Su Banca Etruria mettere d`accordo i parlamentari della Commissione d`inchiesta sul sistema bancario non è impossibile, è inutile. Sarebbe fatica persa, più semplice far firmare la pace in Medio Oriente. Eppure è possibile che la commissione banche finisca per votare un documento in larga parte unitario. Un testo che lascerebbe ogni gruppo libero di manifestare a parte la propria visione sulle questioni più controverse, dà cosiddetto caso Boschi al presunto (dal vicepresidente dell`organismo parlamentare, Renato Brunetta) golpe franco-tedesco contro il governo Berlusconi a fine 2011. Del resto gli obiettivi che la legge istitutiva ha dato ai commissari erano sostanzialmente quattro: verificare gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi fmanziaria globale e le conseguenze dell`aggravamento del debito sovrano; indagare sulla gestione degli istituti bancari finiti in dissesto e salvati con soldi pubblici; chiarire se le attività di vigilanza sul sistema bancario e sui mercati finanziari siano state efficaci e corrette; stabilire se la disciplina legislativa e regolamentare in materia, nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, sia adeguata. «Ebbene, su questi quattro punti non solo abbiamo fatto un lavoro enorme, con 47 audizioni che hanno impegnato più di 200 ore di sedute plenarie, ma abbiamo raggiunto gli obiettivi prefissati, effettuando le verifiche che la legge ci richiedeva e arrivando a conclusioni largamente condivise. Questo, ovviamente à netto di poche, limitate vicende, sulle quali purtroppo la polemica politica e gli interessi propagandistici hanno avuto la prevalenza». Mauro Maria Marino, vicepresidente vicario della commissione d`inchiesta è convinto che una relazione conclusiva unitaria sia a portata di mano. Anzi sta già lavorando a un testo. «Ce la possiamo fare perché tutti, maggioranza e opposizione, dobbiamo mettere agli atti che il nostro lavoro, al contrario di quanto pronosticavano in tanti, non è stato inutile».
Domanda. Lei davvero è soddisfatto? Sulla vicenda Boschi non sembrava che ci fosse tutto questo spirito collaborativo e unitario.
Risposta. Ecco, partiamo subito, da questa vicenda, che dimostra come la legge di Gresham (quella che parte dall`assunto che la moneta cattiva scaccia quella buona) si possa applicare anche alla politica, o meglio alla sua narrazione. Cosa abbiamo potuto verificare in commissione? Che il ministro Boschi non ha fatto alcuna pressione sulla Consob, sulla Banca d`Italia o su altri soggetti, allo scopo di favorire Banca Etruria o i suoi amministratori. Perché su questo concordano, senza alcun rischio di essere male interpretate, tutte le testimonianze, da Giuseppe Vegas a Ignazio Visco, da Federico Ghizzoni a Vincenzo Consoli. Boschi ha solo chiesto informazioni in relazione agli effetti che la crisi di quella banca avrebbe potuto avere sull`economia di Arezzo, come farebbe qualunque parlamento attento al territorio. Niente di penalmente o civilmente rilevante. Ma le opposizioni hanno voluto comunque dedicare una parte non secondaria del lavoro della commissione a questo tema mentre la stampa non specialistica vi ha concentrato la quasi totalità della sua attenzione.
D. Le ripeto la domanda, lei è soddisfatto?
R. Che a una vicenda marginale, sia per l`entità dei capitali coinvolti sia per gli effetti generali sul sistema, sia stato dedicato tanto tempo e tanta attenzione certamente no. Ma per fortuna abbiamo fatto molto di più che occuparci di questi risvolti, irrilevanti per la stessa vicenda di Banca Etruria. Magari stampa, tv e social network non se ne sono accorti, ma i risultati ci sono stati.
D. E quali sono?
R. Cominciamo dal primo punto, gli effetti della crisi globale sul sistema finanziario e le conseguenze dell`aggravamento del debito pubblico. Tema su cui, per la verità, la commissione finanze del Senato, che io presiedo, aveva già fatto un ottimo lavoro istruttorio. Ora direi che il quadro è ancora più chiaro: la successione degli avvenimenti, le decisioni prese e quelle mancate, le scelte giuste e quelle sbagliate, i rischi percepiti e quelli sottovalutati. Si sono abbattute sul sistema finanziario due recessioni consecutive, una crisi complessiva che ha un solo precedente per ampiezza e durata, quella del 1929, e le risposte non sono state tutte adeguate. Alcune, addirittura, hanno contribuito ad aggravare la situazione, per esempio la rigidità delle politiche europee nell`imporre a quelle nazionali solo misure recessive che alla fine hanno ottenuto il risultato opposto, riportando il debito à livello degli anni 90 e vanificando così un ventennio di risanamento.
D. Il secondo punto riguardava la gestione degli istituti (miti in dissesto. Che cosa avete capito?
R. Se volessi anch`io limitarmi a fare campagna elettorale le risponderei che l`inchiesta ha dimostrato che la riforma delle popolari e delle Bcc era quantomai necessaria. Al netto dei comportamenti criminali di qualcuno, quello che emerge è che una dimensione troppo localistica di quegli istituti, con una proprietà tanto atipica e un rapporto non sempre trasparente tra amministratori e clienti facilita una gestione border line dell`attività bancaria. E questo è successo nelle prime quattro piccole banche e anche nelle due venete. Per Mps, ovviamente, il discorso è diverso, la crisi ha ragioni antiche, che partono da scelte sbagliate del passato, oltre che da un`acquisizione, come quella di Antonveneta, economicamente e anche strategicamente azzardata. Ma non è stata ininfluente nemmeno la pervicace volontà della fondazione azionista di non voler allentare la presa sull`istituto. E questo, come già detto, al netto delle responsabilità penali di alcuni amministratori, sulle quali, come è ovvio, la commissione non ha indagato.
D. Terzo punto, la vigilanza. Ha funzionato?
R. La risposta non può essere secca. Il lavoro degli ispettori non è in discussione e le regole non sono state infrante ma che qualcosa, per esempio nella comunicazione fra le autorità, non abbia funzionato è evidente. La prossima legislatura dovrà affrontare il problema. Le regole vanno adeguate e anche la ripartizione delle competenze fra le authority può essere ridiscussa e armonizzata. Di temi d`intervento ce ne sono molti.
D. Si è discusso anche di porte girevoli?
R. Infatti, questo è uno dei temi. La Banca d`Italia si è data norme interne e ci sono regole generali per le autorità di vigilanza che impediscono agli alti dirigenti di passare direttamente ad incarichi nelle imprese vigilate. Ma sulla durata di quest`incompatibilità si deve discutere, come anche si deve valutare se ampliare la platea delle figure interessate (funzionari, impiegati o altro). E il problema riguarda anche la magistratura, la Guardia di finanza e gli altri soggetti che a vario titolo possono essere coinvolti.È un tema delicato, ma bisogna affrontarlo in una logica più generale di rapporto tra pubblico e privato.
D. Altro tema è l`intreccio tra autorità italiane ed europee. Come ha ricordato Vegas, sono 19 i soggetti che regolano e vigilano il settore.
R. Lo avevamo fatto notare anche noi della Commissione finanze del Senato, ricordando che queste stesse autorità non solo non si coordinano, ma spesso si contraddicono, oltre a prendersi tempi lunghissimi per deliberare. Il caso lampante è quello delle venete, quando la Vigilanza Ue e la Dg competition della Commissione Ue hanno detto sì all`ipotesi di salvataggio, le condizioni erano cambiate e non era più possibile portare avanti quel piano. Questo è proprio il tema principale d`intervento. Noi al Senato abbiamo ribaltato il tradizionale atteggiamento del Parlamento italiano: siamo intervenuti nella discussione in atto tra Europarlamento, Commissione e Bce, prima che le nuove norme vengano varate. Questa linea deve diventare la prassi anche in futuro.