“La nave Geo Barents è arrivata al porto di sbarco assegnato di La Spezia, dopo 100 ore di navigazione dalla comunicazione di assegnazione. Secondo il decreto Piantedosi, i prefetti dovrebbero qualificare e accertare nell’ordine: i) le modalità di ricerca e soccorso effettuate; ii) l’eventuale occorrenza di un pericolo a bordo, dopo averla opportunamente qualificata, anche rispetto alle disposizioni UNCLOS ;iii) le condizioni e la misura di un eventuale ‘concorso’, da parte di chi soccorre, all’asserita situazione di pericolo; iv) la qualificazione della ‘tempestività’ del raggiungimento del porto di sbarco assegnato, contemperandola, tuttavia, con l’obbligo di soccorrere situazioni di pericolo in mare di cui si abbia notizia, sempre secondo la UNCLOS.
È del tutto evidente l’impossibilità di una puntuale verifica giuridica di questi elementi così complessi e così indeterminati, ai fini di valutarne una possibile violazione”. Lo dice il senatore del Pd Antonio Nicita. “Per come sono scritte – prosegue Nicita – le norme nel decreto impediscono ai Prefetti un’applicazione giuridica certa che non si presti ad abuso da un lato o alla violazione del diritto internazionale dall’altro, alla luce delle numerose sentenze anche della Cassazione sul punto. D’altra parte, se il ritardo stesso genera una condizione di pericolo a bordo, i primi responsabili di tale pericolo sono semmai coloro che assegnano i porti di sbarco, scegliendoli tra quelli più lontani tra quelli disponibili sulle coste italiane.
Ove i prefetti volessero accertare davvero la natura dei ritardi tra salvataggi e sbarco, dovrebbero semmai rivolgersi al Ministro e alla sua strategia nel passaggio dal vecchio mito dei porti chiusi al nuovo capriccio dei porti lontani, sempre e solo per le ONG. È il Ministro con il suo decreto che genera ‘ritardo’ nel raggiugimento ‘tempestivo’ di un porto sicuro di sbarco (place of safety) nel quale terminare le operazioni di soccorso”


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