E sul sindaco di Firenze: ‘Ha dato vita a una voce che c’è nel nostro elettorato’
Senatore Nicola Latorre: a quaranta giorni dal voto, il Paese è ancora senza una prospettiva. Non vi viene il sospetto che forse il Pd ha sbagliato strategia nell`inseguimento di Grillo?
No, nessun sospetto. Il risultato elettorale ci consegna rapporti di forza parlamentari tali che la formazione di una maggioranza in entrambe le Camere impone accordi tra forze che in campagna elettorale, e non solo, si sono aspramente combattute. Di qui uno stallo figlio peraltro di una pessima legge elettorale e di un bicameralismo che non regge. Io non ho interpretato il nostro come un inseguimento del M5S. Il voto a Grillo intercettava una domanda di cambiamento con cui era doveroso confrontarsi. Purtroppo dobbiamo prendere atto che forse Grillo non vuole cambiare davvero ma solo testimoniare una protesta contro tutto e tutti.
Grillo ha rilanciato la questione di Montepaschi. Che dice?
Le sue sono parole pesanti e se Grillo ha qualche elemento da rendere noto vada dal magistrato».
Se il Pdl è un partito di «impresentabili», come è possibile pensare di potere fare insieme la grande riforma istituzionale?
Lasciamo perdere le battute, non è questo il mio linguaggio. Certo, un governo di cambiamento è difficile immaginarlo con chi il cambiamento in tutti questi anni l`ha ostacolato. Ed è nota la distanza tra i nostri progetti e quelli del Pdl. Ma se da un lato Grillo ha rinunciato a svolgere qualsiasi ruolo costruttivo, il centrodestra dice di voler utilizzare la sua forza per contribuire a risolvere la crisi. Confrontarsi con questa realtà non è un inciucio, e non è neanche ‘un`apertura al Pdl’, si chiama semplicemente senso di responsabilità. Questo confronto deve avvenire nelle forme e nei modi possibili, senza rinunciare a principi indiscutibili. Ma l`alternativa sono solo le elezioni.
Tutto si sposta sul Quirinale. Il Pdl vi accusa di volere fare man bassa. Quale sarebbe, invece, il suo candidato ideale?
Io penso che si debba continuare ad agire nel solco tracciato da Napolitano in questi sette anni, che è riuscito con la sua esperienza, saggezza e un altissimo senso dello Stato a farsi garante delle istituzioni e a tenere unito il Paese nonostante la drammaticità dei tempi. Il mio candidato ideale sarebbe dunque ancora Giorgio Napolitano.
Proporre Prodi, come si dice voglia fare Bersani, significa andare alla guerra con il Pdl. È così?
Lasciamo perdere il totonomi. Noi oggi siamo immersi in una crisi politica che non è ordinaria. Quando a fronte di una situazione economico sociale gravissima che richiede interventi drastici e urgenti la politica è bloccata è chiaro che siamo in presenza di una crisi di sistema. Il metodo che prevarrà nel voto del nuovo Presidente e il suo profilo politico saranno decisivi per definire la rotta sulla quale si riorganizzerà la politica e le istituzioni.
Nel Pd si è riaperta la battaglia per la leadership. Renzi era rimasto al coperto, ora è tornato in campo. Come lo spiega?
Non mi pare sia rimasto al coperto. Matteo Renzi all`indomani delle primarie si è messo al fianco del segretario, lealmente, per vincere anche ‘le secondarie’. E di questo dovremmo dirgli tutti grazie. Dopo il voto, poi, ha sostenuto l`iniziativa politica di Bersani. E nel suo più recente intervento, comunque la si pensi, ha dato voce a un sentimento che c`è nel nostro elettorato e per questo è bene che il nostro gruppo dirigente tratti con spirito costruttivo le valutazioni del sindaco di Firenze.
Si parla già di uno scontro Renzi-Barca per le prossime primarie. La sinistra liberai contro la sinistra-sinistra. Sarà questo lo scenario?
Fabrizio Barca è sicuramente una personalità di tutto rispetto oltre ad essere un ottimo ministro. La forza della futura leadership democratica si misurerà sulla capacità di indicare una prospettiva nuova al Paese e di guidare un partito che non cancella la sinistra e la sua storia ma ne sappia promuovere un`idea rinnovata sotto il profilo politico e culturale.
E dell`ipotesi di scissione a sinistra, con la riunificazione con Vendola che dice? Ci sarebbe già il nome: Rifondazione Democratica.
Altro che scissione. Qui occorre inclusione e sintesi. Due anni fa proposi un nuovo atto fondativo del Pd che ne allargasse i confini oltre i Ds e la Margherita. Fui duramente redarguito. Oggi vedo che se ne parla con maggiore attenzione.
Lei crede che il Pd debba trincerarsi sulla linea «o Bersani o morte», e andare al voto?
A Bersani va il merito di aver svolto un ruolo prezioso in questi quattro anni e di aver guidato il Partito Democratico durante uno dei peggiori periodi della repubblica italiana, con una crisi dei partiti e della politica senza pari. Non esiste un`opzione secondo cui ‘o Bersani o morte’ e men che meno Bersani crede che sia questo il dilemma di oggi. Semmai chi rischia di morire è il Paese e una politica immobile ne sarebbe terribilmente responsabile.

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