Caro direttore,
domani sarò in Campidoglio con l’Associazione Nazionale Partigiani per testimoniare la mia vicinanza a chi ancora oggi si batte affinché la memoria del nostro Paese sia preservata contro il rischio di un pericoloso revisionismo. Ottanta anni fa c’era chi stava dalla parte giusta e chi si schierò con l’abominio del razzismo, dell’antisemitismo, della distruzione e della guerra. Questo non possiamo e non vogliamo dimenticarlo: fa parte dell’identità della nostra Nazione e della Storia democratica di questo Paese. Su questo non ci devono essere tentennamenti. Il fascismo, anche nelle sue forme contemporanee, anche quando appare come un folcloristico nostalgismo, va contrastato apertamente. Per questo bene ha fatto il ministro Minniti a vietare la manifestazione che riecheggiava, per forma e contenuti, la famigerata Marcia su Roma, che fu all’origine di una delle pagine più buie del nostro Paese. Per questo è giusto non abbassare la guardia negli stadi, e non sottovalutare episodi come quello che ha visto coinvolta la curva della Lazio. Senza però dimenticare che in tutte le tifoserie alberga una minoranza rumorosa di persone che scambiano gli stadi per zone franche. La discussione riguarda casomai cosa fare e come farlo. Perché i gesti simbolici sono indispensabili, ma non bastano. Mi piace allora far mia la proposta di un gruppo di docenti toscani, perché le esperienze didattiche che prendono le mosse dal «Treno della Memoria», che da assessore all’Istruzione del Comune di Firenze appoggiai convintamente, siano alla base di percorsi educativi rivolti ai giovani. Per consegnare loro una memoria viva, fatta di conoscenza, riflessione e scambio e che non rimanga lettera morta, ma che diventi motore di una cittadinanza attiva e democratica. È questa la risposta che dobbiamo costruire contro la negazione della storia e la distorsione della memoria. Se sollecitati i giovani hanno dimostrato di saper sviluppare le risposte corrette. A noi sta accompagnarli con i giusti strumenti.


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