“Dopo il caso Talpis, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) il 1 Febbraio 2018 ha nuovamente condannato l’Italia con una sentenza per violazione degli articoli 3 (tortura o trattamenti umani o degradanti) e 8 (diritto al rispetto della vita privata o famigliare) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.  La causa era stata intentata dai genitori di V.C., all’epoca dei fatti 15enne. La Corte ha rilevato che il procedimento penale relativo ai fatti è stato tempestivo, ma che il tribunale dei minori e i servizi sociali non hanno adottato immediatamente misure protettive adeguate nonostante la ragazzina fosse minorenne e fossero in corso procedimenti penali sulla sua condizione di sfruttamento sessuale, fino ad arrivare a subire una violenza di gruppo”. Lo rende noto la senatrice del Pd Francesca Puglisi, presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere.
“In particolare – spiega ancora Puglisi – la Corte ha rilevato che il tribunale dei minori ha impiegato più di quattro mesi a prendere una decisione, periodo durante il quale la ragazza è stata vittima di abusi sessuali e che, dopo la decisione del tribunale dei minori, i servizi sociali hanno impiegato più di quattro mesi per collocare la ragazza in un’apposita struttura, nonostante ulteriori richieste dei genitori e l’urgenza del caso. In conclusione, secondo la Corte, le autorità italiane non hanno agito con la necessaria diligenza e non hanno preso tutte le misure ragionevoli in tempo opportuno per prevenire gli abusi inflitti a V.C. Si tratta di una sconcertante vicenda che attesta l’urgenza di creare un’efficace rete di protezione e un adeguato coordinamento tra tutti gli operatori, giudiziari e dei servizi sociali. L’attivazione del processo penale, pur doverosa, non e’ mai da sola sufficiente a realizzare la tutela della vittima, specie se minorenne. La tempestiva  adozione di misure di protezione all’interno e all’esterno del processo deve costituire strumento irrinunciabile, oggetto di diffusa assunzione di responsabilità. Ciò che la Commissione ha rilevato e più volte denunciato è la carente formazione degli operatori della rete di prevenzione e di protezione delle donne, che indugiano, invece di agire con tempestività. Cosa ancora più grave se a patirne i danni è una minorenne. Ringrazio l’avvocataTitti Carrano, ex presidente Dire e l’avvocata Stefania Menichetti, per aver combattuto con tenacia per il riconoscimento di questa grave violazione dei diritti umani”.

 

Roma, 3 febbraio 2018


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