Nell`ottobre 2019 Antonio Gozzini, 81 anni, uccide con 20 coltellate la moglie Cristina Maiolo, insegnante in pensione di 62 anni, dopo averla stordita con un matterello nel sonno. In primo grado la Procura di Brescia chiede l`ergastolo, ma la Corte d`Assise assolve l`imputato perché ritenuto infer- mo di mente, affetto da delirio di gelosia. Le perizie psichiatriche dei consulenti, sia della difesa che del giudice, infatti, avevano convenuto che l`uomo, pur non avendo mai mostrato prima segni di gelosia, non fosse in grado in intendere e di volere al momento del femminicidio, perché, affetto da gelosia patologica. La sentenza, già all`epoca, aveva suscitato indignazione nell`opinione pubblica e in particolare tra le associazioni femminili e femministe. Nella motivazione, tra l`altro, la stessa Corte di Assise aveva mostrato di preoccuparsi di costituire un pericoloso precedente, pur affermando il prevalente «principio di civiltà secondo il quale non può esservi punizione laddove l`infermità mentale abbia obnubilato nell`autore del delitto la capacità di comprendere il significato del proprio comportamento». Il femmicida, reo confesso, veniva così assolto e ricoverato in una Rems perché ritenuto socialmente pericoloso. Nel processo di appello, il Procuratore generale di Brescia è tornato a chiedere 21 anni di reclusione, ma la Corte d`Assise di Appello ha confermato in questi giorni l`assoluzione, ritenendo l`uomo infermo di mente al momento dell`uxoricidio in quanto affetto da gelosia patologica. Perché tutto questo è doppiamente pericoloso? Perché deve indurci a riflettere e a rabbrividire? A mio avviso per due buoni motivi: perché sta rientrando dalla finestra ciò che nel femminicidio era finalmente uscito dalla porta: la scusante della gelosia patologica. E perché in questo modo si assiste a una sorta di medicalizzazione del processo, che sposta la valutazione del reato dal piano giuridico, proprio dello stato di diritto, a quello sanitario. Mi spiego meglio. È bene ricordare che non è un caso che l`articolo 90 del codice penale espressamente dispone che «gli stati emotivi o passionali non escludono, né diminuiscono, l`imputabilità». Questo significa che la gelosia, sentimento passionale, non può essere un motivo per scagionare un uomo che ammazza una donna. Altrimenti si tornerebbe al delitto passionale e ogni
marito che si ritenga geloso potrebbe pensare di essere autorizzato a uccidere la consorte, sapendo di poterla fare franca. Ben diversa è l`ipotesi in cui quella condizione abbia determinato uno stato psichiatrico tale da escludere totalmente la capacità di intendere e di volere, anche temporanea, del reo.
E qui veniamo al rischio che intravedo: che la decisione sia interamente determinata dalle consulenze tecniche o perizie. La preoccupazione è che il giudizio sulla responsabilità penale per la morte di una persona, per l`uccisione della propria compagna o moglie sia demandato integralmente alle sole valutazioni extragiuridiche di alcuni psichiatri. Se il magistrato fonda la sua decisione sulle sole perizie psichiatriche penso che sostanzialmente abdichi al suo ruolo di giudice, di peritus peritorum e che il processo venga medicalizzato. Tradotto significa che da oggi in poi ogni avvocato difensore di un femminicida, anche se reo confesso, potrà invocare questa sentenza come precedente e, sulla base di una consulenza psichiatrica che ritenga la gelosia patologica causa di infermità mentale, possa fare scagionare l`assassino. È ciò che succedeva anche con la cosiddetta Sindrome di alienazione parentale (Pas) a cui ricorrevano ormai sistematicamente i difensori dei padri nei casi di affido dei figli nelle cause di separazione, anche in presenza di violenza domestica, per togliere i figli alle madri, fino a quando la recentissima sentenza della Cassazione sul caso di Laura Massaro ha imposto uno stop. È per questo che confidiamo nell`impugnazione della decisione da parte della Procura Generale di Brescia, perché riteniamo che anche in questo caso i giudici di legittimità della Corte di Cassazione sapranno riaffermare un principio cardine del nostro ordinamento giuridico: la decisione è del giudice, anche quando deve trovare fondamento su dati ed accertamenti di natura scientifica. Non è accettabile che un uomo geloso patologico abbia licenza di uccidere. Altrimenti le donne torneranno a essere uccise da compagni, fidanzati, mariti potendo contare su tesi e interpretazioni che sono soltanto il prodotto della cultura patriarcale.


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