Il mese di maggio si è aperto all’insegna della vittoria elettorale di Matteo Renzi al Congresso del Pd. Un’affermazione che in Italia e tra gli elettori PD nel mondo è stata netta, sia in termini percentuali che assoluti di partecipazione. Oltre un milione ed ottocento mila persone hanno votato alle primarie del PD, lanciando un segnale positivo non solo rispetto alla voglia di partecipazione che c’è all’interno del Partito Democratico, ma anche segnando un’ inversione del trend antipolitico che nell’ultimo anno ha sembrato prendere il sopravvento. L’affermazione indiscutibile di Matteo Renzi nei collegi europei e più in generale in quelli esteri premia l’europeismo nella linea del Segretario. Si afferma una visione politica che vede nell’Europa delle persone (e non più solo in quella delle istituzioni) il luogo in cui affrontare temi che quotidianamente incidono sulla vita dei cittadini europei e sulle politiche degli stati membri. Nelle stesse ore, la vittoria di Macron alle presidenziali francesi accende un’ulteriore speranza in questo senso, perché, nella chiara vittoria contro il populismo nazionalista di Marine Le Pen, essa rafforza la visione che esiste una strada europea per affrontare le grandi sfide che avranno di fronte gli Stati Membri.
Proprio nei giorni in cui viene certificato che la popolazione dell’India ha superato quella cinese con quasi 1,4 miliardi di persone appare chiaro che l’Europa, una comunità di poco più di 500 milioni di cittadini, ha bisogno di tutta la sua capacita di coesione e di valorizzare le differenze, per poter essere competitiva a livello globale. L’alternativa è l’irrilevanza e la decadenza o ancora peggio la subalternità alle altri grandi potenze. La brutalità dell’approccio della nuova amministrazione USA e quella già nota del Governo Russo dimostrano tutti i rischi di questo scenario. L’Europa – premio Nobel per la Pace e laboratorio di tolleranza e dialogo – deve poter levare la sua voce in modo chiaro e autorevole. Per questo motivo non ci si può che rammaricare ancora una volta per la Brexit che appare una ferita del tutto irragionevole al lento percorso di costruzione e integrazione europea. E’ importante che l’Italia e le istituzioni europee siano vicine e tutelino gli interessi e i diritti dei loro cittadini che vivono nel Regno Unito. Molti sono gli amici, sia italiani che inglesi, che abbiamo in quel bellissimo e grande Paese e a loro va tutta la nostra amicizia anche in queste ore un po’ amare.
Il dibattito politico italiano sembra avvitarsi sul tema della legge elettorale: sono talmente tante le formule e le proposte che francamente è difficile districarsi e non farsi venire il mal di testa. Ne parlerò in una prossima newsletter. Ritengo si possa dire sin da ora che i rischi di trovarsi nella palude che molti di noi avevano paventato durante il dibattito sulla riforma costituzionale si stanno puntualmente concretizzando. L’Italia va dritta verso una situazione in cui per governare sarà necessario ricorrere a maggioranze spurie e innaturali oppure ad una in cui i micro partiti che rappresentano gli interessi di ristretti gruppi di influenza saranno determinanti nell’azione di governo. Un ritorno al passato che non fa bene né all’Italia né all’Europa. Guardiamo con un pizzico di invidia alla Francia che con il sistema del doppio turno ha saputo indicare in tempi rapidi sia le preferenze per i singoli partiti che la guida unitaria del Paese; da noi la corte Costituzionale ha detto che non è possibile ma francamente più ci si pensa meno se ne capisce il perché.
Infine voglio ricordare la bellissima riflessione che ci ha offerto Barack Obama nel corso della sua visita a Milano, magistralmente organizzata da Seeds and Chips di Marco Gualtieri: una grande lezione sui principali problemi che i Paesi avanzati dovranno affrontare: dalla sfida di trovare alimenti per oltre 7 miliardi di persone a quella di fornire loro un cibo salutare, all’impatto che i mezzi di produzione agroalimentare (e quelli di smaltimento dei relativi rifiuti) avranno sul clima, agli effetti che tali politiche determineranno sui processi migratori e sulle relazioni tra Sud e Nord del Mondo. Sono stato felice di incontrare il Presidente Obama e di ascoltarlo: mi auguro che la grande amicizia che ha mostrato verso Matteo Renzi sia il segnale che si stia costruendo una grande alleanza tra i maggiori leader progressisti (tra i quali annovero anche Justin Trudeau e Emmanuel Macron) che possa rappresentare una realistica alternativa alle politiche un po’ disperanti dei profeti del populismo e del nazionalismo (spesso un po’ razzista) che oggi, grazie alla perdurante crisi economica, sembrano trovare tanto ascolto. E’ un orizzonte lontano, una meta faticosa da raggiungere ma non abbiamo più tempo da perdere, dobbiamo avanzare e metterci #incammino.


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