‘La riforma della Pubblica Amministrazione che questo decreto prova ad anticipare in alcune sue linee necessarie ed urgenti e in attesa del provvedimento più organico che seguirà, è uno dei temi decisivi su cui misurare la capacità riformatrice non solo di questo Governo e di questo Parlamento ma di un’intera generazione politica e la sua ambizione di lasciare un segno non effimero nella storia politica del Paese. Sappiamo che una parte molto significativa del discredito della cosa pubblica nasce soprattutto dal rapporto sempre meno felice degli italiani con gli apparati amministrativi dello Stato, percepiti anch’essi come autoreferenziali e a servizio di proprie logiche di autoconservazione piuttosto che realmente a servizio del benessere dei cittadini. Ecco allora il senso della nostra sfida. Restituire qualità e dignità a quella che è ancora la più importante e decisiva infrastruttura pubblica del nostro Paese. Andare nella direzione della semplificazione in primis a favore dei più deboli, della trasparenza, del ricambio generazionale, del superamento dei privilegi, della digitalizzazione e della lotta alla corruzione come indica il provvedimento che stiamo per votare vuol dire allora proprio scardinare quei luoghi comuni che oggi mortificano i moltissimi qualificati servitori dello Stato che fanno – spesso nell’ombra – il proprio dovere e giustificano la richieste semplificatorie di chi vorrebbe solo tagliare e ridurre la macchina pubblica senza affrontare la fatica di una ben più utile e necessaria riqualificazione. Da qui il nostro supporto al Governo affinché persegua con determinazione gli obiettivi indicati anche con il lavoro sulla futura legge delega. Le proposte avanzate dal Governo in tema di ruolo unico della dirigenza, flessibilità nell’attribuzione degli incarichi, politiche retributive e percorsi di carriera collegati ai meriti e alle competenze, revisione della disciplina della responsabilità e incentivazione della mobilità ci trovano in piena sintonia. Una efficace riforma della Pa dovrebbe avere poi altre semplici linee guida: un tetto per gli stipendi; accorciamento della catena di comando; distinzione tra politica e amministrazione, e tra amministrazione e giurisdizione; professionalizzazione della dirigenza, scelta con i criteri costituzionali del concorso e dell’imparzialità; esclusività degli incarichi; mobilità. Da questo punto di vista, l’età media elevata della dirigenza pubblica rappresenta un’occasione storica e permette di sperare che la ‘staffetta generazionale’ giustamente enfatizzata dalla Ministra diventi realtà. Ma è chiaro che è necessario combattere una lotta senza quartiere alla corruzione. Da qui l’accresciuto ruolo dell’Agenzia Nazionale Anticorruzione e del suo presidente Cantone attraverso nuove funzioni in materia di trasparenza e prevenzione e la possibilità di ricevere di notizie di anomali e e irregolarità relative a contratti pubblici su tutto il territorio nazionale. E poi è necessario rispondere alla sfida ed alle potenzialità degli strumenti che la tecnologia mette a disposizione anche di una rinnovata amministrazione pubblica. In una valutazione largamente positiva di questo provvedimento non vogliamo tacere qualche criticità rispetto alla quale – come ha riconosciuto nella sua replica anche la Ministra – il Senato non ha potuto sostanzialmente intervenire per la compressione dei tempi necessari ad approvare il decreto prima della sua scadenza. La prima, non possiamo nascondercelo, è legata alla questione di ‘quota 96′ che anche oggi riempie le pagine dei giornali. Dobbiamo ammettere con franchezza che è una sconfitta per noi tutti, è una sconfitta per il Parlamento, seppure di fronte ad una responsabilità e ad errori che risalgono alla riforma Fornero. Bene ha fatto il presidente Renzi a confermare l’impegno del Governo a trovare una soluzione adeguata per chi ha subito un’oggettiva discriminazione, nel provvedimento che nel prossimo settembre metterà mano all’intero comparto scuola. Ma questo non deve far venir meno una profonda verifica delle nostre modalità del lavoro  e del rapporto che intercorre tra Camere ed Esecutivo con difficoltà che durano da più legislature. E lo diciamo perché vorremmo che fosse l’ultima volta in cui si debba sentir dire in quest’aula o nei media che la Ragioneria ha impedito un provvedimento su cui il Parlamento aveva deliberato. Questo non fa bene all’autorevolezza del potere legislativo, ma neppure agli altri settori dell’amministrazione pubblica. In secondo luogo vorremmo dire che non ci convince affatto la previsione riportata all’art 1ter e che prevede disposizioni in materia di prepensionamento del personale INPGI di aziende in ristrutturazione e riorganizzazione. Ci pare un pericoloso precedente e un rischio rispetto a condizioni di privilegio che rischiano di non apparire del tutto motivate. Confidiamo davvero che il Governo abbia modo di metterci mano in futuri provvedimenti’.

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