Sono 127mila le persone impiegate negli apparecchi di intrattenimento, 50mila le famiglie che lavorano solo nell’ippica, 146mila nella restante filiera del gioco. Senza contare gli addetti nella distribuzione (tabaccai, esercenti ecc.) e il conseguente indotto. Dati che mostrano come questo settore abbia un lato che merita considerazione soprattutto in un momento in cui si richiedono cambiamenti importanti all’industria del gioco.
Onorevole Mirabelli, lei è membro della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle mafie e, in tema di lavoro, si è spesso soffermato sui cambiamenti apportati dal Jobs Act, che idea si è fatto dell’industria del gioco e del suo mercato del lavoro?
«Sono numeri importanti che dimostrano una certa valenza industriale del settore di cui il Governo e il Parlamento devono essere ben consapevoli. Con la recente Legge di Stabilità si è intervenuti con alcune delle misure sulla fiscalità del comparto, sulla riduzione della pubblicità e la riduzione dell’offerta nei locali pubblici non dedicati prevalentemente al gioco. Tali provvedimenti, con il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni, riguarderanno un nuovo assetto distributivo delle sale da gioco sul territorio e l’introduzione di nuovi apparecchi (le AWP da remoto) più sicuri e controllabili, nonché ulteriori misure per garantire ancora di più legalità e sicurezza al consumatore. Al di là di alcune polemiche che, inevitabilmente, accompagnano interventi di sistema come questo, si tratta di proseguire in questa direzione, mettendo mano ad una legge di riordino dell’intero settore. Ci stiamo lavorando e, nei prossimi giorni, in qualità di relatore inizierò in Commissione Finanze al Senato le audizioni per avviare l’iter. Così il Parlamento può confermare e concretizzare l’attenzione nei confronti di un settore che può rappresentare, se ben regolato dallo Stato, un asset industriale importante, esattamente come lo sono altri. Si deve regolare l’intero settore, garantire il minimo impatto sociale, combattere l’illegalità garantendo trasparenza e certezze agli operatori».
Crede che il nuovo perimetro del lavoro disegnato dal Jobs Act e soprattutto l’introduzione dei voucher per gli impieghi a giornata possa rispondere alle esigenze di questo settore?
«Le misure introdotte dal Jobs Act hanno l’obiettivo di rivitalizzare in generale il mercato del lavoro del nostro Paese, adattandolo finalmente ai cambiamenti avvenuti negli ultimi anni a livello sociale, industriale, nell’organizzazione delle aziende e nelle nuove tecnologie. Soprattutto per quest’ultimo caso, relativamente al settore dei giochi caratterizzato da un’elevata componente tecnologica, il Jobs Act può creare nuove opportunità, in particolare ai più giovani. Il punto non è il voucher, anzi, viste le caratteristiche di eccellenza tecnologica di cui l’Italia è leader globale, probabilmente è il momento in cui anche le Università possano fare qualcosa e predisporsi ad offrire percorsi formativi specifici che sicuramente, nel tempo, produrranno un effetto positivo sull’occupazione».
Gaming hall, tornei di gioco itineranti, personale alle casse di terminali che accettano puntate live, sale bingo che coprono orari superiori alle 12 ore, ritiene necessario pensare a specifiche figure di lavoro del mondo del gambling?
«Sicuramente. Peraltro, a maggiore formazione specialistica in questo settore corrisponde maggiore sicurezza. Avere figure specifiche aiuterebbe anche a evitare il travaso verso l’illegalità. Una sfida da tenere sempre ben presente, viste anche le recenti imposizioni fiscali necessarie ma più gravose».
È una delle facce del Jobs Act: rispondere alle esigenze derivanti da un nuovo quadro macro-economico che negli ultimi 10 anni ha subito cambiamenti profondi ma prevede più formazione in cambio di flessibilità. In verità, però, qui la sfida è un’altra».
Quale?
«Che Governo e Parlamento, insieme ai Monopoli di Stato e alle Forze dell’Ordine, proseguano il contrasto all’offerta di gioco illegale, favorendo l’emersione ma anche, come prevede il mio disegno di legge, aumentando la deterrenza con l’aumento delle pene e migliorando e strutturando il sistema di prevenzione e controllo individuando responsabilità operative. Da ciò si produrrà un beneficio non solo in termini di presidio di legalità e sicurezza dei giocatori ma anche l’emersione di posti di lavoro “regolari”, con le giuste tutele per gli addetti che oggi lavorano ancora in aree “grigie”».
L’approvazione della Legge di Stabilità da parte della Camera dei Deputati ha sancito l’aumento del PREU su SLOT e VLT. È la modifica del Comma 524 che “innalza a decorrere dal 1 gennaio 2016, il PREU sulle newslot dal 15 al 17,5%”. Oltre a discutere sulle possibili variazioni del gettito erariale, crede che questo tipo di aumento possa avere un qualche impatto negativo sull’occupazione del settore?
«La Legge di Stabilità ha introdotto una serie di misure relative al mercato dei giochi che vanno lette e interpretate nel loro insieme e che hanno l’obiettivo di introdurre una serie di novità e opportunità destinate a ridisegnare l’intero mercato dei giochi in Italia. Sul piano degli impatti di tali misure sull’occupazione, purtroppo la questione è un po’ complicata: le nuove imposizioni fiscali, gettito erariale a parte, riducono in modo significativo i margini della filiera e riducono sale e AWP. C’è sicuramente un rischio occupazionale, ma anche qui penso che dare certezze e stabilità al settore possa favorire l’occupazione stessa».
Dal momento che il settore Gaming ha un’alta componente tecnologica, non si potrebbe pensare a sinergie con grandi aziende IT per promuovere la specializzazione professionale avanzata, sulla falsa riga dell’operazione fatta da Apple a Napoli?
«Governo e Parlamento stanno dimostrando la massima disponibilità a offrire le migliori condizioni alle aziende straniere che vogliono investire in Italia. Forse anche le aziende del gioco che operano nel nostro Paese possono dare il loro contributo proponendo idee e progetti di partnership con player stranieri, attraverso i quali tentare di offrire occasioni a giovani ricercatori e sviluppatori. Anche perché sarebbero le stesse aziende promotrici a trarne un potenziale beneficio, scoprendo magari giovani talenti. E ancora è necessario indirizzare la ricerca verso tutti i sistemi tecnologici e non che potrebbero ridurre l’impatto sociale, organizzare il gioco contrastando le patologie ad esso legate, favorendo allo stesso modo trasparenza e legalità».
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