Con il gran botto di Capodanno Sergio Marchionne ha scatenato gli applausi di tanti. Il più fragoroso è stato quello della Borsa che, facendo propria la soddisfazione di John Elkann, presidente della società, ha impresso un rialzo del 16% alle quotazioni della Fiat. Una reazione, come vedremo subito, più che giustificata. Altri applausi senza se e senza ma invece suonano un po` precipitosi, dettati dalla tendenza nazionale a correre in soccorso del vincitore prima di avere adeguata notizia se il vincitore abbia vinto anche per il Paese. Vediamo perché. Per cominciare va detto che Marchionne ha fatto fare un ottimo affare alla società per azioni Fiat. I numeri lo testimoniano. La Fiat possedeva già il 59% della Chrysler.
 L`aveva pagato quasi 1,9 miliardi di dollari, essendo il primo 35% venuto senza esborsi di cassa. Ora incamera il 41% del Veba Trust, il fondo sanitario dei dipendenti, per 3,65 miliardi di dollari più 700 milioni diluiti in quattro anni. Sulla base di questa transazione, Fintera Chrysler viene valutata oltre 10 miliardi di dollari, una somma inferiore alle stime di taluni analisti e certo, fatte le proporzioni, ai valori di Ford e Gm. Il prossimo bilancio della Fiat recherà una plusvalenza teorica lorda sulla partecipazione totalitaria Chrysler di oltre 3 miliardi di euro. Vedremo, dopo i fuochi d`artificio, come il mercato consoliderà i suoi giudizi.
Dato a Sergio quel che è di Sergio, ecco alcune osservazioni che dovrebbero suggerire cautela, specialmente da questa sponda dell`Atlantico dove la produzione è ai minimi storici e tanta gente sta in cassa integrazione. Le fonti del pagamento al Veba Trust aprono interrogativi non banali. Chrysler aveva, alla fine del 2012, un patrimonio netto negativo per 7,5 miliardi di dollari. A fine 2013 il dato è peggiorato perché questa è la tendenza costante dal 20 09, anno della rinascita di Chrysler, per effetto delle crescenti esposizioni per pensioni e spese sanitarie, di cui d`ora in poi Fiat sarà responsabile in solido. Ora, una società in tali condizioni si indebita per 2,1 miliardi di dollari per darli agli azionisti Fiat e Veba e per pagare la prima rata dei 700 milioni di premi sempre al Veba. In Italia una simile mossa sarebbe illegale. Negli Usa no. Là le società possono avere un patrimonio netto negativo fino a quando i creditori vengono pagati. Da noi si è più prudenti.
Quando ti mangi il capitale o lo si ricostituisci o porti i libri in tribunale. La Gm e Chrysler sono fallite dalla sera alla mattina. Sono state salvate dal governo con fondi pubblici. Sulla partecipazione che aveva in Gm il Tesoro Usa ha perso 11 miliardi di dollari. Sulla Chrysler è ancora fuori di un paio di miliardi per la Old Carco, la bad company in liquidazione. Da noi, la Fiat venne salvata nel 20 02 dalle banche che consentirono a Marchionne di lavorare. Non dallo Stato. È difficile dire quale dei sue modelli sia il migliore. Certo, chi in Italia invoca gli Usa dovrebbe cominciare a cambiare la legge fallimentare e ad auspicare un intervento pubblico maggiore. Se discetta solo di questioni sindacali, discetta di troppo poco.
Qualcuno dirà che il Veba Trust è stato pagato usando la liquidità. Purtroppo, i giornali talvolta dimenticano che il bilancio è una partita doppia: all`attivo c`è la liquidità, che rende quasi nulla, al passivo i debiti, che costano un occhio della testa se non si ha il rating tripla A. Nel 2012, per dare un`idea, Chrysler ha pagato 1,2 miliardi di oneri finanziari e ha incassato 44 milioni di proventi. Sarebbe meglio non doverla tenere la liquidità se è la contropartita di un debito oneroso anziché il lascito di utili non reinvestiti o non distribuiti. La Fiat limita a 1,75 miliardi il suo esborso diretto. E questo è bene in una logica Fiat, essendo anche questa somma finanziata a debito. Ma nella logica Fiat-Chrysler il gran botto di Capodanno altro non è che una operazione di leveraged buy out come direbbe Marchionne fatta a valere su un gruppo che ha già 28 miliardi di debiti e 17 di liquidità.
Alcuni esponenti della politica, più diplomatici di me, hanno unito il loro all` applauso alla Borsa auspicando investimenti in Italia. Vorrei farlo anch`io, ma per ora me ne astengo. Prima, vorrei capire quale fondamento migliore di prima abbia oggi l`auspicio di un`inversione di tendenza della Fiat rispetto all`Italia avendo il gruppo 4 miliardi di meno in cassa ovvero dovendo fare 4 miliardi di debiti in più. Sarei curioso di leggere gli accordi con il sindacato Usa. In cambio di che cosa viene erogato il premio di 700 milioni in quattro anni. Non capisco che cosa voglia dire la maggior collaborazione al World Class Manufacturing, come gira la cosa in busta paga, negli orari.
Il prossimo passo sarà una qualche forma di fusione tra Chrysler e Fiat o Fiat Auto. Sarà una mossa ragionevole. Ma come avverrà? I sindacati italiani sanno quali saranno le ripercussioni sui centri di progettazione, che Marchionne ha assai poco valorizzato pur essendo migliori di quelli americani se è vero che lo stesso Obama considerava la Chrysler indietro di 10 anni rispetto a Torino? E sanno che cosa ne sarà dei colletti bianchi posto che le fusioni si fanno per ridimensionare gli enti centrali? E quale sarà la politica dell`innovazione e con quali risorse verrà sostenuta visto che finora Chrysler ha campato rimodellando i modelli ideati dall`antica gestione tedesca e Fiat non può vivere di sola 500? L`idea che Marchionne sia un Robin Hood patriottico che toglie alla Chrysler per dare alla Fiat è una pia illusione. Marchionne investirà dove avrà le condizioni più convenienti. A partire dalla domanda regionale (Italia ed Europa) per finire alle facilitazioni burocratiche, ai livelli salariali e ai contributi pubblici (di cui la Fiat va a caccia in tutto il mondo). La fusione potrebbe portare in Olanda la sede legale della Fiat con Chrysler. È già accaduto con la fusione Fiat Industrial-Cnh. Il rischio è che si sottragga base imponibile al fisco. Mi domando se non sia il caso di rivedere l` exit tax. Se palazzo Chigi, da chiunque sia abitato, non riuscirà a esercitare la moral suasion sulla prosecuzione dell`impegno in Italia (come fa Prada che torna), che almeno si difenda qualcosa per l`Agenzia delle entrate.
Conclusione. Sia Fiat sia Chrysler non sono società investment grade. Pagano carissimo il denaro. L`operazione di Marchionne scommette sulla ripresa in Italia e in Europa, sulla tenuta del Brasile e sul buon momento negli Usa. Così da realizzare guadagni che consentano di abbassare il debito e ridurre l`oneroso fardello della liquidità ferma in cassa per far fronte a un`eventuale crisi di fiducia. Se qualcosa va storto, Fiat-Chrysler faticherebbe a reggere. Ci vorrebbe un aumento di capitale. Ma è esattamente quanto Marchionne nega. Lo aspettiamo in Senato per saperne di più. Dai primi di agosto ha sulla scrivania un invito del presidente Grasso.

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