Ieri ho dato dei ‘tifosi fanatici’ ai colleghi che nel Pdl insistono nel dichiarare e dunque credere possibile che qualcuno, in virtù di una presunta eccellenza (!?), possa essere autorizzato a non rispettare le leggi di uno stato.
Fanatico infatti è colui che, posseduto da uno zelo eccessivo e acritico, rinuncia a valutare le cose con obiettività. In politica si configura ancor meglio con la definizione del filosofo Santayana: «Il fanatismo consiste nel raddoppiare i tuoi sforzi quando hai dimenticato lo scopo ultimo del tuo impegno ». Mi sembra perfetto. 
Una parte politica dimentica il senso del suo esistere e si concentra sulla difesa del suo ‘mito’. Sarà importante che noi del Partito democratico non cadiamo nel tranello, voltando il viso dall`altra parte, negando una ri-emergenza democratica e lo scopo ultimo della nostra azione politica.
La ragione per la quale molti di noi dubitavano della possibilità di costruire una stabile azione di governo con il Pdl non stava nella diversa, in taluni casi opposta visione della società italiana e del mondo, ma piuttosto nello stile e nel modello di partito fin qui manifestato dal Pdl.
 L`abitudine a rendere prioritarie le infinite problematiche giudiziarie del proprio leader ha condizionato per oltre 15 anni il sistema giustizia in Italia. La necessità di prevedere corsie preferenziali nel campo dei tanti interessi legati allo stesso leader ha condizionato pesantemente le scelte di politica economica e ha reso nulla l`indispensabile azione di riforma dello stato.
Ora il Pd, il suo segretario Epifani e il presidente Letta dovranno riconfermare con forza e senza sconti la necessità di stare nelle istituzioni rispettandole, sempre e comunque.
Il valore e il senso del nostro stare nel centrosinistra dovrà essere evidenziato dalla nostra indisponibilità a cedimenti sul modello democratico.
Due sono gli ambiti di azione che dovremo attivare. Quello interno, nel quale sarà d`obbligo rendere attrattivo il Pd aprendoci senza timori alla contaminazione e al giudizio dei nostri elettori rendendo concreto lo statuto che abbiamo, rafforzando le aperture e il metodo del primarie. Non dimenticando di analizzare le cause della sconfitta politica di febbraio e, soprattutto, non dimenticando di ricercare le ragioni e i volti di un voto negato al nostro padre politico Romano Prodi quale presidente della repubblica.
Quello esterno dovrà volgere a rafforzare la capacità di dettare l`agenda di governo limitando l`azione dal punto di vista temporale e ponendosi l`obiettivo minimo della riforma elettorale e delle modifiche economiche indispensabili (in particolare la riduzione del cuneo fiscale).
Poco altro e poi il voto. Una convivenza trascinata nel tempo se non vi sono condivisioni sulla natura dello stato e sulla chiarezza degli intenti risulterebbe indigeribile agli italiani, prima ancora che ai nostri iscritti e sostenitori.
Meglio, molto meglio il coraggio di scelte difficili.

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