Nel day alter dello scontro tra la ministra Maria Elena Boschi e Gianni Cuperlo alla direzione del Pd, Miguel Gotor ritiene quella (su Casa Pound e dissidenti dem), della titolare delle Riforme “una battuta infelice”. Senatore, storico, vicino a Pier Luigi Bersani, ed esponente di spicco della minoranza interna del Pd, Gotor voterà sì al referendum sulla Costituzione, ma chiede che l`Italicum sia cambiato.
Senatore Gotor, lei dunque, come dice la ministra Boschi, voterà insieme a Casa Pound no al referendum costituzionale?
«Per quanto mi riguarda ho votato “si” alla riforma in tutte le letture, impegnandomi in Parlamento per migliorarla come era mio dovere. Non ho invece votato l`Italicum e credo che il problema di equilibrio del sistema riguardi il combinato disposto tra riforma istituzionale e legge elettorale. Sono orientato a confermare il mio voto positivo sulla riforma anche nell`urna ma mi aspetto che sia modificato l`Italicum, che ci sia un impegno a varare una legge elettorale per il Senato che ponga in essere l`accordo raggiunto in Costituzione. Un`intesa, in base alla quale i nuovi senatori saranno scelti in conformità con la volontà popolare. E, soprattutto, il referendum non deve trasformarsi in uno scontro di civiltà tra renziani e anti-renziani perché la Costituzione deve unire e non dividere, ma rappresentare il maggior numero di cittadini di uno Stato. L`infelice battuta della Boschi non va nella giusta direzione, ma da qui a ottobre il cammino è ancora lungo».
Gianni Cuperlo ha chiesto alla ministra di rettificare ma lei di fatto ha confermato. Che ne pensa?
«Che sbaglia. Tra i sostenitori del no ci sono anche elettori del Pd e del centrosinistra e la dirigenza
dell`Anpi che non meritano di essere insultati con tanta superficialità. Ripeto: invito ad abbassare i toni e a confrontarsi sul merito soprattutto se si è la ministra delle riforme istituzionali. Continuare ad alzarli, provocando, non facilita la vittoria del “si”, anzi rischia di essere controproducente».
Perché Renzi vuole il congresso anticipato rispetto al 2017 subito dopo il referendum?
«Si tratta di un leggero anticipo che mi sembra condivisibile. Peraltro corrispondeva a una nostra richiesta: gli elettori e gli iscritti del Pd devono essere chiamati a pronunciarsi sul cambiamento di identità e di orientamento politico subìto dal partito in questi due anni: il Pd deve allearsi di nuovo con il centrodestra (Ncd e Verdini) o impegnarsi a ricostruire il centrosinistra?»
Fare il congresso dopo la consultazione non è anche un modo per cercare di vincolarvi al “sì”, pena l`esclusione dalle liste elettorali?
«Non credo. Il Pd è un grande partito e se vuole vincere le prossime elezioni dovrà essere il più possibile unito e plurale. Per questo sarebbe un atto di autorevolezza che Renzi consentisse che nel Pd si potessero esprimere anche quanti sostengono il “no” al referendum: sarebbe un modo intelligente per non perdere il contatto con quei nostri iscritti ed elettori che vorrebbero continuare a votarci e abbasserebbe in automatico la temperatura plebiscitaria della consultazione. La Dc, che era un partito saggio, lo avrebbe fatto».
Roberto Speranza si è candidato a fare l`anti-Renzi. Lei è d`accordo o preferisce Gianni Cuperlo, Michele Emiliano, presidente della Puglia, l`altro già candidato anche formalmente Enrico Rossi, governatore toscano, oppure altri?
«È prematuro parlare di candidature. Ora ci sono le Amministrative, poi ci sarà il referendum e infine il congresso. E noto che sono un estimatore di Speranza, che ha notevoli qualità umane e politiche ed è stato forse l`unico dirigente di questa fase a rinunciare a un`importante poltrona (capogruppo alla Camera ndr) per difendere le idee in cui crede, ma sarà lui a decidere cosa fare».
Cosa pensa della polemica arroventata sulla giustizia e sul fatto che i magistrati di Area chiedano di potersi pronunciare sul referendum? Ma Legnini, vicepresidente del Csm, ha invitato tutti a maggiore cautela…
«La cautela è sempre auspicabile, da tutte le parti. Nel merito non ho nulla in contrario al fatto che i magistrati possano esprimersi pubblicamente su un referendum costituzionale: è già avvenuto in passato e si ripeterà. In una democrazia, che si regge su un delicato equilibrio tra i poteri, non esiste il delitto di lesa maestà governativa».
Cosa pensa del protagonismo in politica dei magistrati?
«Sono più incline a vedere il protagonismo della corruzione nella società e nella vita politica italiana, che ha un`intensità imparagonabile ad altri Paesi. Chi governa ha il dovere di mettere la magistratura nella condizione migliore per esercitare la sua funzione celebrando concorsi e finanziando le strutture. I magistrati devono evitare inutili protagonismi trasformandosi in sociologi, antropologi e storici e qualunque ideologia della supplenza che lede la loro autonomia. La patologia del rapporto politica-magistratura è un lascito amaro del ventennio berlusconiano e non consiglierei a Renzi di inseguire il Cavaliere su quel terreno».