Sta entrando nel vivo la discussione sulle possibili modifiche della legge Fornero sulle pensioni. 1115 di aprile l`Istat – dopo una complessa integrazione fra banche dati – ha rilasciato alcuni dati sulle differenze di mortalità per livello di istruzione, fondamentali per ragionare sulle diseguaglianze del sistema pensionistico e sui possibili correttivi. Le differenze di sopravvivenza secondo la classe sociale sono rilevanti. A 65 anni, gli uomini con licenza elementare e senza titolo vivono in media 2,2 anni in meno
rispetto ai laureati (17,8 contro 20,0 anni). Per le donne le differenze sono inferiori (21,6 contro
22,9 anni), ma sempre significative. Non è facile distinguere fra le motivazioni di queste diseguaglianze.
In parte, sono dovute a diversità nei comportamenti individuali: ad esempio, fra le persone con basso titolo di studio sono più diffusi i fumatori. Inoltre, le persone più istruite sono anche mediamente più ricche e più informate, quindi meglio in grado di usufruire dei vantaggi del sistema sanitario e adottare comportamenti salutisti, come buone abitudini alimentari. Tuttavia, parte delle differenze è attribuibile
al diverso lavoro: quarant`anni in ufficio o quarant`anni in un cantiere hanno effetti assai diversi sulla probabilità di ammalarsi. Le necessarie rettifiche del sistema pensionistico dovrebbero tener conto di tali risultati. Infatti oggi la definizione dell`età all`uscita non ne tiene conto, e per questo motivo – paradossalmente – i più poveri e i meno istruitisi trovano a pagare parte delle pensioni dei più ricchi e istruiti. Senza intaccare l`equilibrio del sistema, l`età dell’uscita potrebbe essere modificata, abbassandola per le persone meno istruite e alzandola per le più istruite. Non un`operazione semplice,
ma credo sia una doverosa azione di equità.


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