«Non giudico gli elettori, a mio avviso c`è stata una voglia di cambiamento che non ha premiato la pura protesta, per esempio della Lega. Il Pd deve ritrovare il legame con il territorio e recuperare dei valori ideali», osserva Luigi Zanda, capogruppo Pd al Senato.
Come valuta questo voto, che per il Pd ha rappresentato una sconfitta?
«È un risultato chiaro per alcuni versi, per altri dev`essere bene interpretato. È chiaro che i Cinque Stelle hanno vinto molto bene in due grandi città, Roma e Torino, e per il Pd è un risultato decisamente negativo. La Lega Nord ha perso fragorosamente, hanno perso Forza Italia, l`Ncd e altre formazioni politiche. A Roma si paga una condizione molto critica della città, e il Pd sconta sia proprie responsabilità che delle colpe non sue».
Quali sono, queste ultime?
«Il malgoverno del sindaco Alemanno, che ha provocato un danno strutturale a Roma, in cinque anni ha annullato i risultati positivi delle giunte Veltroni e Rutelli. Roma aveva risolto una parte ampia dei suoi problemi e con Alemanno è tornata in una condizione di disordine e di deficit dei grandi servizi pubblici essenziali».
Ha pesato molto Mafia capitale.
«Anche Mafia capitale è stata incubata dalla giunta Alemanno, per quel che riguarda il Pd romano si è trattato di un fenomeno in cui non è stato coinvolto nessun leader, né il vertice politico. È stato un metodo mafioso insinuatosi in pezzi dell`amministrazione, in piccoli imprenditori collusi con la criminalità. Ha riguardato personaggi del Pd come consiglieri municipali ma non dei leader. Certo è stato un fenomeno molto serio che è diventato sociale, politico e criminale».
A Torino la vittoria M5s è stata una sorpresa, cosa è successo?
«Qui il processo politico è molto diverso da Roma. A Torino Fassino ha perso nonostante sia stato un ottimo sindaco, ha fatto bene il suo lavoro, venticinque anni di giunte di sinistra hanno abbellito e trasformato positivamente la città, eppure ha prevalso la voglia del cambiamento».
Per superare la “vecchia” politica?
«Non do giudizi, non mi piace dividere la politica tra vecchia e nuova. C`è stata un`esigenza di cambiamento. E in periodi di grave crisi economica chi governa parte svantaggiato. Ma gli elettori hanno sempre ragione, hanno voluto cambiare, hanno vinto. Fassino avrebbe governato meglio ma ci auguriamo per Torino che il cambiamento abbia dei risultati positivi».
Cosa deve cambiare nel Pd?
«Io credo nella funzione dei grandi partiti di massa, nelle democrazie. E scelgo sempre il partito “solido” rispetto a quello “liquido”. Il Pd deve fare un grande lavoro, rinforzare la sua rete provinciale e regionale, tornare nelle sezioni e nei circoli, valorizzare la sua grande penetrazione in tutto il territorio nazionale. Perché con il tramonto delle ideologie si è perso il collante ideale, e la moda del partito liquido ha fatto venir meno la tenuta organizzativa. Ecco, sono questi due punti da recuperare: i valori ideali da un lato, e l`organizzazione dall`altro».
Nella minoranza dem c`è chi chiede che non ci sia più il doppio incarico di premier e di segretario dem.
«Il Pd deve fare il referendum e subito dopo il congresso. Che va ben preparato, non dev`essere solo un rito formale. È un momento importantissimo in cui discutere anche la coincidenza dell`incarico di premier e segretario, a cui sono sempre stato favorevole. Le ragioni per cui lo abbiamo previsto nello Statuto sono valide tutt`ora, perché con un sistema politico fragile come quello italiano il Pd ha interesse ad affidare democraticamente ad un vertice solido il compito di affrontare i problemi del paese».
Il referendum ora è un passaggio più difficile, per Renzi?
«Trasformare il referendum sulla Costituzione in un sì o no a Renzi sarebbe un errore grave. Si tratta di una riforma molto importante e gli elettori devono giudicare la riforma, non il governo».


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