Il Senato,
premesso che:
i matrimoni precoci, ancora diffusi nel mondo in diversi contesti politici e culturali, violano il diritto di bambine e ragazze di vivere con gioia, serenità e in piena autonomia. Impediscono di essere protagoniste della propria vita, di innamorarsi e di scegliere liberamente quando creare una famiglia. Essere costrette a sposarsi ancora piccole, ben prima dei 18 anni, con uomini già adulti, spesso molto più anziani e con già altre mogli, toglie a bambine e ragazze speranze, occasioni di educazione e lavoro nonché, possibilità di crescere seguendo inclinazioni, desideri e tempi non forzati. Bambine e ragazze obbligate ad accettare matrimoni precoci devono subire le proposte sessuali dei mariti, rischiano malattie e complicazioni durante il parto, non hanno assistenza, conforto e rapporti umani in cui rifugiarsi. Ricevono violenze fisiche e psicologiche e, infine, perdono ogni possibilità di essere padrone del proprio destino e del proprio futuro;
secondo le stime riportate nell’ultimo Rapporto Unicef presentato nel novembre 2015, nel mondo circa 700 milioni di ragazze si sono sposate in età minorile. Oltre un terzo di esse, circa 250 milioni, hanno contratto matrimonio addirittura prima di compiere 15 anni;
i tassi più elevati di diffusione dei matrimoni precoci si registrano nell’Asia meridionale (46%) e nell’Africa subsahariana, non a caso le medesime regioni del globo in cui sono massimamente diffusi altri fenomeni, quali la mortalità materna e infantile, la malnutrizione, nonché l’analfabetismo;
sposarsi in età precoce comporta una serie di conseguenze altamente dannose per la salute e lo sviluppo. Al matrimonio precoce, come già rilevato, segue quasi inevitabilmente l’abbandono scolastico e una gravidanza altrettanto precoce e, dunque, pericolosa sia per la mamma che per il suo bambino;
le gravidanze precoci, infatti, provocano ogni anno 70.000 morti fra le ragazze di età compresa tra 15 e 19 anni e costituiscono una quota rilevante della mortalità materna complessiva. A sua volta, un bambino che nasce da una madre minorenne ha il 60% delle probabilità in più di morire in età neonatale, rispetto a un bambino che nasce da una donna di età superiore a 19 anni. E anche quando sopravvive sono molto più alte le possibilità che debba soffrire di denutrizione, nonché di ritardi cognitivi o fisici.
Considerato che:
la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge del 27 maggio 1991, n. 176, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991 all’articolo 19 dispone che: “Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all’uno o all’altro, o a entrambi, i genitori, al suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento. Le suddette misure di protezione comporteranno, in caso di necessità, procedure efficaci per la creazione di programmi sociali finalizzati a fornire l’appoggio necessario al fanciullo e a coloro ai quali egli è affidato, nonché per altre forme di prevenzione, e ai fini dell’individuazione, del rapporto, dell’arbitrato, dell’inchiesta, della trattazione e dei seguiti da dare ai casi di maltrattamento del fanciullo di cui sopra; esse dovranno altresì includere, se necessario, procedure di intervento giudiziario.”;
il Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite ha adottato in data 1 luglio 2015 la prima Risoluzione su Child, Early and Forced Marriages, per la messa al bando dei matrimoni precoci e forzati La predetta Risoluzione, inoltre, sollecita tutti gli Stati membri ad emanare, applicare e rispettare le leggi e le politiche volte alla prevenzione del matrimonio precoce e forzato e alla protezione dei soggetti a rischio al fine di garantire che il matrimonio si celebri unicamente con consenso informato, libero e pieno dei futuri coniugi;
la predetta Risoluzione, invita, inoltre, tutti gli Stati membri, con la partecipazione delle parti interessate, comprese le ragazze, i leader religiosi e di comunità, esponenti della società civile, associazioni in difesa dei diritti umani, a sviluppare e attuare risposte olistiche, globali e coordinate, nonché strategie per eliminare il matrimonio precoce e forzato e per sostenere le ragazze già sposate, le adolescenti e le donne, anche attraverso il rafforzamento dei sistemi di protezione dell’infanzia, il ricorso a strumenti quali i rifugi sicuri, l’accesso alla giustizia, nonché la condivisione delle migliori pratiche oltre i propri confini.
Rilevato, inoltre, che:
in Italia non esistono ricerche statistiche dedicate in grado di fornire informazioni sui matrimoni forzati; tuttavia, anche se si tratta di un fenomeno difficile da rilevare per le sue caratteristiche complesse e ”liquide”, attraverso diversi analisi di associazioni impegnate sul tema si ritiene che il fenomeno dei matrimoni forzati, con l’incremento dell’immigrazione delle famiglie provenienti dal subcontinente indiano e da alcuni paesi arabi sia aumentato, anche se ad oggi non risultano censimenti ufficiali in materia;
come rilevato dalle predette associazioni è stato recentemente osservato che, seppur il matrimonio combinato sia una pratica tollerata nelle diverse culture, nel momento in cui le famiglie emigrano e cercano di riprodurre le proprie radici sul suolo ospitante, avviene una sorta di corto circuito; infatti, con la formazione delle seconde generazioni, nate in Italia, il matrimonio combinato si è trasformato in matrimonio “combinato forzato” e quindi violenza sulla persona, poiché dalla semplice proposizione del partner si è passati alla coercizione, alle minacce ed alla violenza. Quest’ultima poi non esiste solo nella forma fisica, che è più facile individuare, ma anche in forme più sottili di tipo psicologico, che si esprimono attraverso riprovazione, allontanamento, emarginazione della minore “non obbediente” dalla comunità familiare e religiosa. Tuttavia, occorre sottolineare come le religioni non svolgano un ruolo centrale in questo tipo di rito, che spesso è, invero, prassi consolidatasi da tempo in talune culture;
in Italia non esiste una legge che faccia riferimento al problema dei Matrimoni Forzati. Occorre, pertanto, ricorrere all’utilizzo di altri strumenti giuridici, prima fra tutte Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica sottoscritta ad Istanbul l’11 maggio 2011 e ratificata in Italia con legge 27 Giugno 2013, n. 77;
il 27 maggio 2014 la Svezia ha adottato un’apposita normativa volta a contrastare il fenomeno in oggetto. In particolare, è stato configurata quale nuova fattispecie di reato, “il matrimonio forzato”. L’introduzione della predetta fattispecie comporta la punibilità per chiunque faccia sì che un minore si sposi utilizzandone lo stato di vulnerabilità. Pertanto, azioni come la pressione esercitata da genitori o parenti possono portare ad una pena detentiva fino ad un massimo quattro anni. Inoltre viene introdotta l’ipotesi delittuosa di “viaggio con inganno al fine di contrarre matrimonio forzato”. La normativa svedese, infine, prevede anche che ai minori non sia più permesso richiedere o ricevere autorizzazione a contrarre matrimonio prima del compimento della maggiore età. Pertanto, matrimoni precoci, matrimoni forzati e cosiddetti matrimoni con delega celebrati all’estero possono essere riconosciuti soltanto per motivi gravi ed eccezionali.
Impegna il Governo:
ad attivarsi, nelle sedi internazionali al fine di garantire il pieno rispetto, da parte dei Paesi che ne sono firmatari, della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza;
ad assumere tutte le opportune iniziative per la piena attuazione della Risoluzione del Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite su Child, Early and Forced Marriages, alla luce della grave violazione dei diritti umani, oltre che di ogni principio di civiltà, che comporta il perpetrarsi della pratica dei matrimoni forzati;
a valutare in uno scambio sinergico con il Parlamento l’opportunità di dotare l’Italia, in linea con l’esempio virtuoso della Svezia, di un’apposita normativa al fine di configurare quale nuova fattispecie delittuosa il matrimonio forzato e tutte le attività ad esso connesse.

FEDELI
STEFANI
BIANCONI
BERNINI
DE PETRIS
BONFRISCO
BENCINI
GAMBARO
REPETTI
BISINELLA


Ne Parlano