“In una delle varie anticipazioni del
suo nuovo libro, leggo con grande sorpresa Matteo Renzi sostenere
di essere pronto a votare l’elezione diretta del premier, anche
perché, a suo dire, il modello tedesco, cioè un sistema di
rafforzamento della forma di governo parlamentare basato in primo
luogo sulla sfiducia costruttiva, e sostanzialmente condiviso dal
Pd e dalle altre forze di opposizione, avrebbe l’effetto di
indebolire il presidente della Repubblica tanto quanto la novità
mondiale, e per questo bislacca e pericolosa, dell’elezione
diretta del primo ministro, da cui Renzi si sente attratto. È una
tesi che non sta in piedi e che è persino troppo facilmente
smontabile”. Lo afferma in una nota Dario Parrini, senatore Pd
della commissione Affari costituzionali.
“È un peccato – aggiunge – che Renzi
non abbia partecipato agli incontri con decine di
costituzionalisti tenutisi presso la prima commissione del
Senato. Se lo avesse fatto avrebbe evitato di scrivere quello che
ha scritto, perché avrebbe compreso rapidamente che col
cancellierato il presidente della Repubblica ha tutta la forza
istituzionale e costituzionale che serve per agire da arbitro e
da motore di riserva nei momenti di emergenza e di crisi
sistemica. Forza che perde totalmente se, come propone il ddl
Meloni-Casellati, si prevede di mettere non accanto ma sopra a un
presidente della Repubblica eletto dal Parlamento un Presidente
del Consiglio eletto dal popolo, e perciò dotato di una
investitura di grado superiore. Con il risultato, evidente a
tutti gli studiosi e agli osservatori più qualificati, di far
saltare uno dei più importanti pilastri costruiti dai padri
costituenti, ovvero – conclude Parrini – l’esistenza di un capo
del governo e di un capo dello Stato in equilibrio tra loro in
quanto entrambi legittimati da un voto del Parlamento, non per
caso unico organo costituzionale eletto direttamente dai
cittadini”.


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