“Il decreto ha un titolo di sicuro effetto, ma anche stavolta nulla può giustificare il nome di ‘semplificazioni’. Il testo è cresciuto insieme con gli appetiti del governo, intenzionato a fare rientrare tutto quanto non era rientrato nella legge di Bilancio, per la trattativa con la Ue. Le commissioni avevano approvato 61 pagine di emendamenti, poi in gran parte caduti sotto la tagliola della Presidenza del Senato. Sono così scomparsi micro interventi, indegne mance, norme ad personam, provvidenze dovute a questo o quel parlamentare per la campagna elettorale. Altro che decreto semplificazione, un vero e proprio assalto alla diligenza”. Lo dice Salvatore Margiotta, capogruppo del Pd nella Commissione Lavori pubblici, che ha parlato in Aula in dichiarazione di voto. “Il poco di buono che c’è – ha proseguito Margiotta – lo si deve al Pd: la cancellazione della tassa sulla bontà. E però, solo per fare un esempio, non hanno cancellato la norma, introdotta con la legge di bilancio, che ha abbassato il tetto per le assegnazioni dirette dei lavori, che è a rischio corruzione e mafia. Come dice de Tocquiville – ha concluso Margiotta – le ambizioni dell’attuale maggioranza sono talmente concentrate nel mantenimento del potere che solo al pensiero di lasciarlo sono presi da una sorta di orrore”.


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