la vera forza della prevenzione e del contrasto alle discriminazioni e alla violenza (sia simbolica che reale) verso lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
Pace e democrazia sono e saranno sempre di più legate a questa capacità di valorizzazione delle differenze, che sono da sempre fonte di crescita e cambiamento; diversità delle singole persone, certo, ma anche diversità fra i processi di sviluppo, gli ambienti in cui noi viviamo e ci relazioniamo e ai quali oggi la crisi pandemica ha impresso un’accelerazione e una direzione precisa verso obiettivi di sostenibilità, innovazione e inclusione, appunto e di nuovo, di tutte le differenze.
D’altra parte si deve riconoscere come già negli ultimi anni, sulla spinta di un’opinione pubblica in gran parte e da tempo favorevole, siano stato compiuti alcuni passi in avanti fondamentali. L′11 maggio scorso è ricorso il quinto anniversario dal via libera alla legge sulle Unioni civili che rappresenta una straordinaria conquista di civiltà e libertà e proprio in questi giorni il Partito Democratico è impegnato in Senato per consegnare al Paese, a tutto il Paese e non solo a una parte di esso, una legge che tuteli dai crimini d’odio le persone omosessuali e transessuali.
Un obiettivo che abbiamo da sempre condiviso e sostenuto e per il quale siamo pronti a batterci fino in fondo anche al netto di alcune criticità ed errori nel testo in esame che, insieme ad altri e altre, ho pubblicamente segnalato. E mi riferisco in particolare al rischio di non riconoscere pienamente la differenza tra odio verso le donne e odio verso gli omosessuali che hanno radici e ragioni diverse e a quello di utilizzare definizioni come “identità di genere percepita” prive di quella chiarezza e determinatezza necessarie nel campo del diritto penale.
Dopodiché credo sia utile ribadire che l’omofobia non si combatte e soprattutto non si vince esclusivamente sul piano repressivo ma occorre investire moltissimo in educazione al rispetto delle differenze, sulla formazione e su un costante monitoraggio del fenomeno omofobico con un impegno, da parte di tutti i soggetti, a promuovere la ricerca scientifica e la raccolta dati anche attraverso l’istituzione di un’autority contro le discriminazioni che concretamente agisca per favorire conoscenza, prevenzione e contrasto dei comportamenti discriminatori sia penalmente perseguibili che socialmente e culturalmente dannosi alla convivenza civile e democratica.
La differenza è un valore, non va accettata o tollerata. La differenza è una risorsa che va inserita nel dibattito pubblico, politico e culturale. La differenza va anche praticata perché è fonte di arricchimento e progresso per tutte e per tutti. Nella differenza si cresce in una società più sicura e più feconda di opportunità. Per questo è fondamentale continuare a investire nella cultura del rispetto e del reciproco riconoscimento del diritto di tutti e di ciascuno a vivere pienamente i propri affetti e relazioni, liberi e libere di amare e di essere se stesse e se stessi.


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