Il Senato, Premesso che, sessant’anni fa gli Stati membri fondatori delle allora Comunità europee decisero di superare i conflitti politici ed economici che avevano dilaniato il continente scegliendo la strada della integrazione e della costruzione di politiche comuni, scelta che ha consentito di assicurare al continente il più lungo periodo di pace mai conosciuto nella sua storia millenaria; la lungimiranza della scelta d 2 recessivo della nostra economia, di cui in questi mesi si sono cominciati ad apprezzare i primi effetti; il patrimonio prezioso di credibilità politica, internazionale ed europea, del nostro Paese non può essere dilapidato con iniziative scoordinate ed avventurose che rischiano di isolarci, anziché rafforzare il nostro ruolo; Considerato in particolare sul cruciale tema dei flussi migratori che: grazie al lavoro svolto dai Governi a guida PD, nei primi quattro mesi del 2018 sono approdati in Italia circa 9.300 migranti, il 78 % in meno rispetto allo stesso periodo del 2017; l’azione in materia deve partire anzitutto dall’assunto di fondo secondo cui i confini marittimi dell’Italia sono i confini a Sud dell’Europa intera, e necessitano quindi di una difesa congiunta rafforzata da parte dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (precedentemente denominata Frontex), per limitare e gestire i flussi in ingresso; punto ineludibile per ogni strategia relativa alla gestione degli arrivi è poi il riconoscimento che si tratta di una questione europea e non riconducibile alla responsabilità di singoli Paesi, da cui deriva la necessità di un ricollocamento strutturale e solidale dei migranti che giungono nei territori degli Stati membri modificando radicalmente il Regolamento di Dublino – approvato nel 2003 dall’allora Governo di centro-destra – in particolare nel suo principio cardine, che fa ricadere sul Paese di primo approdo la responsabilità di gestire i richiedenti asilo: un principio che scarica il peso dei flussi sulle spalle dei paesi maggiormente esposti alle rotte del Mediterraneo, come la stessa Italia e la Grecia; nel novembre 2017, dopo anni di negoziati, il Parlamento europeo – con il voto contrario del M5S e l’astensione della Lega – ha approvato una proposta di revisione del Regolamento di Dublino e delle politiche relative al diritto d’asilo – alla cui elaborazione ha contribuito fortemente la delegazione italiana – che introduce una vera e propria responsabilità condivisa nella gestione dei richiedenti asilo, fondata sul meccanismo della redistribuzione permanente e sul ricollocamento automatico dei richiedenti asilo: la competenza della gestione dei richiedenti asilo, dunque, non ricadrebbe più solo sul paese di primo ingresso, ma sarebbe definita sulla base di quote che riguardano tutti gli Stati membri dell’Unione, fondate su criteri oggettivi calcolati in relazione al PIL e alla popolazione. Sarebbe infine introdotto un incentivo alla responsabilità, basato su limitazioni all’accesso ai fondi UE per i paesi che rifiutino di aderire a tale programma; la suddetta proposta, tuttavia, non ha proseguito il proprio iter bloccandosi di fatto nell’ambito della sede intergovernativa; la proposta successivamente avanzata dalla Presidenza bulgara contraddice le proposte del Parlamento europeo e risulterebbe addirittura peggiorativa rispetto alla situazione di oggi, penalizzando ulteriormente i Paesi di primo approdo come Italia, Grecia e Spagna; lo scenario rischia di deteriorarsi ulteriormente per l’opposizione al ricollocamento da parte dei Paesi di Visegrad, guidati dall’Ungheria che ha addirittura inserito in Costituzione il divieto di accoglienza dei richiedenti asilo; la rinegoziazione di Dublino passa necessariamente da una politica di accordi e alleanze con alcuni paesi dell’Unione che si trovano nelle nostre stesse condizioni, il cosiddetto gruppo dei “paesi del Mediterraneo” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Malta e Cipro- un gruppo di paesi che rappresentano 1/4 della membership europea e contribuiscono al 41% del budget dell’UE), scelta strategicamente importante per contrastare i Paesi di Visegrad che sostengono politiche dure sull’immigrazione e rifiutano l’applicazione del sistema di quote europee per i rifugiati; 3 per una svolta sulle politiche migratorie, il nostro Paese ha bisogno di una profonda revisione del regolamento di Dublino e contemporaneamente di solidi accordi con i Paesi del Nord Africa; per queste ragioni appare incomprensibile e contraria all’obiettivo di una strategia europea condivisa la ricerca da parte del governo italiano di una innaturale e controproducente alleanza proprio con i paesi del gruppo di Visegrad, che rifiutano qualsiasi redistribuzione di richiedenti asilo. L’Ungheria di Orban finora non ha accolto neanche un richiedente asilo rispetto ai 1294 dal meccanismo di ricollocazione; la Polonia 0 su 6182, la Repubblica Ceca ne ha accolti 12 su 2691; le dinamiche demografiche – che indicano che la popolazione del continente africano salirà dall’attuale 1,2 miliardo di abitanti a 4 miliardi entro la fine del secolo – rendono evidente che il futuro dell’Africa non può essere affidato alle migrazioni, ma richiede un piano straordinario di sviluppo che l’Europa ha la responsabilità di promuovere, accompagnare e sostenere; guerre e conflitti che scuotono il Mediterraneo – dalla Siria alla Libia, dallo Yemen al Medio Oriente – hanno parte rilevante nel suscitare flussi di profughi e migranti e dunque richiedono un impegno della comunità internazionale per restituire al bacino mediterraneo pace, stabilità e sicurezza; in tale prospettiva, appare altrettanto incomprensibile ed ingiustificata l’azione di delegittimazione delle ONG portata avanti dall’attuale Governo, in contrasto con il fatto che, dalle inchieste condotte da diverse procure italiane, non è, finora, emerso nulla di penalmente rilevante a carico di alcuna ONG operante nel Mediterraneo, nonché con lo spirito della recente risoluzione approvata dalla Commissione Libertà civili del Parlamento europeo, in cui si chiede agli Stati membri di garantire che l’aiuto ai migranti per motivi umanitari non sia punibile come crimine; Considerato che in materia di sicurezza e difesa comune: l’11 dicembre 2017 il Consiglio ha adottato una decisione che istituisce la cooperazione strutturata permanente (PESCO) che consentirà agli Stati membri che lo desiderano e sono in grado di farlo di sviluppare congiuntamente capacità di difesa e accrescere la prontezza e il contributo a livello operativo delle rispettive forze armate, investendo in progetti comuni che spaziano dal controllo marittimo alle tecnologie radio, dalla gestione delle infrastrutture militari alla lotta contro le minacce cibernetiche; nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale UE 2021-2027, è previsto un nuovo Fondo europeo per la Difesa che prevede una dotazione complessiva di 13 miliardi, e uno stanziamento iniziale per il 2019/2020 di 500 milioni di euro per finanziare progetti di ricerca che coinvolgeranno le industrie italiane, come Leonardo-Finmeccanica che guiderà un consorzio di 42 partner industriali da 15 Paesi europei per coordinare il progetto Ocean 2020; proprio nei giorni scorsi, il Parlamento europeo ha dato il primo sì al Fondo europeo per la Difesa, con l’approvazione da parte della commissione Industria del Programma europeo di sviluppo dell’industria della difesa (Edidp), volto a sostenere la competitività e la capacità d’innovazione dell’industria europea; questa cooperazione tra gli stati europei in materia di difesa non vuole indebolire la solida alleanza tra l’Ue e la Nato, con cui abbiamo in comune obiettivi e valori e con cui possiamo mobilitare un’ampia gamma di strumenti e usare le risorse nel modo più efficiente al fine di affrontare tali sfide e rafforzare la sicurezza dei nostri cittadini. Considerato in particolare sui temi della crescita e lavoro che: il prossimo Consiglio europeo si occuperà di occupazione, crescita e competitività, nella definizione del prossimo quadro finanziario pluriennale e di innovazione ed Europa digitale; 4 nella scorsa legislatura, l’Italia ha lavorato nell’ambito dei tavoli europei per restituire centralità alle politiche economiche per la crescita, l’occupazione e la competitività e, anche grazie al deciso contributo del nostro paese, le Istituzioni europee e gli Stati Membri hanno accolto una strategia comune incentrata non più solo sulle politiche fiscali responsabili, ma in particolare diretta al sostegno della ripresa economica, interrompendo la spirale di austerità innescatasi in Europa prima del 2014 anche a causa dei vincoli stringenti posti alla finanza pubblica; oggi è necessario proseguire su questo sentiero di sostegno alla ripresa, che passi anche attraverso una più generale riforma del governo dell’Unione, per accelerare il ritmo di crescita e renderla più equa e inclusiva, in particolare con riferimento alla riduzione dei divari di sviluppo tra le regioni: in tal senso, il Consiglio europeo di giugno rappresenta un momento cruciale di confronto riguardo le prospettive di riforma dell’Unione economica e monetaria (UEM) e renderà evidente quanto gli Stati membri intendano davvero procedere nell’approfondimento della loro integrazione economico-finanziaria; appare altresì necessario portare a compimento gli importanti obiettivi del “Pilastro europeo dei diritti sociali”, presentato dalla Commissione nell’aprile del 2017 e proclamato in occasione del vertice sociale di Goteborg del novembre del 2017; Considerato che per quanto attiene ai temi dell’economia: la Commissione europea ha reso noto, il 6 dicembre 2017, un pacchetto di proposte sul futuro dell’UEM finalizzate a rendere l’eurozona più resistente alle crisi e più favorevole alla crescita e che riguardano il completamento dell’Unione bancaria, la trasformazione del Meccanismo europeo di stabilità (MES) in un vero e proprio Fondo monetario europeo, il rafforzamento della disciplina di bilancio riconoscendo un certo grado di flessibilità per non compromettere la crescita, la creazione di una capacità fiscale per l’area euro che la doti di risorse da usare per fini di stabilizzazione macroeconomica e l’istituzione, in prospettiva, di un Ministro delle finanze dell’eurozona, per assicurare maggiore coerenza alle politiche economiche dei Paesi euro e gestire la capacità fiscale; si tratta di una svolta importante, anche frutto delle proposte avanzate dal Partito democratico del corso della precedente legislatura e delle trattative portate avanti con i partner europei, volte a rafforzare l’architettura dell’Unione ancora incompleta e particolarmente fragile, anche in ragione della mancata attuazione del terzo pilastro dell’Unione bancaria, il sistema unico di garanzia dei depositi bancari; al vertice di Meseberg dello scorso 19 giugno, tuttavia, i presidenti Macron e Merkel hanno rilanciato soltanto alcune di queste proposte; fino ad oggi si è infatti registrata una situazione di stallo tra i paesi, di cui l’Italia è capofila, che sollecitano il completamento dell’Unione bancaria e, più in generale dell’UEM, che favorisca la condivisione dei rischi e i paesi nordici e la Germania che richiedono un’ulteriore riduzione dei rischi, prima di aumentare il livello di mutualizzazione; alla luce delle recenti evoluzioni del dibattito politico europeo e in ragione dell’atteggiamento ostile del nuovo Esecutivo, il rischio concreto è che l’Italia resti nell’ombra, vanificando gli sforzi e i risultati fino ad ora raggiunti, in un momento così delicato e incerto per l’Unione europea; la marginalità in cui il nostro Paese rischia essere confinato è ancor più preoccupante alla luce della decisione degli USA di applicare i dazi sui metalli (25 % su acciaio e 10 % su alluminio), che potrebbe causare effetti depressivi tali da determinare una diminuzione del tasso di crescita in Italia e gravi danni per le imprese; la linea proposta finora dalla Commissione per cercare di coinvolgere costruttivamente gli Stati Uniti è stata, nel suo insieme, equilibrata e coerente, tuttavia, a seguito l’UE ha attivato il cosiddetto rebalancing (con l’imposizione di dazi addizionali di riequilibrio – votati il 14 giugno in Consiglio e 5 applicabili a partire dal 20 giugno – su un certo numero di beni dagli Stati Uniti) mettendo in campo una risposta misurata, proporzionata e pienamente in linea con le regole del WTO; sarebbe opportuno riprendere la proposta emersa durante il semestre di presidenza italiana dell’UE con il nome di “interim agreement”, un accordo commerciale snello su dazi, barriere non tariffarie, convergenza di standard e regolamenti in quei settori in cui c’è già un’intesa tra le associazioni degli imprenditori delle due sponde dell’Atlantico lasciando la possibilità di modifiche successive, sul modello dei cosiddetti “living agreements”. Considerato, per ciò che attiene alle politiche di bilancio dell’Unione, che: il prossimo Consiglio europeo costituirà un momento chiave anche alla luce della pubblicazione, lo scorso 2 maggio da parte della Commissione Europea, del primo pacchetto di proposte sul prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) per il settennio 2021-2027, oggetto di un primo scambio di vedute in Consiglio Affari Generali lo scorso 14 maggio; le maggiori novità riguardano una diversa ripartizione degli stanziamenti tra le varie finalità, con l’innalzamento degli attuali livelli di finanziamento in settori considerati prioritari e ad alto valore aggiunto europeo, come la ricerca e l’innovazione, i giovani (sono raddoppiate le risorse per Erasmus) l’economia digitale, la gestione delle frontiere, il clima e l’ambiente, la sicurezza e la difesa (settore significativo, con la conferma del progetto di Fondo europeo per la difesa e la proposta la creazione di uno strumento fuori bilancio, lo European Peace Facility, con una dotazioni pari a 10,5 miliardi di euro in chiave di prevenzione dei conflitti e stabilizzazione); parallelamente, si prefigurano, a titolo compensativo, alcuni risparmi in particolare sulla politica di coesione e sulla politica agricola comune (rispettivamente -7 per cento e -5 per cento rispetto ai valori nominali dell’attuale QFP); il pacchetto del 2 maggio include una bozza di regolamento volta a creare un legame di condizionalità tra fondi europei e rispetto dello Stato di diritto, inteso come precondizione per una sana gestione delle risorse finanziarie dell’Unione; secondo il documento, la Commissione potrà chiedere la sospensione, la riduzione o la revoca dei fondi UE nel caso in cui non sia assicurato, in un Paese membro, il corretto funzionamento dei meccanismi, di polizia e giudiziari, di contrasto a frodi e corruzione, come forme di condizionalità dirette a proteggere i valori fondamentali dell’Unione. Considerato, per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione, che: nonostante l’Unione europea goda di un vantaggio competitivo dovuto all’elevata qualità della sua ricerca di base e applicata, si registra un ritardo rispetto alle altre grandi economie (rappresentato da un minor livello di domande di brevetti di qualità, di volume del capitale di rischio, di numero di start-up in rapida crescita (“unicorni”), di quota di valore aggiunto dell’UE nel settore manifatturiero ad alta tecnologia); per tali ragioni, non a caso il tema dell’innovazione tecnologica e dell’economia digitale è al centro dell’Agenda dei leader e dell’attenzione delle istituzioni europee, basti pensare al vertice di Tallinn sul digitale del 29 settembre 2017, al Consiglio dell’UE del 12 marzo 2018 dedicato alla “Competitività” (che ne ha discusso nel contesto del semestre europeo, sottolineando una serie di priorità nell’ambito delle riforme strutturali che sono necessarie sia a livello europeo che nazionale al fine di sfruttare appieno i vantaggi della trasformazione digitale) e al Consiglio europeo del 22-23 marzo 2018, che ha discusso in particolare di commercio elettronico, di diritto d’autore, di ricerca e innovazione, di mercato unico digitale, di intelligenza artificiale e innovazioni pionieristiche, e di fiscalità nell’ambito dell’economia digitale per adeguare i sistemi di tassazione tenendo conto della 6 crescente economia digitale, su nuove soluzioni per combattere l’evasione e l’elusione fiscali e sui modi per garantire al meglio le sinergie a livello UE e internazionale; l’innovazione tecnologica e in particolare digitale hanno un impatto notevole in termini economici, in un mondo in continuo e rapido sviluppo e che vede le esigenze del mercato del lavoro profondamente mutate dalla tecnologia, ma anche ambientali, con enormi potenzialità sulla sostenibilità della crescita economica, culturali, stante la necessità di introdurre le ICT nel sistema educativo e garantire ai giovani l’apprendimento delle capacità per il futuro mercato del lavoro, e soprattutto sulla vita stessa dei cittadini, semplificandola e migliorandola ma al contempo ponendo importanti questioni etiche, a partire dall’uso – spesso improprio e talvolta illegale (v. la vicenda Cambridge Analytica) – dei dati personali, fino allo sviluppo dell’intelligenza artificiale o della genomica; il regolamento generale dell’UE sulla protezione dei dati, entrato in vigore in tutta l’Unione il 25 maggio 2018, e la sua attuazione a livello nazionale rappresentano un importante passo avanti, ma per assicurare pienamente la trasparenza nell’uso dei dati da parte dei servizi di intermediazione online e delle piattaforme digitali, e soprattutto la tutela dei dati personali e della privacy, risulta necessario anche un vigoroso intervento in materia di cybersicurezza; Per quanto concerne le relazioni esterne dell’Unione, considerato che: in risposta all’annessione illegale della Crimea e alla guerra ibrida condotta contro l’Ucraina, l’Unione europea ha adottato gradualmente una serie di misure restrittive contro la Russia a partire dal 2014; l’Unione è stata sempre compatta nel mantenere il suo fermo impegno a favore della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. A quattro anni dall’annessione illegale della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli da parte della Federazione russa, l’UE ha ribadito di non riconoscere e di continuare a condannare tale violazione del diritto internazionale; nel discorso programmatico per il voto di fiducia al governo, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato “saremo fautori di una apertura alla Russia, che ha consolidato negli ultimi anni il suo ruolo internazionale in varie crisi geopolitiche. Ci faremo promotori di una revisione del sistema delle sanzioni”; considerato che, questo pone di nuovo l’Italia in una situazione diplomatica ambigua e isolata che contribuisce a minare la nostra credibilità in politica estera, fondamentale, tra le altre cose, per tessere relazioni in materia di sicurezza e di politica commerciale; il 14 luglio 2015, l’Iran, l’Unione europea e i Paesi del P5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti – più la Germania) hanno adottata il Piano d’azione congiunto globale (JCPOA), un accordo che prevedeva una significativa riduzione della capacità dell’Iran di arricchire l’uranio e la rimozione di alcune delle sanzioni imposte all’economia iraniana negli anni precedenti; nel maggio scorso, il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano; l’Unione europea è unanime nel definire l’accordo nucleare iraniano cruciale per la sicurezza della regione, dell’Europa e del mondo intero e assicurare il proprio impegno affinché continui a funzionare, anche e soprattutto alla luce dell’uscita del governo statunitense; considerando che le posizioni espresse a mezzo stampa di alcuni esponenti dei partiti del governo sono vicine all’amministrazione americana riguardo l’Iran e il JCPOA, invece nessuna posizione ufficiale è stata presa di condivisone della posizione europea. 7 impegna il Governo 1) Sui temi delle migrazioni: a sostenere in sede europea le modifiche alle norme del Regolamento di Dublino, sulla base della proposta approvata a larga maggioranza dal Parlamento Europeo, la quale è fondata sulla redistribuzione permanente dei richiedenti asilo e introduce dunque il principio della responsabilità condivisa e solidale, prevedendo – nel rispetto di quanto sancito dall’art. 80 TFUE – che l’onere di procedere all’esame delle domande di asilo non gravi solo ed esclusivamente sul Paese di primo ingresso, ma riguardi tutti gli Stati membri dell’Unione, sulla base di criteri oggettivi calcolati in relazione al PIL e alla popolazione, stabilendo altresì un meccanismo sanzionatorio fondato su limitazioni all’accesso ai fondi UE per i Paesi che rifiutino di rispettare tale programma; ad affiancare la Commissione nell’apertura di un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di Giustizia UE nei confronti degli Stati membri che non hanno rispettato le decisioni obbligatorie del 2015 sul ricollocamento dei richiedenti asilo; a sollecitare l’attuazione di un programma europeo di controllo efficace delle frontiere esterne, che implementi gli sforzi per combattere le reti criminali di trafficanti di uomini compiuti dal 2015 ad oggi – grazie ai quali si è ottenuto un calo del 95% del numero degli attraversamenti illegali delle frontiere verso l’UE – rafforzando i poteri e le competenze dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (precedentemente denominata Frontex) e incentivando le azioni di dialogo e collaborazione messe in campo dall’Italia con le autorità dei Paesi di origine e di transito, che hanno consentito di ridurre nel 2018 gli sbarchi del 78% rispetto all’anno precedente; a mettere a disposizione dei Paesi di origine e di transito dotazioni finanziarie adeguate, superando l’asimmetria contributiva che vede poche centinaia di milioni per contenere i flussi sulla rotta mediterranea a fronte di 6 miliardi erogati alla Turchia per contenere i flussi sulla rotta balcanica; a sostenere la creazione di piattaforme di sbarco regionali (hotspots) gestite a livello europeo, con risorse comunitarie, per procedere alla prima accoglienza ed identificazione dei migranti che giungono in Europa; a promuovere e sostenere l’apertura di corridoi umanitari per quanti fuggono da guerre e conflitti; a promuovere ogni forma di collaborazione con l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR), con l’Organizzazione Internazionale dei Migranti (OIM) e il Consiglio de Diritti Umani dell’ONU, per l’apertura di centri di accoglienza nei Paesi di origine; a promuovere l’adozione di una normativa europea sul diritto di asilo, applicabile in modo omogeneo e uniforme da tutti i paesi dell’Unione; a sostenere e incentivare programmi nazionali di affidi familiari, con cui dare un focolare e una vita sicura agli stranieri minori non accompagnati; ad accompagnare politiche coordinate e condivise a livello europeo di rimpatri umanitari volontari dei migranti irregolari; a promuovere accordi bilaterali tra l’Unione Europea e i Paesi africani per l’apertura di canali legali per la gestione dell’immigrazione economica; a considerare lo sviluppo dell’Africa una priorità della politica dell’Unione Europea, dotando di adeguate risorse finanziarie e strumenti operativi l’Africa Plan varato dalla Commissione Europea e sollecitando gli Stati membri a incrementare le proprie politiche di cooperazione e aiuto allo sviluppo; 8 a sostenere tutte le iniziative assunte dall’Unione e dalla comunità internazionale per fermare guerre e conflitti armati e costruire soluzioni politiche fondate su dialogo e negoziato. 2) In materia di politica di sicurezza e difesa comune: a verificare la realizzazione e l’esecuzione degli impegni legati alla cooperazione strutturata permanente (PESCO) che consentirà agli Stati membri che lo desiderano e sono in grado di farlo di sviluppare congiuntamente capacità di difesa, investire in progetti comuni e accrescere la prontezza e il contributo a livello operativo delle rispettive forze armate; a vigilare sulla dotazione, nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale UE 2021-2027, del nuovo Fondo europeo per la Difesa il cui importo complessivo ammonterebbe a 13 miliardi di euro; a sorvegliare sull’attuazione del Fondo europeo per la Difesa, volto a sostenere la competitività e la capacità d’innovazione dell’industria europea; a ribadire che ogni forma di cooperazione tra gli Stati europei in materia di difesa non intende indebolire, ma anzi rafforza, la solida alleanza con tra l’Ue e la Nato, con cui abbiamo in comune obiettivi e valori per rafforzare la sicurezza dei nostri cittadini; 3) Per l’innovazione e la società digitale: a sostenere l’intensificazione nell’UE degli sforzi a favore del digitale e dell’innovazione, con specifico riferimento a questioni quali il mercato unico digitale, l’istituzione di un Consiglio europeo per l’innovazione, l’incremento dei fondi per l’innovazione e la ricerca nel quadro del prossimo QFP, la fiscalità in ambito digitale, l’introduzione di una Web tax come risorsa propria dell’UE; a promuovere lo stanziamento di risorse e la creazione di programmi europei per l’istruzione e la formazione tecnologica dei giovani e dei lavoratori, alla luce delle capacità richieste dal futuro mercato del lavoro, e in generale promuovere l’accumulazione di capitale umano; a sostenere l’attuazione efficace del regolamento generale dell’UE sulla protezione dei dati, entrato in vigore in tutta l’Unione il 25 maggio 2018, al fine di assicurare pienamente la trasparenza nell’uso dei dati da parte dei servizi di intermediazione online e delle piattaforme digitali, e soprattutto la tutela dei dati personali e della privacy; a promuovere ogni ulteriore azione per garantire il rispetto della vita privata dei cittadini, in particolare da parte dei social network e delle piattaforme digitali, attraverso l’adozione di un’efficace politica in materia di cybersicurezza. 4) Per quanto riguarda le prospettive finanziarie dell’UE e la governance economica dell’Unione: a favorire il raggiungimento di un accordo tempestivo sul prossimo quadro finanziario pluriennale che sia all’altezza delle sfide che l’Unione deve affrontare, proseguendo nella valorizzazione dei beni pubblici europei di nuova generazione (come innovazione e digitalizzazione, mobilità e occupazione giovanile, crescita sostenibile, cultura e identità europea), preservando al contempo il valore aggiunto determinato dalle politiche di coesione – favorendo, nell’assegnazione delle risorse, l’introduzione di criteri legati all’inclusione sociale, in particolare la disoccupazione totale e giovanile – e dalla politica agricola comune, nonché, più in generale, a sostenere la proposta di regolamento sulla condizionalità “rule of law” e la definizione di nuove risorse proprie nella prospettiva, anche futura, di un bilancio comune sempre più autenticamente europeo e di maggiori dimensioni; 9 a sostenere l’intensificazione nell’UE degli sforzi a favore del digitale e dell’innovazione, con specifico riferimento a questioni quali il mercato unico digitale, l’istituzione di un Consiglio europeo per l’innovazione, l’incremento dei fondi per l’innovazione e la ricerca nel quadro del prossimo QFP, la fiscalità in ambito digitale, l’introduzione di una Web tax come risorsa propria dell’UE; a promuovere lo stanziamento di risorse e la creazione di programmi europei per l’istruzione e la formazione tecnologica dei giovani e dei lavoratori, alla luce delle capacità richieste dal futuro mercato del lavoro, e in generale promuovere l’accumulazione di capitale umano; a opporsi a eventuali tagli sulla politica di coesione e agricola; a continuare a promuovere in sede europea la necessità di una nuova governance dell’Unione, anche attraverso una revisione delle regole di bilancio volta a conferire una maggiore centralità alla crescita economica, all’occupazione e all’inclusione sociale in un percorso sostenibile di riduzione del debito pubblico e a promuovere la nascita di una vera e propria fiscal stance europea, in grado di incidere sulla subottimalità di politiche fiscali esclusivamente nazionali (ad esempio favorendo maggiori investimenti da parte di paesi in strutturale ed ampio surplus delle partite correnti), al fine anche di favorire le politiche di convergenza macroeconomica; a sollecitare l’istituzione di un vero e proprio Ministro delle finanze incardinato nella commissione europea, e sottoposto al controllo democratico del PE. a farsi parte attiva dei negoziati, in continuità con quanto fatto dal 2014, sostenendo in sede europea le misure volte al completamento dell’Unione economica e monetaria che conducano ad una reale condivisione dei rischi oltreché una loro riduzione, sia favorendo il completamento dell’Unione bancaria attraverso in particolare un sistema unico di garanzia dei depositi, sia promuovendo la realizzazione di una vera Unione fiscale, che superi la logica intergovernativa, mettendo a disposizione dell’area euro risorse da usare per fini di stabilizzazione macroeconomica; a sostenere il rafforzamento e la trasparenza democratica dell’attuale funzione di assistenza finanziaria d’urgenza esercitata dal Meccanismo europeo di stabilità (MES), opponendosi però all’ipotesi di attribuire al MES i compiti di sorveglianza più pervasivi sui conti pubblici già esercitati dalla Commissione europea; a promuovere la trasformazione del MES in un vero e proprio Fondo monetario europeo che salvaguardi la stabilità anche per mezzo della definizione di nuovi strumenti di sostegno alle riforme strutturali, di stabilizzazione del livello degli investimenti in caso di shock asimmetrici e di un sistema di assicurazione ciclica contro la disoccupazione, sulla base delle proposte italiane già in discussione nelle sedi europee e dei pareri espressi dal Senato sul pacchetto di proposte della Commissione europea sul futuro dell’Unione economica e monetaria; a opporsi a qualsivoglia ipotesi che riguardi una regolamentazione in materia di concentrazione e livello di rischio dei titoli sovrani nei portafogli delle banche e di ristrutturazione dei debiti pubblici, entrambe potenzialmente devastanti per la stabilità finanziaria dell’Italia e dell’area euro, e a far sì che lo sforzo di riduzione dei crediti deteriorati nei bilanci degli istituti di credito non determini paradossalmente la nascita di ulteriori fragilità, ad esempio attraverso il nascere e consolidarsi di politiche pro-cicliche del credito; a monitorare costantemente e attentamente anche i rischi legati alle cosiddette attività Pillar 2 e Pillar 3, in quanto parimenti potenzialmente pericolosi per la stabilità finanziari; a sostenere nelle sedi europee valutazioni più eque degli squilibri macroeconomici tra i paesi dell’Unione, non più incentrate sul solo controllo del livello dell’indebitamento netto e del debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo, ma anche sugli eccessivi surplus delle partite correnti, da ridurre mediante richieste di misure di sostegno agli investimenti e alla domanda. 10 5) Per quanto riguarda le relazioni esterne: a reiterare il pieno supporto alla risoluzione 2166 ONU relativa all’incidente aereo del volo MH-17 e chiedere alle autorità russe la massima collaborazione nell’accertamento della verità; a dotarci di misure per proteggere investimenti italiani in Iran e per proseguire nel dialogo con questo Paese; a rispettare l’unità europea in merito alle sanzioni erogate alla Russia; a sostenere la posizione della Commissione volta a far pressione sull’Amministrazione statunitense – con azioni misurate, proporzionate e pienamente in linea con le regole del WTO – affinché le misure protezionistiche adottate siano ritirate al più presto e non si dia seguito a quelle ulteriormente annunciate, rimarcando coerentemente in sede europea gli effetti potenzialmente molto negativi per la nostra economia di grande paese esportatore di dazi e barriere al commercio; a supportare attivamente il lavoro della Commissione nel processo di negoziazione di positivi accordi di libero scambio con tutte le altre regioni o paesi – quali ad esempio Mercosur, Australia e Nuova Zelanda – con i quali sono in corso trattative.

MARCUCCI ALFIERI MISIANI PARRINI PITTELLA GINETTI MARINO RICHETTI MALPEZZI MIRABELLI VALENTE FERRARI COLLINA BINI CIRINNA’ ASTORRE BELLANOVA BITI BOLDRINI BONIFAZI CERNO COMINCINI 11 D’ALFONSO D’ARIENZO FARAONE FEDELI FERRAZZI GARAVINI GIACOBBE GRIMANI IORI LAUS MAGORNO MANCA MARGIOTTA MESSINA NANNICINI PARENTE PATRIARCA PINOTTI RAMPI RENZI ROJC ROSSOMANDO SBROLLINI STEFANO SUDANO TARICCO VATTUONE VERDUCCI ZANDA


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