“Il disegno di legge all’esame dell’Aula del Senato, ha il pregio della chiarezza perché è stato ben scritto, è un testo che promuove la cultura delle Disposizioni Anticipate di Trattamento come pratica culturale e sociale, a partire dal principio che la medicina non cura la malattia, ma la persona ammalata. Ciascuno di noi è invitato a riflettere su se stesso, sulle cure mediche e sull’eventualità di non potersi più esprimere in materia, sulla relazione medico-paziente e anche sul come essere accompagnati verso la fine della vita. Le Dat hanno infatti il compito molto delicato e complesso di rendere ancora possibile un rapporto personale tra medico e paziente, proprio in quelle situazioni estreme in cui non sembra poter sussistere alcun legame tra la solitudine di chi non può esprimersi e la solitudine di chi deve decidere. Sono parole del Comitato nazionale di Bioetica del 2003 che mi sembrano molto attuali”. Lo dice la senatrice del Pd Laura Puppato, che ha parlato nell’aula del Senato sul biotestamento.
“Al contrario di quanto è stato detto dentro e fuori dall’Aula – prosegue Puppato – questo ddl riesce anche ad evitare il rischio dell’obsolescenza delle Dat, individuando nel medico il professionista che può disattendere le dichiarazioni, qualora appaiano incongrue rispetto alla condizione clinica e all’evoluzione sanitaria e scientifica. Per dirla con Reichlin ‘ i diritti senza la cura sono vuoti, la cura senza diritti è cieca’: un principio rispettato in pieno da questa legge di grande civiltà. Inoltre va ricordato sempre che si tratta di un’opportunità, non un obbligo e anche chi oggi la critica, domani potrebbe trarne motivo di serenità”.