‘Chi governa ha il dovere di essere ottimista, di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, di fare appello alle comunque ingenti risorse materiali e immateriali di cui l’Italia dispone e che possono consentirle di riprendere il cammino dello sviluppo. L’ottimismo è anche un richiamo alla responsabilità, a non aspettare aiuti esterni, a rimboccarsi le maniche e a fare leva sulle nostre possibilità’.
Così in un’intervista a Rai News il vice presidente del Gruppo Pd al Senato Giorgio Tonini sull’azione del governo in vista della ripresa dopo la pausa estiva.

‘C’è, ovviamente molto di più – sottolinea il senatore Tonini – C’è in Renzi una forte e, in un certo senso, inedita consapevolezza della radice comune delle difficoltà che incontrano tutti i paesi europei a mettere in campo strategie di uscita dalla crisi e di ripresa della crescita e dell’occupazione. L’accostamento simbolico del nostro -0,2 per cento al -0,2 tedesco, negli ultimi dati trimestrali sull’andamento del PIL, sta lì a dimostrare che nessuno può farcela da solo, neppure la Germania; che tutti devono fare i compiti a casa, noi col nostro debito, la Francia col suo deficit, la Germania col suo surplus; e che senza una leva federale, un piano di massicci investimenti europei che ricreino una forte domanda interna, l’andamento dell’economia europea finirà per divergere in modo preoccupante, non solo da quello dei paesi emergenti, ma
perfino da quello degli Usa’.
‘Se una critica si può fare a Renzi e al governo – prosegue l’esponenre pd – è quella di aver sprecato troppo tempo e troppe energie in una inutile polemica con la Germania sui margini di flessibilità consentiti dai trattati, una questione intrinsecamente intergovernativa dalla quale ci si può attendere ben poco, al massimo qualche decimale di punto di sforamento sul deficit, e di aver lasciato sullo sfondo, almeno della comunicazione pubblica, la questione decisiva, tutta comunitaria e federale, di come “cambiare verso” alla politica economica europea, facendo come gli americani: applicare agli stati nazionali nel modo più severo la regola del pareggio di bilancio e della riduzione del debito, insieme alle relative riforme strutturali sul versante dell’offerta, ma rendere tutto questo sostenibile, attraverso l’utilizzo della forza dell’euro (in analogia con quanto fanno gli Usa col dollaro) per mobilitare capitali da utilizzare per il finanziamento di un vero e proprio New Deal europeo, centinaia di miliardi di euro per finanziare infrastrutture, riqualificazione del territorio, dell’ambiente e del patrimonio edilizio, ricerca e sviluppo, formazione superiore, cooperazione militare… tutti investimenti gestiti direttamente da un’autorità federale europea. Il nostro paese deve sfruttare l’occasione del semestre di presidenza italiana dell’Unione, che coincide con quello di avvio della nuova commissione e del nuovo parlamento, per imporre questa nuova agenda: capacità di bilancio dell’Eurozona e grande piano di investimenti, da finanziare attraverso la Bei, la garanzia della Bce e i project-bond’.

‘Il piano Juncker dei 300 miliardi va in questa direzione, come pure le ipotesi avanzate da Draghi sulla concertazione comunitaria delle riforme. I francesi condividono questa strategia e i tedeschi non possono più dire di no. Con Renzi l’Italia può dare un apporto decisivo a questa svolta storica: per l’Europa e non solo per l’Italia’ conclude Tonini.

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