Il 24 agosto scorso, alcuni i giornali riportano una notizia alquanto preoccupante: il rimpatrio di 48 cittadini sudanesi con un volo Egyptair, partito da Torino e diretto a Khartoum. I tempi brevissimi in cui si è svolta l`operazione – diversamente da
quanto accade solitamente nei casi di rimpatri dai centri di identificazione e di espulsione – possono far temere la possibilità di violazioni e lasciano spazio a numerosi quesiti da me già rivolti al Ministero dell`Interno con un`interrogazione. Là preoccupazione più grande è che le persone coinvolte non abbiano ricevuto un`opportuna informazione
legale. E che la loro posizione giuridica non sia stata adeguatamente valutata, così da escludere il rischio di trovarsi un una situazione di pericolo una volta rientrati in Sudan. E va detto che, purtroppo, un simile rischio è tutt`altro che escluso. Insieme a Valentina Brinis e a Vitaliana Curigliano, infatti, grazie ad alcune segnalazioni, abbiamo potuto ricostruire quanto avvenuto dal 19 agosto in poi. I sudanesi, una volta giunti in Italia e transitati nell`hotspot di Taranto, successivamente si sono diretti a Ventimiglia.
Un percorso che compiono in molti nel tentativo di superare il confine tra Italia e Francia. Qui, il 19 agosto, sono stati foto-segnalati dalla polizia. Da Ventimiglia, dopo due giorni di viaggio, sono stati riportati esattamente laddove era iniziato il loro cammino: ovvero all`hotspot di Taranto dove sono rimasti ancora per qualche giorno ed è stato loro notificato un decreto di espulsione e accompagnamento alla frontiera. L`intero gruppo è poi ripartito alla volta di Torino. Alcuni di loro sono saliti sul volo diretto a Kahrtoum, una piccola parte è stata trasferita al Cie di corso Brunelleschi con un decreto di trattenimento. Da Taranto a Torino pare che ci sia stata un`unica tappa a Ventimiglia (di nuovo!) per il cambio del pullman. Pacchi postali, merci viaggianti, bagagli in transito. E c`è da chiedersi, di conseguenza, perché mai far attraversare per ben due volte l`Italia, in lungo e largo, 2.200 chilometri, se poi quelle stesse persone devono imbarcasi dall`aeroporto di Torino, che si trova ad appena 200 chilometri da Ventimiglia? E, soprattutto, su quale base giuridica il
gruppo di oltre cinquanta persone è stato trasferito da Ventiiniglia a Taranto e di fatto privato della libertà per alcuni
giorni, prima di procedere all`operazione di rimpatrio? Il centro di Taranto è un hotspot o funge anche da centro di trattenimento? Infine, in che momento e in che forma le autorità sudanesi hanno confermato l`appartenenza nazionale dei membri di quel gruppo?
Le procedure di rimpatrio si sarebbero svolte sulla base di quanto definito nel memorandum d`intesa su rimpatri e gestione delle frontiere sottoscritto dalle forze di polizia italiane e sudanesi il 4 agosto scorso. Un tipo di accordo
che non richiede il vaglio e l`approvazione del Parlamento.
A questo punto si considerino alcuni dati: il numero di sudanesi sbarcati negli ultimi mesi sulle nostre coste è alto; sono aumentate le richieste d`asilo e, tra quanti hanno fatto domanda di protezione, circa i160% ha ottenuto un esito positivo. Indice certo, quest`ultimo, dell`alto grado di insicurezza che domina tuttora quel paese. Per non parlare delle numerose segnalazioni da parte delle principali organizzazioni internazionali, in merito alla fragilità dell`intero sistema democratico e di tutela dei diritti umani in Sudan, e alla figura fosca di Bashir oggetto di indagini da parte della Corte penale internazionale per crimini di guerra, crimini contro l`umanità e genocidio, e nei cui confronti è già stato spiccato un mandato di cattura.
In un contesto del genere, il rimpatrio anche di uno solo di quei cittadini sudanesi avvenuto in tempi rapidissimi e con l`intervento di autorità consolari o funzionari sudanesi non può che destare fortissime preoccupazioni. Di quali garanzie disponiamo sul fatto che in un lasso di tempo tanto breve, e nel corso di spostamenti così frenetici, quelle persone abbiano avuto modo di essere adeguatamente informate sui propri diritti, a cominciare da quello di chiedere protezione in Italia? Ed è stato appurato da parte del ministero dell`Interno che nessuno di loro corresse alcun rischio per la propria incolumità
una volta tornato in Sudan? Ecco, tutto questo, può celarsi dietro quella notizia, enfaticamente comunicata a fine agosto,
sul «rimpatrio di decine di clandestini».


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