“È evidente che dagli interventi della Lega ieri in Parlamento è arrivato, sul PNRR, un warning a Fitto e al governo. ‘Rivediamoci a settembre’. È evidente, e bastava leggere le parole del presidente della Conferenza delle Regioni Fedriga sul Corriere, per capire che anche nella maggioranza c’è molta preoccupazione sul definanziamento e sulla modifica dei progetti già avviati, operazione che colpisce comuni e regioni che poi hanno il compito di mettere quei progetti a terra.
La nostra critica al governo è netta perché pensiamo che il governo non ce la farà a portare a termine il percorso del PNRR che, ricordo, FdI e Giorgia Meloni non hanno mai votato in Italia e in Europa. Non tifiamo per la disfatta ma per quello insistiamo nel chiedere un cambio di rotta e il coinvolgimento degli enti locali. Lo chiedono anche i sindaci e gli amministratori del centrodestra. Ci sono 13 miliardi di risorse previsti per i comuni che vengono definanziati e che non si sa come verranno rimpiazzati, perché l’Ufficio studi del Parlamento ha già detto che non potranno essere utilizzati i FSC. Quindi i soldi per quei progetti non ci sono”. Così il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia questa mattina a Omnibus su La7.
“È stato molto grave cancellare il Rdc ed è una follia averne dato comunicazione con un sms. Quelle 169 famiglie che hanno ricevuto il messaggio oggi hanno il problema delle bollette e di mangiare. Questo è il tema. Purtroppo quello che è successo è la sintesi di cosa pensa la destra oggi in Italia. Punire e colpire chi non ce la fa. Gli avversari sono i poveri, il Sud, gli enti locali. Ma gli ultimi degli ultimi non li puoi schiacciare così. Poi si vuole modificare, migliorare lo strumento di sostegno? Facciamolo. Ma cancellarlo così è una barbarie, è crudele. E discutiamo delle politiche attive del lavoro. Ma ora ci sono i sindaci con le persone fuori dalla porta, con le tensioni sociali che si scaricheranno, come raccontano le cronache di queste ore, sui comuni”.
“L’autonomia differenziata di Calderoli ormai è merce di scambio all’interno della maggioranza. È un ‘do ut des’ in cambio di una poco chiara forma di presidenzialismo.
Quello che è chiaro per noi è che il Presidente della Repubblica deve restare il garante della nostra Costituzione”


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