Per la scelta del candidato premier basta rendere permanente la ‘deroga Renzi’
 DARIO FRANCESCHINI HA ESPOSTO CON CHIAREZZA – PRIMA IN DIREZIONE E POI CON UN`INTERVISTA a «La Repubblica» – la posizione di quanti intendono operare una radicale modifica delle regole-architravi dello statuto del Pd. Proviamo a riassumere i termini essenziali del suo giudizio e della conseguente proposta:
1) l`identificazione di segretario e candidato-premier era giustificata in un sistema bipolare tendente al bipartitismo; quindi, 2) era sacrosanto che fossero gli elettori, e non solo gli iscritti, a decidere sul segretario, sulla composizione dell` assemblea nazionale e sulle relative mozioni politiche, presentate e discusse in ogni circolo; ma, 3) oggi il sistema non è più bipolare e meno ancora tendente al bipartitismo; quindi, 4) non è più realistico identificare segretario e candidato premier e, per ciò stesso, 5) non lo devono più eleggere gli elettori, ma gli «aderenti» (che peraltro, se non sono gli iscritti, non si capisce chi siano). Infine, 6) siccome per governare dovremo dare vita a coalizioni con partiti diversi, il candidato premier lo sceglieremo con primarie di coalizione, alle quali – allora si – potranno partecipare tutti gli elettori del centrosinistra, senza alcuna limitazione.
Si tratta, a nostro giudizio, di una piattaforma che si pone in aperto contrasto con la funzione che il Pd si è dato all`atto della sua nascita. E per di più intimamente contraddittoria. Vediamo perché, partendo da una premessa: se non pretende di anticipare in se stesso i caratteri della «nuova società» che vuole costruire, come accadeva nell`era delle grandi ideologie, il partito è un mezzo, è lo strumento per conseguire un fine, non è un soggetto fine a se stesso. Le regole fondamentali della sua «costituzione» debbono quindi risultare coerenti, non con un sistema di pensiero chiuso in sé, ma con la funzione che il partito stesso intende svolgere, nel Paese e per il Paese.
Il Pd è nato per essere il partito unitario dei riformisti, asse fondamentale dell` alternativa di governo ai conservatori del centrodestra. Un partito a «vocazione maggioritaria», perché intende farsi promotore di quel lungo ciclo di governo riformista che l`Italia non ha mai conosciuto e di cui ha bisogno, se vuole evitare il declino che si viene profilando dopo più di vent`anni di bassa crescita, eccesso di disuguaglianza, abnormi dimensioni del suo debito pubblico.
Non è più questa la funzione che il Pd aspira a svolgere? Per rispondere, non bisogna guardare al fatto che, a causa dei gravi errori commessi, il Pd si sia per ora dimostrato un mezzo inadatto allo scopo. Bisogna guardare alla permanente necessità, alla attualità e al realismo del fine: è ancora necessario un lungo ciclo di governo riformista? L`approfondirsi della crisi economica, sociale e istituzionale ci obbliga a rispondere positivamente. È realistico, per il Pd, aspirare a caratterizzare e guidare questo ciclo? Il crollo di consensi del nostro principale avversario e il mantenimento della maggioranza relativa in capo al pur malandato Pd di oggi dimostrano che si tratta di un obiettivo possibile.
 Franceschini pretende invece di dedurre dal risultato elettorale, non un giudizio di inadeguatezza del Pd a conseguirlo, ma la non desiderabilità dell` obiettivo. Ci dice, infatti, che il bipolarismo è finito e, soprattutto, che non vale la pena di impegnarsi perché torni ad imporsi, certamente in forme nuove rispetto alla stagione del berlusconismo e dell` antiberlusconismo. Ci dice anche che non dobbiamo più guardare al Paese e a noi stessi dal punto di vista di una forza che aspira a svolgere la funzione di asse del centro-sinistra. Ma è in nome di questa funzione che il Pd è venuto al mondo: come potrebbe restarci, se essa venisse meno?
 Naturalmente, è legittimo proporre che il Pd – nel suo prossimo congresso, attraverso un dibattito esplicito e trasparente – operi un vero e proprio rivolgimento circa la sua visione del Paese e dei compiti fondamentali che si assegna. Le regole di vita interna, allora e solo allora, potranno cambiare di conseguenza. Non prima. A meno che si pensi che questo governo Pd-Pdl-Sc non sia figlio della necessità e che non abbia come scopo quello di contrastare la recessione e di riformare il sistema istituzionale-elettorale, per poi dare luogo ad una nuova competizione elettorale, ma sia una soluzione di governo di lungo periodo, l`unica realisticamente praticabile nell`Italia non solo di oggi, ma anche del futuro prevedibile.
È qui che emerge l`intima contraddittorietà della posizione di Franceschini: quale «coalizione» dovrebbe tenere le primarie «apertissime» agli elettori per la scelta del candidato premier, che il ministro propone? Che si tratti della coalizione che regge l`attuale governo ci parrebbe escluso. Che si tratti della replica di quella Pd-Sel con cui siamo andati al voto del 24-25 febbraio ci sembrerebbe quasi altrettanto improponibile. Abbiamo già dato… Se, come crediamo, l`unica risposta realistica è che si tratterebbe, ove la situazione lo richiedesse, di poter fare domani quello che si è fatto ieri con le primarie tra Bersani e Renzi, allora non c`è bisogno di riforme stravolgenti la funzione stessa del Pd. Basta rendere permanente la «deroga Renzi»: in caso di primarie di coalizione, ferma la candidatura del segretario, altri iscritti al Pd potranno concorrere alla candidatura alla presidenza del Consiglio. Approviamo subito, in assemblea, questa modifica statutaria. E andiamo, finalmente, a congresso.

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