A Venezia, come raccontato mercoledì dal Fatto, un uomo condannato a 6 anni per aver abusato di una bambina di 11 anni ha concordato in appello una pena di 3 anni e 8 mesi e non andrà neanche un giorno in carcere perché sconterà la pena ai domiciliari. Tutto grazie alla riforma Cartabia. La norma, che consente a un imputato in un processo di secondo grado di concordare con l`accusa una pena scontata, anche per reati come la violenza sessuale, gli atti sessuali con minori e la prostituzione minorile, era stata criticata prima della sua approvazione pure da Valeria Valente, senatrice del Partito Democratico, nella precedente legislatura presidente della Commissione d`inchiesta sui femminicidi e oggi membro della Commissione Affari costituzionali.

Senatrice, la norma è in vigore da pochi giorni e già si vedono le conseguenze…

Ero e resto perplessa. È sbagliato consentire che si possa procedere al concordato sulla pena, anche se in cambio vi è la rinuncia ai motivi d`appello e al ricorso in Cassazione. In questo modo si esclude la vittima dall`intera dinamica processuale. Anzi, la decisione rischia di passare sulla testa della vittima. Per quanto nobile sia l`intento di contrastare la lunghezza dei processi, in casi come le violenze di genere le priorità sono innanzitutto pene giuste e adeguate oltre che tempi processuali ragionevoli.

Lei si era espressa pubblicamente contro questa norma, quando era in fase di approvazione. Ha riferito i suoi dubbi alla ministra Marta Cartabia o ai suoi collaboratori?

Sì. Abbiamo avuto un confronto franco e positivo, ma i nostri punti di vista sono rimasti distanti, i miei rilievi non li hanno convinti. Governo e Parlamento hanno pensato che anche in questo caso la priorità restasse quella di abbreviare i tempi del processo. Il punto, però, per me, è che in questi casi l`obiettivo rischia di realizzarsi a scapito delle vittime.

I fautori di questa norma potrebbero obiettare che è possibile trovare un accordo equo…

Difficile che accada. In ambiti così delicati ci vogliono pm altamente specializzati. Ma noi sappiamo, anche grazie al lavoro della Commissione, che non sempre è così. Anche se le procure e le procure generali hanno fatto passi importanti in avanti, la realtà è ancora a macchia di leopardo. Ribadisco, il concordato non coinvolge la vittima ma solo l`accusa e la difesa.

Il concordato, quindi la riduzione della pena e la possibilità di non andare in carcere è possibile anche se l`imputato è un delinquente abituale…

E ciò è un`aggravante. Noi sappiamo che in questo ambito la recidiva è molto alta e, dunque, pene minime riducono anche i tempi di eventuali percorsi trattamentali che può fare questa tipologia di condannati durante l`esecuzione della pena. Anche per questo le pene minime rischiano di essere davvero pericolose e controproducenti.

Il Fatto ha raccontato che un imputato condannato per aver abusato di una bambina non andrà in carcere, grazie alla riforma, ma ai domiciliari, avendo ottenuto 3 anni e 8 mesi invece che 6 di pena. Cosa si sente di dire?

Siamo di fronte a una pena incongrua, ingiusta.

La norma è contraria alla Convenzione di Istanbul?

Sì, è contraria allo spirito di quella Convenzione, ratificata anche dall`Italia, che mette al centro la vittima e la sua tutela.

Lo Stato italiano ha fatto passi in avanti nella lotta alla violenza di genere, ma questa nuova norma è in controtendenza. È un passo indietro?

Lo è. Per quanto mi riguarda andrebbe corretta, senza se e senza ma.


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