“Il drammatico femminicidio di Amina Sailouhi, 43 anni, avvenuto a Settala, nell’hinterland milanese per mano del marito Khalid Achak, e denunciato alle autorità dalla figlia della coppia di appena 10 anni, deve far riflettere su quanto le istituzioni possano impegnarsi per evitare l’escalation di violenza contro le donne. Secondo quanto riportano gli organi di stampa, qualche anno fa la signora aveva denunciato i maltrattamenti subiti dal consorte dopo essere finita all’ospedale, senza che però scattasse alcun provvedimento da parte delle autorità competenti, nonostante l’uomo avesse anche precedenti di violenza accertata contro i vicini. Se questi fatti fossero confermati, è chiaro che saremmo di fronte a una sottovalutazione del rischio che correva Amina Sailouhi e della pericolosità sociale di Khalid Achak. E’ necessario sostenere tutte le autorità preposte, le istituzioni, la magistratura e le forze dell’ordine, nel lavoro necessario per riconoscere la violenza, saperla leggere, monitorare e fermare. Ancor più se avviene in contesti in cui le donne subiscono un doppio isolamento, a causa della lingua e della cultura di provenienza. E’ tragico che una bambina abbia dovuto trovare il coraggio, di notte, di chiamare i carabinieri perché la mamma era stata uccisa e si ritrovi oggi senza una madre né un padre. E’ inaccettabile che un’altra donna sia stata ammazzata dal convivente, nella dinamica tipica della violenza domestica di stampo patriarcale, che prevede un crescendo di angherie e che si può e si deve fermare, mettendo in salvo donne e bambini. Su questa vicenda stiamo presentando un’interrogazione parlamentare”. Lo dicono le senatrici del Pd Valeria Valente, componente della Bicamerale femminicidio e Simona Malpezzi, eletta in Lombardia, vicepresidente della Bicamerale infanzia e adolescenza.
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