Il terrore islamista è nuovo, però abbiamo conosciuto qualcosa di simile negli anni ’70. Sappiamo come batterlo. La povertà non c`entra nulla. Gli attentati di Parigi sono soltanto l`ultimo dei colpi sferrati da un`ideologia che cerca da decenni di ottenere il potere attraverso il terrore. E` la stessa ideologia che ha ucciso i giornalisti di Charlie Hebdo e i poliziotti in servizio per proteggerli, che ha costretto a nascondersi per un decennio Salman Rushdie (condannato a morte per aver scritto un romanzo), che ha poi ucciso il suo traduttore giapponese e che ha cercato di uccidere quello italiano. E` la stessa ideologia che ha ucciso 3.000 persone negli Stati Uniti l’11 settembre del 2001 e che ha massacrato Theo Van Gogh nelle strade di Amsterdam nel 2004 per aver fatto un film. E` la stessa ideologia che ha dispensato stupri di massa e massacri alle città e ai deserti della Siria e dell`Iraq; che ha massacrato 132 bambini e 13 adulti in una scuola a Peshawar e che regolarmente uccide così tanti nigeriani che ormai nessuno vi presta più attenzione. Noi, forse più di altri, sappiamo con che cosa abbiamo a che fare. Tra il 1969 e il 1985, il terrorismo di estrema destra ed estrema sinistra ha prodotto in Italia 428 morti e centinaia di feriti. Si tratta della cifra più rilevante in Europa occidentale. Le Brigate rosse sono poi tornate a uccidere nel 1988, nel 1999, nel 2000 e nel 2003. Sotto i loro colpi sono caduti Roberto Ruffilli, Massimo D`Antona, Marco Biagi e Emanuele Petri. Il terrorismo di sinistra è un fenomeno che si è manifestato in molti paesi, ma soltanto in Italia è stato così longevo e radicato.
Le Brigate rosse hanno goduto di consensi e hanno avuto numerosi ammiratori anche negli ambienti colti. Non mi riferisco soltanto ai ‘cattivi maestri’, ma a decine di cittadini anonimi: studenti, professori, impiegati, casalinghe, disoccupati, pensionati, uomini politici. In tutte le categorie sociali è possibile, almeno una volta, imbattersi in un interlocutore che, riferendosi alle Brigate rosse, abbia detto: ‘Si va bene, però’. Questa formula iniziale è la premessa a frasi e ragionamenti che non mutano nel tempo: ‘Uccidere è sbagliato però bisogna calarsi in un contesto particolare’; ‘mi dispiace per le famiglie delle vittime però D`Antona e Biagi hanno massacrato migliaia di lavoratori con le loro riforme del mercato del lavoro’; ‘i brigatisti uccidono, però non bisogna dimenticare che in Parlamento siedono un sacco di farabutti’. In Italia esistono le Brigate rosse e le ‘Brigate rosse però’. E le ‘Brigate rosse però’ aiutano a comprendere il successo e la longevità del terrorismo rosso nel nostro paese. Le Brigate rosse sono state e sono, innanzitutto, un fenomeno ideologico, e anche oggi l`ideologia, una scismatica ideologia di morte, è l`elemento determinante che motiva il terrorismo jihadista. Un giovane estremista può uccidere soltanto dopo aver imparato che uccidere è lecito e doveroso, attraverso quella che Alessandro Orsini – autore di una tesi sulla ‘mentalità religiosa presente nel terrorismo moderno’ e di ‘Anatomia delle Brigate rosse’, un saggio che Foreign Affairs classificò tra i libri più importanti del 2011 – ha definito una ‘pedagogia dell`intolleranza’. Secondo Orsini, i brigatisti ‘si ritenevano detentori di una conoscenza superiore destinata a pochi eletti: un manipolo di giusti, possessori della verità ultima sul significato della storia’, nella ‘tradizione dello gnosticismo rivoluzionario, di cui possiedono tutte le caratteristiche: l`ossessione per la purezza personale; un catastrofismo radicale, secondo cui il mondo sarebbe immerso nel dolore e nella sofferenza; di conseguenza la concezione salvifica della rivoluzione come un`apocalisse che squarcia le tenebre e instaura una ‘società perfetta’; l`identificazione del nemico come il maligno, un mostro responsabile dell`infelicità umana e dunque da sterminare; infine la mentalità ‘a codice binario’ che riduce tutti gli aspetti della realtà alla contrapposizione tra forze del Bene e forze del Male’.
Ovviamente, si tratta di un fenomeno che non agisce nel vuoto. La nascita delle Brigate rosse avviene in un`epoca della storia italiana in cui i processi di modernizzazione del paese sono tanto bruschi da cambiarne il volto nel giro di pochi anni, costringendo gli individui a una rapida ‘conversione culturale’. Esiste una tensione tra la rapidità con cui muta la società e la lentezza con cui ci si adatta, che fa sì che si crei, in alcuni settori sociali, una disponibilità ad accettare soluzioni radicali contro l`ordine esistente. Lo stesso accade oggi nel mondo islamico. E ovviamente tutte quelle che comunemente vengono definite le ‘cause’ del terrorismo (questione nazionale, reazione al sottosviluppo, lotta antimperialista, conflit- ti etnici e perfino frustrazioni sociali e individuali, ecc.) agiscono come substrato. Inoltre, l`esperienza delle Brigate rosse non piove dal cielo o non spunta dal nulla ma si inserisce in una tradizione rivoluzionaria ben specifica: tutte le categorie interpretative di cui si avvalsero le Brigate rosse sono ricavate, in blocco, dalle opere di Marx e Lenin. Come avviene oggi nel mondo islamico in relazione a quella ‘ideologia’, cioè quel ‘coacervo di testi e di idee che abbiamo sacralizzato nel corso degli ultimi anni’, che secondo il generale Abd al-Fattah al-Sisi, presidente dell`Egitto, è ‘ostile al mondo intero’. Ma dalla nostra esperienza abbiamo appreso, appunto, che a decidere furono l`impegno e lo sforzo dei partiti e delle istituzioni e, soprattutto, le reazioni della società italiana, che continuò a vivere, agire e operare senza entrare nella sindrome da stato di emergenza e che mostrò una eccezionale capacità di tenuta. Furono queste reazioni che riuscirono a battere il terrorismo attraverso il rafforzamento del ‘consenso istituzionale’ verso lo stato. E un contributo di enorme importanza lo diede, appunto, il Pci che con la sua incondizionata presa di posizione a favore dello Stato repubblicano e delle sue istituzioni, riuscì a convogliare allora vasti settori di quelle che venivano chiamate le ‘masse lavoratrici’ sui binari di un sostegno al sistema. Fu, infatti, Guido Rossa – che aveva denunciato un terrorista che distribuiva volantini all`Italsider – la prima vittima della campagna di terrore contro quella che le BR bollavano come ‘l`ala riformista dello schieramento politico’. Oggi siamo allo stesso punto. Lo stesso Obama, in Turchia, ha invitato di nuovo i musulmani a una ‘introspezione collettiva’. ‘Ritengo – ha detto – che la comunità musulmana debba riflettere su come ci garantiamo che i ragazzi non vengano infettati moralmente da questa idea perversa che si possano uccidere persone innocenti e che ciò sia giustificato dalla religione. E in parte, è qualcosa che deve venire dalla stessa comunità musulmana. E credo che ci siano stati periodi in cui non si è contrastato abbastanza l`estremismo (…) C`è chi dice, certo, non crediamo nella violenza, ma poi non sono disposti a mettere in discussione le concezioni e le logiche degli estremisti sul perché i musulmani si sentono oppressi. E penso che queste idee vadano combattute’. Appunto.