Da undici mesi mi occupo con assiduità della vicenda di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano rapito torturato e ucciso al Cairo tra il 25 gennaio e il 3 febbraio di quest`anno. Lo faccio per una motivazione soggettiva condivisa da molti (lo strazio crudele di quella morte), ma che richiama prepotentemente una serie di ragioni tutte politiche e, direi, inesorabilmente politiche.
Ragioni che sono pressoché totalmente ignorate dal dibattito pubblico, trascurate dalla discussione all`interno del Partito democratico e destinate, temo, a non avere alcuno spazio nella riflessione precongressuale e congressuale (quando vi sarà) dello stesso partito.
Il motivo è uno: quelle questioni, così intimamente connesse alla vicenda di Giulio Regeni, vengono in genere considerate pre-politiche o non politiche, “filantropiche” secondo un`interpretazione benevola, o “umanitarie” nel migliore dei casi. Io, all`opposto, penso che esse contribuiscano a costituire il cuore della politica, il suo corpo e la sua anima, il suo fondamento materiale e sociale. Non l`unico, certo, ma uno dei suoi essenziali capisaldi. Il non averlo capito, da parte dei gruppi dirigenti del Pd, rappresenta una delle ragioni della crisi profonda di quel partito, e dei rischi di una sua costante e desolata “impoliticità”.
Quattro punti
Ma perché vedo in controluce, nella vicenda di Giulio Regeni, una questione politica di così potente intensità e di così limpida evidenza? Eccone, in estrema sintesi, i principali motivi:
1) Il ruolo delle alleanze internazionali dell`Italia. La posizione geo-strategica dell`Egitto e le relazioni economiche tra l`Italia e il regime di Al-Sisi consentono all`Italia di attuare un`autonoma iniziativa politico-diplomatica nei confronti di uno Stato che non collabora alla ricerca della verità sulla morte di un nostro connazionale?
2) L`amicizia con l`Egitto può giustificare il silenzio sulla strage di diritti e di persone in carne e ossa (centinaia di rapiti e seviziati nel solo 2016) perpetrata dal regime di AlSisi? E che fare perché la tutela dei diritti fondamentali delle garanzie fondamentali della persona sia priorità tra le priorità e non ultimo punto, sempre rinviato o rimosso, dell`agenda delle relazioni tra l`Italia e i paesi dispotici?
3)La scarsa determinazione, diciamo così, del governo italiano nell`esigere la verità sulla agonia di un giovane uomo, torturato per sei giorni, può spiegarsi con un inconscio senso di colpa che attraversa le nostre istituzioni e la nostra classe politica? Un senso di colpa forse motivato dal fatto che il nostro ordinamento giúriclico – a 29 anni dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni unite – non ha ancora introdotto la fattispecie penale di tortura.
4) Giulio Regeni era un “giovane contemporaneo” (la madre Paola), così simile ai nostri figli e ai nostri nipoti che, curiosi delle persone e dei popoli, attraversano l`Europa e il mondo, apprendono lingue e stili di vita, e trasformano il senso comune. E si ritrovano oggi in un`Europa nuovamente matrigna e avara, esausta e sciovinista, che mortifica risorse, chance e speranze.
La politicità dirompente
A partire da questi pochi elementi essenziali, è possibile scorgere tutta la politicità dirompente di una vicenda trascurata e considerata, al più, “compassionevole.” Al di là dell`interesse di singoli parlamentari (Luigi Zanda, Gianni Cuperlo, Laura
Fasiolo e Peppe De Cristofaro, e chiedo scusa a quanti dimentico) e all`iniziativa (di Sinistra italiana e di Silvana Amati) per bloccare l`invio all`esercito egiziano di pezzi di ricambio per gli F-16, la politica non ha “visto” tutto ciò e ha guardato altrove. Allo stesso tempo, e non da ieri, un numero crescente di cittadini smetteva di guardare alla politica. Certo, innanzitutto a causa dell`impoverimento di strati sempre più estesi di popolazione e a causa della precarizzazione del lavoro: ma ha contato e conta – ne sono certo anche l`incapacità di cogliere le sofferenze e le aspettative di quei “giovani contemporanei” di cui parla Paola Regeni.
E, infatti, cosa c`è di più politico di questo?
Ne discuterà il congresso del Pd? Ne discuterà la politica italiana? (Ed è chiaro, mi auguro, che quanto ci dice la vicenda di Giulio Regeni allude alla necessità di guardare alla politica e di trovare la politica oltre i canali tradizionali e al di là delle categorie classiche e del loro progressivo esaurirsi).


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