“Il Parlamento ha un debito con la società italiana e anche con l’ordinamento internazionale. E questo debito va onorato: quello di introdurre nel nostro ordinamento con 20 anni di ritardo il reato di tortura”. Così il capogruppo del Pd in Senato Luigi Zanda interviene nell’aula di Palazzo Madama nel dibattito sul ddl tortura. Opponendosi alla sospensione sul provvedimento chiesta dall’opposizione, Zanda ha affermato che in Aula “è stato già ampiamente usato il nostro tempo in sedute precedenti e “ha già chiarito che esistono ragioni profonde” per arrivare alla determinazione del reato. “Sono in gioco due diritti egualmente fondanti la società: il diritto dello Stato a far valere con la forza le leggi ma anche un diritto altrettanto importante, l’utilizzo degli strumenti per far valere le leggi. Per questo il diritto di tortura deve essere definito”. Il capogruppo dem ha poi sottolineato l’enorme “differenza tra uso legittimo della forza e tortura”. “Noi siamo con le forze dell’ordine, le applaudiamo per il loro lavoro quotidiano e i loro tanti sacrifici. Volgiamo anche che il nostro Stato usi la forza ma che lo faccia legittimamente. L’Aula del Senato non sta parlando dell’uso legittimo della forza da parte delle forze dell’ordine. Questa deve poter essere usata se necessario per far rispettare le leggi. Ma la tortura no, la violenza no, le minacce inutili no”. Zanda si è quindi appellato all’Aula del Senato perché si voto e ha concluso: “Lo strumento del contingentamento dei tempi non mi piace, ma mi piace molto meno l’ostruzionismo”.


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