La cerimonia dell’alzabandiera, in piazza Unità d’Italia, ha ricordato oggi il 69° anniversario di Trieste all’Italia. Era il 26 ottobre del 1954 quando, in attuazione del “Memorandum di Londra”, l’intera zona A del territorio libero della città tornava a far parte integrante dello Stato italiano mentre passava definitivamente a far parte della Jugoslavia la zona B. “Credo che tutta Trieste non si ricordi un granché di questo anniversario, nel senso che è finita un’epoca – spiega a 9colonne Tatjana Rojc, senatrice Pd e rappresentante della comunità slovena in Italia – Tutti ricordano la centralità della città durante il governo militare alleato, poi con l’arrivo dell’Italia ha avuto inizio la ricostruzione del secondo dopoguerra. Ora guardiamo finalmente avanti, non pensando più a quello che è stato, al confine che ci ha divisi per tanti anni tra l’allora Jugoslavia e l’Italia, quindi abbiamo cominciato insieme al presidente Mattarella e al presidente Pahor a ricostruire non il passato, ma il futuro”. Il presente, però, significa la sospensione dell’accordo di Schengen tra Italia e Slovenia, su una rotta, quella balcanica, che il premier Giorgia Meloni ha definito la più rischiosa per le infiltrazioni terroristiche. “Lo spazio di Schengen intanto non si ferma alle spalle di Trieste, l’area Schengen si è spostata dal primo gennaio 2023 al confine tra Croazia e Bosnia, quindi semmai sarebbe da implementare l’aiuto alla Croazia per monitorare quel confine dove certamente passano gli immigrati – sostiene Rojc – Ma credo che i terroristi viaggino in business class, non certo con le biciclette o a piedi tra i boschi per cercare un futuro migliore. Interrompere lo spazio Schengen è un grave vulnus per il nostro territorio, che ha faticato a superare i traumi del novecento per guardare avanti”.
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