Il caso sauvignon, vicenda che ha colpito il territorio e i produttori friulani ma soprattutto ha posto in evidenza i limiti e le storture di un sistema mediatico – giudiziario in grado di penalizzare enormemente tutto il settore economico, arriva in Senato.
Martedì 26 luglio, alle 15,30, in sala Caduti di Nassirya, sarà presentato l’instant book di Mauro Nalato “Il caso Sauvignon in Friuli. Quando la giustizia fa paura”.
Con l’autore, oltre al sen. Alessandro Maran, ne discuteranno la giornalista e presidente del Movimento «Fino a prova contraria» Annalisa Chirico, il presidente della Commissione Giustizia, Nico D’Ascola, il sottosegretario alla Giustizia, Gennaro Migliore, il vice ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero.
L’opera letteraria – giornalistica è una ricostruzione dell’indagine sul sauvignon attraverso articoli di stampa, siti di informazione ed altri documenti e testimonianze raccolte dall’autore.
La teoria di Nalato, che prende le difese dei produttori sulla base degli elementi acquisiti in mesi di ricerche, non ci sarebbero prove, come invece sostenuto dagli inquirenti, che i produttori abbiano comperato e che Ramon Persello, il principale imputato del procedimento, abbia venduto il lievito che secondo la Procura della Repubblica è all’origine della presunta sofisticazione del vino Sauvignon in Fvg e che sarebbe stato prodotto utilizzando lieviti di Persello coltivati in laboratorio anche con sostanze chimiche. Le analisi, infatti, non avrebbero evidenziato alcuna presenza di elementi chimici né nei mosti né in quello che gli inquirenti hanno definito “il preparato” di Persello.
“La Procura ha chiesto una proroga delle indagini sul Sauvignon – sottolinea il senatore Maran – Dobbiamo, dunque, attendere giustamente le conclusioni dell’inchiesta. Tuttavia, visto che i media hanno abbondantemente enfatizzato l’indagine, vale la pena di riflette sulla vicenda. Se non altro, per ricordare che la diffusione di atti giudiziari e l’amplificazione mediatica delle inchieste finisce senza dubbio per dare la sensazione che i processi siano conclusi e le sentenze scritte già al momento delle accuse, prima che il tribunale possa effettivamente pronunciarsi, ma non è così”.
“Il caso è dunque solo lo spunto per animare un dibattito sui danni che possono provocare indagini ‘temerarie’, e più ancora “spettacolarizzazione” e gli eccessivi toni utilizzati dai media, che colpiscono sempre di più il settore economico” conclude l’esponente pd.


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