Un detenuto albanese ospite del carcere Lorusso-Cutugno di Torino, è in condizioni critiche, giunto a pesare appena 30 chili e ridotto in sedia a rotelle da più di un mese in sciopero della fame per il mancato trasferimento in Albania, da lui richiesto per terminare di scontare la pena nel proprio Paese. Trasferimento che però non avviene, pare, per una serie di motivi tra cui l’insufficiente capienza delle strutture carcerarie albanesi. Eppure, anche quelle italiane versano da anni in uno stato di sovraffollamento: su questo il Partito democratico, con una interrogazione a prima firma Anna Rossomando, ha chiesto lumi al GOVERNO in Senato, all’indomani tra l’altro delle parole del ministro Carlo Nordio alla Camera proprio sulla questione carceri. E le risposte, spiega Rossomando, “sono insufficienti, oserei dire allarmanti, perché sul caso specifico, nonostante l’attivazione seppure tardiva del ministero, apprendiamo che l’Albania, nonostante ci siano dei protocolli esattamente sul tema della richiesta di espiare la pena nel paese d’origine in Albania, non dà Risposte. Abbiamo da poco terminato di discutere su questo fantomatico accordo sul fatto che II migranti verrebbero trasportati e deportati in Albania e della collaborazione Italia-Albania, ma per una cosa molto più semplice, come una risposta per un albanese che vuole espiare la pena nel suo paese, non ancora abbiamo risposta. Quindi sulla collaborazione e sull’efficienza di questo tipo di rapporti diciamo che parla da sola la risposta del ministero”. Quanto alla presa in carico della situazione delle nostre carceri, Rossomando giudica anche in questo caso “preoccupante la risposta: si parla di protocolli generici, non c’è un numero, non c’è un provvedimento. E visto che parliamo proprio della questione del dramma nel dramma, cioè della questione delle persone in fragilità psichiatrica, con problemi di salute, nel caso specifico non c’è nessun provvedimento. Cito soltanto un numero: nella casa circondariale Lorusso-Cutugno, a fronte di 3500 interventi l’anno, ci sono soltanto 5 psichiatri. Non è ancora previsto un primo colloquio con il personale dell’Asl all’ingresso in carcere: nessun provvedimento, nessuna presa in carico”.
La vicepresidente del Senato sottolinea che “lo dicono anche i sindacati del personale penitenziario: i numeri sono del tutto insufficienti, risposte sempre generiche e continui provvedimenti, tra l’altro, che creano più reati, più carcere e non creano sicurezza. Ecco, questo lo vorrei sottolineare: quando la destra sventola sovente la bandiera della questione della sicurezza dei cittadini, quando non la usa per picchiare sull’opposizione, questo non è un atteggiamento che aiuta la sicurezza, perché condizioni umane nelle nostre carceri, il recupero delle persone che sono detenute in queste carceri, sono il primo presidio a tutela della sicurezza dei cittadini”. MELONI diceva tempo fa, che la soluzione è costruire più carceri: secondo Rossomando non può essere solo questo “perché quando si dice più carceri si sta dicendo che non ci si interessa assolutamente di cosa succede in quelle carceri, del trattamento delle persone trattenute. E il centro della questione è prevedere delle pene che siano alternative al carcere. C’è una civiltà giuridica del nostro paese, ci sono molte professionalità, ci sono eserciti di volontari che stanno dando un supporto, ma è evidente che non può essere questa la soluzione”.


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