Grazie, caro Umberto Contarello. Grazie del pensiero, grazie degli auguri, grazie anche del “caro” con cui inizi la tua lettera di ieri sul Foglio. Saper giocare con
le parole non è da tutti. Utilizzarle per raccontare, emozionare, ispirare è un privilegio di pochi. E tu che hai questo talento ci fai un regalo condividendo i tuoi pensieri.
Anche quando riesci a coniare espressioni come “vuotanza” neologismo per esplicitare il sentimento di tanti, in questi giorni carichi di inquietudine. Vero, verissimo: c`è tanta opposizione “acquattata nel silenzioso sentire delle persone per bene”. Anche perché scandalizzarsi per questo governo non va ancora di moda. Certo, un giorno ci ritroveremo a pensare quanto sia clamoroso che in Italia ci si scandalizzi solo se a ciò espressamente autorizzati dal pensiero unico. I costituzionalisti gridavano contro l`abolizione del Cnel ma nelle ore dello svuotamento del Parlamento erano – evidentemente – tutti a fare i regali di Natale. I sindacati che facevano sciopero generale contro tutte le nostre manovre espansive devono essere ancora in settimana bianca. I professori che manifestavano contro la Buona scuola oggi tacciono davanti ai tagli sull`alternanza scuola lavoro,
sull`unità di missione dell`edilizia scolastica, sugli insegnanti di sostegno. In Italia sembra che scandalizzarsi sia consentito solo se va di moda. La protesta va bene solo se è à la page. Manca poco, però. Caro Umberto, manca poco alla fine dell`incantesimo.
Questo governo è un palloncino che sembra irraggiungibile ma può scoppiare all`improvviso. Tutta la loro maldestra arroganza, tutta la loro tracotante mediocrità non può reggere. Perché la realtà è implacabile, prima o poi ti presenta il conto. E già sono evidenti a occhio nudo le crepe dell`edificio gialloverde. Ma oggi nel tuo cuore, e non solo nel tuo, alberga la vuotanza. Manca la speranza, mancano leader in grado di incarnarla. Ed è vero: questaopposizione ha bisogno di politici che sappiano ritrovare la forza, il gusto di dire io. E io che faccio? Oggi dico io in modo diverso. Combatto una battaglia culturale, non solo con il documentario su Firenze ma con l`insistenza colpo su colpo nel complicato mondo dei social, nel dialogo con i ragazzi più giovani, nei discorsi in Parlamento. Dico io forte e chiaro ma gioco una partita diversa da quella che tanti si aspetterebbero. Non faccio falli di reazione contro chi mi ha scalciato da dietro. Finché la nostra priorità era cambiare l`Italia, le cose marciavano. Poi all`improvviso la sinistra ha cambiato obiettivo. I pensatori, i commentatori, i compagni di strada, i colleghi hanno deciso che cambiare il paese non fosse più la priorità, bisognava cambiare il carattere. Un carattere in particolare. Ok, forse quel leader aveva un caratteraccio. Ma pensando a cambiare carattere, stile, priorità ci siamo persi. E abbiamo perso. Succede, sono cose che capitano. Ora quella storia è storia. Cronaca, più probabilmente. Passato, comunque. Quando mi giro a guardarla, sempre più raramente, mi scappa un sorriso. Quante cose incredibili abbiamo fatto. Tutte cose che ci dicevano: “Questo non si può fare”.
E come bambini disobbedienti abbiamo toccato tutto quello che i grandi ci dicevano di non toccare, dalle banche popolari allo Statuto dei lavoratori, dalla parità di genere al merito nella scuola, dall`abbassamento delle tasse alla riforma del Titolo V. Abbiamo dato un scossa a questo paese. E lo abbiamo tolto dalla recessione in cui si trovava. Prima o poi ci verrà riconosciuto anche dai commentatori più implacabili. Ma la loro tardiva riconoscenza non ci appassionerà. Oggi tutte queste riforme, riuscite o fallite, sono ricordi. In politica la memoria è fondamentale, ma la nostalgia è inutile, forse persino dannosa. Oggi è tempo di scrivere una pagina nuova.
Davanti agli sciacalli e ai prestanome che guidano questo governo, la battaglia è culturale. Figurati se ho paura, Umberto. E certo non mi dimetto dall`Io. In questi anni ho sopportato il silenzio davanti a servitori dello stato che dicevano “Dammi le prove per arrivare a Renzi, devo arrestare Renzi”. Ho sopportato la calunnia sui bambini dell`Africa e sui voli di stato, sui regali di Natale e sui dati del Jobs Act. Ho sopportato i voltafaccia di chi per anni si stendeva adorante al mio passaggio e oggi finge di non avermi conosciuto e i tradimenti di chi ha ancora un presente in politica perché ho combattuto a mani nude per lui. Ti immagini se posso avere paura di mettermi in marcia?
Lo zaino è lì, sempre pronto, come ai tempi degli scout quando bastavano una bussola e una borraccia per renderci autonomi. Abbiamo tante storie “gonfie di fantasia” da raccontare e soprattutto da scrivere. Ma bisogna saper scegliere i tempi. La vuotanza serve soprattutto a questo, a capire i tempi giusti. La signoria del tempo sulla politica è implacabile. Tutto muta freneticamente, specie in queste ore. Quando arriverà il momento del viaggio, ci saremo. Però dobbiamo ancora chiarirci su un`ultima cosa: perché a me il “tuo” Kavafis – quello della Città – non piace granché. Non mi piace l`immagine del nostro cuore “come un morto sta sepolto”. Il “mio” Kavafis è quello di Itaca “Se per Itaca volgi il tuo viaggio, fai voti che ti sia lunga la via, e colma di vicende e conoscenze. Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi o Poseidone incollerito: mai troverai tali mostri sulla via, se resta il tuo pensiero alto e squisita è l`emozione che ci tocca il cuore e il corpo. Né Lestrigoni o Ciclopi né Poseidone asprigno incontrerai, se non li rechi dentro, nel tuo cuore, se non li drizza il cuore innanzi a te. Fai voti che ti sia lunga la via. E siano tanti i mattini d`estate che ti vedano entrare (e con che gioia allegra) in porti sconosciuti prima. Fa scalo negli empori dei Fenici per acquistare bella mercanzia, madreperle e coralli, ebano e ambre, tutta merce fina, anche profumi penetranti d`ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi, va` in molte città egizie, impara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca. La tua sorte ti segna a quell`approdo. Ma non precipitare il tuo viaggio”. Non possiamo precipitare il nostro viaggio, amico mio. Abbiamo tempo, entusiasmo, libertà. Abbiamo sogni e sappiamo come realizzarli. Abbiamo gambe e testa. Abbiamo voglia e un desiderio profondo di fare dell`Italia un giardino di opportunità anziché una gabbia di paure. Lo abbiamo iniziato a fare, continueremo a farlo. E lo faremo ancora meglio, facendo tesoro dei nostri errori.
Ma oggi precipitare il nostro viaggio significherebbe soltanto non partire proprio. E noi vogliamo partire, per arrivare. Per ritornare. Come a Itaca.
Buon 2019, caro Umberto.
Matteo Renzi


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