Caro Segretario Matteo Renzi, forse non avrei fatto ricorso alla stessa immagine – come dire? suggestiva – da te utilizzata («umani/bestie»), ma ne condivido incondffionatamente il senso. Non avrei richiamato le «bestie» in un`accezione così spregiativa sia perché , tra gli elettori di centro sinistra sono assai numerosi, e assai suscettibili, gli animalisti, sia perché in un recente articolo Adriano Sofri ha evocato le «bestie» per raccontare come, anche tra gli uccelli, vi siano i «migranti economici» e i «profughi», uniti da un medesimo destino. Detto questo provo ad andare oltre. Sono tra coloro che hanno ritenuto importante la pubblicazione della foto di Aylan, il bambino morto su una spiaggia turca. Ma sono anche tra quei ricercatori che, a partire dal 2003, da quando si inabissò un barcone con circa 250 migranti (41i sopravvissuti), hanno voluto ‘contabilizzare’ i morti nel Mediterraneo, giorno dopo giorno, anno dopo anno. La stima, che concorda con quella di un coordinamento di soggetti di ispirazione religiosa e con quella del sito Fortress Europe indica in 6-7 morti quotidiani e in circa 20.000 negli ultimi due decenni le vittime nel Mare Mediterraneo.
E tutto ciò prima della cosiddetta ‘grande emergenza’. Perché ricordo questo? Perché urtroppo, la foto di Aylan è solo l`immagine più recente e più crudelmente visibile di una tragedia che è stata per così lungo tempo non vista. Eppure si consumava appena poco al di là del perimetro dei nostri confini nazionali. L`intollerabile evidenza, non più occultabile, di quella foto di Aylan ha incrinato l`indifferenza delle opinioni pubbliche europee, ha mobilitato sentimenti ed energie
e – qualcuno arriva a dire – ha modificato le politiche delle classi dirigenti dell`Unione. Io direi: ha contribuito a modificarle, e non so quanto stabilmente. Resto, infatti, molto scettico, pur non sottovalutando quelle tracce – ancora
esili e deperibili – di un movimento di solidarietà che, infine, cominci a manifestarsi in molti paesi europei. Così come non ho sottovalutato quanto è accaduto, meno di tre mesi fa, intorno alla stazione Tiburtina di Roma e alla stazione centrale di Milano. Nel momento in cui si faceva più indecente e sguaiata la propaganda xenofoba e più violenta l`iniziativa degli ‘imprenditori politici dell`intolleranza’ (elaborammo quella definizione giusto 25 anni fa, ed è desolante vedere quanto fosse calzante), proprio allora emergeva una qualche controtendenza. Ed è di questo, segretario Renzi, che ti voglio parlare. L`immagine di Aylan e quelle dei mille gesti di accoglienza da parte
di cittadini europei, rischiano di ridursi a simulacro di un`emozione
intensa, ma non duratura: e comunque rimovibile. Con una certa
fatica, ma comunque rimovibile. possibile far sì che ciò non accada? Voglio prendere molto sul serio le affermazioni da te pronunciate nel corso del comizio di domenica a Milano e, allo stesso tempo, prenderti in parola. Sì, è vero, il discrimine non corre ‘tra il Pd e la destra’. E il primo motivo è che la frattura percorre l`intera società italiana e spacca anche la sinistra, così come lacera in profondità gli strati popolari. Non c`è da stupirsi se solo ricordiamo quanti guai combinarono il Partito comunista francese e la Confédération generale du travail mezzo secolo fa in alcune regioni di
quel paese, e quanto ‘sciovinismo di sinistra’ seppero alimentare. Ma questa è una ragione in più, non in meno, per provare a percorrere oggi una strada tutta diversa.
una impresa ardua e dall`esito non scontato, ma una delle poche che vale la pena percorrere e che può dare risultati di grande rilievo. E può, inoltre, offrire un significato attuale e intenso al dirsi di sinistra; e, ancor prima, può indicare contenuti e valori capaci di definire una identità democratica adeguata al nostro tempo. É non solo: dal momento che la nostra dovrà essere una battaglia di maggioranza, quel tema potrà tracciare una linea di confine tra donne e uomini di buona volontà e nichilisti fautori di quella utopia regressiva e cupa che è la fortezza Europa. È un impegno impervio, il nostro, perché si devono rassicurare gli italiani più vulnerabili – quelli
sui quali grava il peso maggiore e fin la sofferenza di una convivenza complicata e faticosa – e, allo stesso tempo, si tratta di elaborare politiche di accoglienza generose e intelligenti e di lungo periodo. In altre parole, la questione dell`immigrazione
proprio perché destinata a ridefinire il patto politico del nostro paese e a ristrutturarne la stessa composizione sociale costituisce – e costituirà per i
prossimi decenni – il vero discrimine tra i due campi programmatici e le due culture politiche essenziali del conflitto pubblico. E ciò avverrà anche attraverso spostamenti significativi da una tradizione politica a un`altra. E, perfino, dalla destra alla sinistra
e viceversa, così come attraverserà in maniera dirompente il mondo.

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