“La crescita civile ed economica del Paese dipende sempre più da questioni strategiche che riguardano a un tempo tutta l’Italia ma anche e soprattutto il Mezzogiorno: infrastrutture, servizi pubblici a rete, Mediterraneo, legalità, istruzione e capitale sociale, competitività delle imprese, ambiente e turismo”. Così il senatore democratico Gianni Pittella – una lunga esperienza al Parlamento europeo di cui è stato vicepresidente vicario – nell’intervista rilasciata ad Economy all’indomani della presentazione a Bruxelles del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Senatore, l’ennesimo treno che non si può perdere?

In effetti, vista la rilevanza dei temi ma anche il basso livello nei risultati degli ultimi decenni, il rischio che si può correre è quello di alimentare un dibattito che può risultare stucchevole, ripetitivo e autoreferenziale
Duecento e dispari miliardi non sono bruscolini…
Il rischio è concentrarsi un po’ troppo sulla quantità delle risorse finanziarie assegnando alle cifre allocate un valore di risultato in termini politici. Per quanto fondamentale e necessaria, l’allocazione delle risorse non può essere un fine ma deve essere uno strumento per conseguire apprezzabili risultati sociali, economici e ambientali.
Dal Mezzogiorno sale forte la richiesta di destinare a questa parte del Paese una percentuale di finanziamenti superiore a quanto dovuto in base alla popolazione. Una battaglia che condivide?
Il mio monito non vuole in alcun modo derubricare la questione del calcolo dei fondi o sottovalutare gli sforzi di alcuni governatori, come il campano Vincenzo De Luca, e dei diversi sindaci e parlamentari che difendono il principio di destinare al Mezzogiorno il 40 per cento delle risorse evitando che tra queste siano surrettiziamente incluse quelle del Fondo Sociale Europeo.
Anche al governo c’è chi si batte per questo risultato…
Apprezzo che la ministra Mara Carfagna stia lavorando con generosa attenzione su progetti e programmi.
E dunque?
Ribadisco la priorità: l’obiettivo per il Mezzogiorno è interrompere la storia di occasioni mancate e di scelte sbagliate non soltanto negli ultimi anni ma già agli albori dell’intervento straordinario. È la storia di un’area importante “condannata” ad inseguire un modello di sviluppo importato e quasi mai adatto alle sue caratteristiche.
Più che la quantità conta la qualità dell’intervento?
È evidente e fuor di dubbio che un adeguato ed equilibrato flusso di risorse ordinarie (più di quanto il senso comune sia portato a credere) e la certezza di risorse aggiuntive (come previsto nel quadro di regole europee) sia una condizione fondamentale, necessaria, ma non sufficiente.
E tutti gli sforzi che si stanno facendo per mantenere il punto?
Ma su questo basta rispettare quanto già previsto e verificare il rispetto della clausola aggiuntiva delle risorse per lo sviluppo e la coesione 2021-2027 e il rispetto della clausola del 34% come soglia minima di quantità di investimenti pubblici previsti dal bilancio dello Stato da allocare nel Mezzogiorno, anche in riferimento agli interventi che saranno previsti nell’ambito del Recovery Plan
Che cosa serve, allora?
È necessaria una azione politica di coinvolgimento e partecipazione della società meridionale che spezzi l’autoreferenzialità e l’atteggiamento culturale secondo il quale è solo compito del pubblico creare sviluppo e occupazione.
Come si fa?
Questo è un compito politico che bisogna assumersi coinvolgendo le classi dirigenti, gli intellettuali, le diverse componenti della società su una visione condivisa dello sviluppo economico e sociale.
Più facile a dirsi…
Bisogna evitare quella sorta di schizofrenia che si genera intorno alle decisioni strategiche per il Mezzogiorno che spesso, alla fine, riesce soltanto ad avallare politiche per lo più distributive e rispondenti a interessi particolari e individuali.
Su che cosa concentrerebbe la maggiore attenzione?
Trattenere e attrarre persone è la missione principale da assegnarsi. Trasformare il Sud come luogo ideale nel quale vivere o poter scegliere di vivere come opportunità.
Più nel dettaglio?
Sono sei i temi sui quali sviluppare una decisa azione comune che coinvolga tutte le energie positive della società, non soltanto meridionale.
Andiamo con il primo…
La politica infrastrutturale che ha bisogno di un quadro strategico definito e vincolante, di compartecipazione dei vari livelli istituzionali e dei grandi enti proprietari o gestori di reti di trasporto e di connessione. L’eccessiva frammentazione degli interventi e la dilatazione spropositata dei tempi di progettazione e realizzazione sono tutti nodi da sciogliere. Compito di una classe dirigente politica responsabile deve essere condividere in maniera chiara le strategie infrastrutturali nel rispetto dei diritti delle popolazioni locali.
Il secondo?
Il Mediterraneo quale area vocazionale di riferimento per il Sud. Il Mezzogiorno può aspirare ad essere la piattaforma culturale e logistica del Bacino mettendo in campo un approccio unitario e coordinato. Il ruolo del Mezzogiorno nel Mediterraneo non può essere giocato in maniera episodica o attraverso iniziative di singole istituzioni regionali o locali. Il ruolo dell’Italia, e del Mezzogiorno, nel partenariato euro-mediterraneo dev’essere di primo piano. Per questo serve anche il dispiegamento migliore della cultura dell’accoglienza che da sempre caratterizza la gente del Sud e che troppe volte è stata sacrificata per assecondare spinte xenofobe o razziste.
Passiamo al terzo punto.
Legalità e sicurezza sono due questioni di rilevanza determinante. La lotta alla criminalità organizzata deve essere una priorità fondamentale e un obiettivo irrinunciabile. Bisogna ribaltare la cultura, in alcuni casi prevalente, per la quale un reato contro la collettività è meno grave di un reato contro la persona. La cultura della legalità si costruisce anche attraverso la scuola e il lavoro con le nuove generazioni. Innalzare il livello medio del rendimento delle istituzioni scolastiche del Sud deve essere una priorità.
Il quarto…
La qualità delle città e dei piccoli comuni. È fondamentale il ruolo delle città come soggetti di traino dello sviluppo e luoghi di innovazione nei servizi alle persone e alle imprese oltre che nella produzione di servizi culturali. Oggi le grandi città meridionali sono sottoposte a un carico enorme che crea sacche sempre più grandi di disagio sociale e non sono supportate da una rete di città medie con elevati livelli di qualità della vita. È fondamentale assicurare lo standard dei servizi essenziali alla persona (salute, scuola, trasporto pubblico, assistenza) e di quelli a rete (acqua, energia, rifiuti) a livello nazionale, con oscillazioni non superiori al 10% rispetto alla media nazionale.
E cinque, proseguiamo con l’elenco.
L’ambiente, l’agro-alimentare di qualità, cultura e turismo, sono i settori nei quali il Sud detiene maggiori dotazioni rispetto alle altre aree del Paese. È solo un’azione sul contesto che può consentire di aumentare la competitività del sistema economico meridionale puntando sulle sue risorse principali. Per favorire il miglior utilizzo di queste risorse è importante diminuire l’approccio agli incentivi singoli e automatici, che alimentano anche sacche di illegalità diffusa, per puntare a una maggiore offerta di beni e servizi collettivi per valorizzare le risorse locali.
Il sesto e ultimo asse della sua griglia?
Il presidio e la manutenzione del territorio che costituiscono un prerequisito perché tutte le risorse possano essere valorizzate assieme all’affermazione dei diritti di cittadinanza costituiti dai servizi essenziali alla persona e delle tecnologie minime abilitanti per presidiare le aree a forte caratterizzazione ambientale e agricola del Mezzogiorno.
Di che cosa c’è bisogno per non cadere nella trappola delle parole e passare finalmente ai fatti?
Di due fondamentali azioni di contesto: il disegno di una governance più efficace degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno e il monitoraggio degli interventi, anche dal punto di vista procedurale, per una corretta gestione e un’attenta verifica dei tempi di attuazione degli investimenti. Apportando, ove necessario, le dovute correzioni.
Accetterà mai la nostra pubblica amministrazione di farsi valutare sugli obiettivi?
Quando i risultati sperati non si raggiungono, l’affermazione di una cultura della valutazione dei risultati dell’azione pubblica è condizione imprescindibile per un cambio di passo che possa portare a modificare approccio e strumenti di intervento.
Quando parla di una nuova governance a che cosa si riferisce?
In linea con il Piano Sud 2030 è fondamentale lanciare un grande programma di cooperazione rafforzata tra livelli istituzionali (Europa, Governo, Regioni ed Enti locali) in collegamento con un grande piano di rigenerazione amministrativa per accelerare l’attuazione degli investimenti. Il pieno dispiegamento del modello di governo degli investimenti aggiuntivi può essere portato a compimento con la costituzione di task force di settore per mettere a disposizione delle amministrazioni le competenze tecniche necessarie ad almeno raddoppiare la velocità di attuazione degli interventi.
Siamo maturi per tutto questo?
In un quadro complessivo che vede la crescita delle disuguaglianze su scala planetaria e un problema ecologico che rischia di diventare irreversibile legato all’inquinamento del pianeta, la sfida del Mezzogiorno si gioca non nella rincorsa a modelli che hanno funzionato altrove, ma sulla capacità di valorizzazione dei beni comuni e dei beni collettivi peculiari della sua storia e del suo territorio. Il tutto all’interno di un quadro di regole e valori condiviso su scala nazionale ed europea: un riferimento fondamentale per sperimentare anche un nuovo paradigma dello sviluppo sociale ed economico.


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