‘Se le indiscrezioni sono esatte, Standard & Poor’s si accinge ad avviare il processo che porterà al declassamento delle Generali da A- a BBB. Si tratta di una manovra gravissima, perché ingiustificata, non solo contro la prima compagnia assicurativa del Paese, ma anche e soprattutto contro la Repubblica italiana’. Lo ha detto ieri, in margine ai lavori sulla legge di stabilità, il senatore Massimo Mucchetti, presidente della Commissione Industria, competente anche per la materia assicurativa. ‘L’iniziativa di S&P ricorda in versione aggravata quella della Deutsche Bank che, nella primavera del 2011, vendette su larga scala i titoli di Stato italiani, dando avvio alla speculazione contro le economie mediterranee. Allora, il governo Berlusconi sottovalutò l’iniziativa della Deutsche Bank. Questa volta è augurabile che il governo Letta e la Banca d’Italia, fresca vigilante sulle assicurazioni, battano un colpo come si deve’.
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l senatore Mucchetti (Pd), che sul ‘Corriere della Sera’ dette allora l’allarme du Deutsche Bank, dà quindi conto delle indiscrezioni: ‘Sulla base di nuiovi criteri emessi da S&P, i gruppi assicurativi italiani e spagnoli dovrebbero essere posti sotto credit watch negativo per 3 mesi a causa dei loro investimenti nei titoli di Stato dei Paesi d’origine. Per conservare l’attuale rating, le Generali dovrebbero circoscrivere il supposto rischio Italia garantendo la sopravvivenza delle filiali estere, nel caso, che sarebbe chiaramente ipotizzato del fallimento delle capogruppo italiane e spagnole. Un caso questo, che sarebbe strettamente collegato al default della Repubblica Italiana. Basti pensare che S&P immagina una perdita di valore del 70% dei titoli governativi dei due Paesi e dunque le compagnie dovrebbero superare uno stress test di questa portata per non subire il declassamento dei loro titoli a junk bond’.

Il senatore Mucchetti fa due conti su Generali: ‘A Trieste hanno in casa circa 60 miliardi di Btp e simili, gli servirebbero 40 miliardi per superare lo stress test. Siamo alla follia del rating’.

Che fare dunque? ‘S&P e le altre agenzie di rating non sono soggetti autorevoli. Hanno sbagliato una quota troppo alta dei loro giudizi, a cominciare da quelli sul debito pubblico dei diversi Paesi dov’è evidente l’impianto ideologico-politica dell’analisi, prona agli interessi anglosassoni e tedeschi. Ciò nonostante, queste agenzie vengono ancora ascoltate da quella larga parte del mercato che non ha i mezzi e l’interesse a giudicare in proprio la qualità dei titoli sui quali investire. Mi auguro che S&P smentisca e magari liquidi queste indiscrezioni come frutto del lavoro di qualche analista di primo pelo e scarso cervello. Ma se fossero confermate, allora mi aspetto segnali virili, cominciando con la rottura dei rapporti delle compagnie assicurative – e non solo di quelle – con questi soggetti che, se non si chiamassero agenzie di rating, verrebbero accusati di aggiotaggio. Le buone società possono vivere senza rating. Mi auguro che venga proibito agli investitori istituzionali italiani di usare il rating a giustificazione dei loro investimenti’.


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