DISEGNO DI LEGGE
Modifiche al codice penale, al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e al decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, in materia di responsabilità penale e amministrativo-contabile dei sindaci

d’iniziativa dei senatori:

PARRINI
MIRABELLI
ZANDA
MANCA
COMINCINI
FERRARI
BITI
VALENTE
MARCUCCI
PITTELLA

Onorevoli senatori. – Il disegno di legge interviene sul regime della responsabilità penale e amministrativo-contabile dei sindaci.
Negli ultimi anni, mentre si faceva più delicato e complesso l’esercizio delle funzioni di sindaco, si è assistito a una progressiva sofferenza delle norme e dei criteri dettati in materia di responsabilità dei medesimi. L’evoluzione del quadro politico-istituzionale, le innovazioni in materia di disciplina delle autonomie, unitamente all’accresciuta visibilità politica di sindaci ha infatti comportato che – molto spesso – il sindaco venga ritenuto responsabile per eventi o accadimenti sui quali non ha pieno controllo, proprio in conseguenza dell’accresciuta complessità della regolazione e dei compiti amministrativi e, in molti casi, della stessa struttura organizzativa dell’amministrazione comunale.
A ciò è conseguito spesso il crescente timore – da parte dei sindaci – verso l’assunzione di decisioni di particolare complessità (il cosiddetto timore della firma) ma anche, non di rado, la reticenza di cittadine e cittadini a candidarsi a ricoprire una carica che, invece, continua a rappresentare un fondamentale presidio di prossimità democratica, punto di riferimento per le comunità. Il sindaco resta, per le cittadine e i cittadini, il primo volto della Repubblica e delle sue istituzioni. Per questo, è necessario fare in modo che le norme e i criteri che disciplinano la responsabilità penale e amministrativo contabile vengano adeguate alla diversa fisionomia ormai assunta dalla figura del sindaco e dalla molteplice complessità dei suoi compiti e funzioni.
Paradigmatica, in questo senso, la vicenda del delitto di abuso di ufficio: l’accrescersi della complessità tecnica della regolazione amministrativa e delle norme di condotta esigibili dal sindaco ha comportato la sempre più frequente contestazione di tale fattispecie ai sindaci, anche in casi nei quali non risulta immediato – nella concretezza della prassi – il nesso tra la realizzazione della fattispecie e l’effettiva autorialità del fatto.
Esempi analoghi possono essere fatti in relazione alla responsabilità amministrativo-contabile. E anche – e soprattutto – in relazione alla contestazione ai sindaci di condotte omissive improprie, facendo derivare la loro responsabilità dall’esistenza di una posizione di garanzia – desunta dalla loro responsabilità politica generale ai sensi dell’articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000 – con correlativi penetranti obblighi di protezione.
In questi tre ambiti interviene il presente disegno di legge, che modifica la fattispecie di abuso d’ufficio prevista dall’articolo 323 c.p. e i criteri di imputazione della responsabilità penale omissiva e di quella amministrativo-contabile, per meglio ritagliare sulla figura del sindaco la relativa disciplina.
In questo quadro, il disegno di legge individua un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza – che non viene misconosciuta né, tantomeno, banalizzata – di preservare la legalità dell’azione politico-amministrativa e la corrispondente garanzia della sicurezza della comunità e la necessità di evitare che dalla carica di sindaco derivino forme, più o meno mascherate, di vera e propria responsabilità oggettiva per qualunque evento si verifichi sul territorio comunale o per qualunque danno provocato dall’azione amministrativa all’erario.

Se, peraltro, resta doverosamente invariata l’imputazione a titolo di dolo, il disegno di legge dedica particolare attenzione alla definizione del perimetro della colpa grave, con specifico riferimento alla precisa e tassativa individuazione di quelle norme o regole di condotta la cui violazione integra imputazione a titolo di colpa grave.
L’intervento si muove, così, in una direzione almeno triplice. In primo luogo, la violazione che dà luogo a colpa grave deve riguardare norme relative a competenze espressamente attribuite al sindaco. In secondo luogo, deve trattarsi di norme che non lascino al sindaco margini di discrezionalità. In terzo luogo, deve trattarsi di disposizioni contenute in leggi o atti aventi forza di legge.
Per quel che riguarda, specificamente, l’intervento in materia di abuso di ufficio, l’articolo 1 interviene sull’articolo 323 c.p. specificando, con una disposizione specificamente riferita ai sindaci, che la violazione di regole di condotta di cui al comma 1 si deve intendere riferita a norme relative a competenze espressamente attribuite ai sindaci. L’intervento mira così a completare – con riferimento alla figura del sindaco – l’evoluzione normativa già in atto, concretizzatasi da ultimo nella riforma di questa fattispecie di reato ad opera dell’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120. Già in tal sede, infatti, si era opportunamente sostituito, ai fini dell’integrazione della fattispecie, il riferimento generico alla violazione di “norme di legge o di regolamento” con il riferimento alla violazione di “specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”. In linea con lo spirito di tale modifica, il disegno di legge ancora – per il sindaco – le ridette regole di condotta al quadro delle competenze legislativamente attribuite al sindaco medesimo.
L’articolo 2 interviene a temperare le regole che presiedono all’imputabilità del sindaco per condotte omissive improprie, per effetto della combinazione tra l’articolo 40, comma 2, c.p. e le disposizioni dalle quali si desume la sussistenza – in capo al sindaco – di una posizione di garanzia con correlati obblighi di protezione. L’orientamento della giurisprudenza in materia è oscillante e, in non pochi casi, rischia di avvicinare il criterio di imputazione a quello di una vera e propria responsabilità a titolo oggettivo. Alla generale affermazione secondo cui “il Testo Unico degli Enti Locali, nello stabilire che il primo cittadino è l’organo responsabile dell’amministrazione del comune, determina il sorgere, in capo al sindaco, di una posizione di garanzia”, con conseguenti oneri di vigilanza e controllo sull’operato di dirigenti e dipendenti del comune, tali da configurare, in caso di violazione, la responsabilità a titolo omissivo improprio per l’evento (così ad es. Cass. penale sez. IV, 12/01/2016, n. 20050) si accompagnano di frequente interpretazioni più penetranti e afflittive: si pensi, a mero titolo di esempio, a quanto affermato in massima da Cass. penale sez. IV, 16/02/2018, n. 14550, secondo cui “ai fini dell’operatività della c.d. “clausola di equivalenza” di cui all’articolo 40, comma 2, c.p., non è necessario che il titolare della posizione di garanzia sia direttamente dotato dei poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, essendo sufficiente che egli disponga dei mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad impedire l’evento dannoso”. O ancora, a quanto affermato – sempre in massima – da Cass. penale sez. IV, 26/09/2018, n. 58243, secondo cui “il sindaco, in base agli artt. 50 e 54 t.u. enti locali, è titolare di una posizione di garanzia a tutela dell’incolumità pubblica in quanto, pur essendo privo di poteri di concreta gestione, deve svolgere un ruolo di vigilanza e controllo sull’operato dei suoi dirigenti, e dispone di mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad impedire eventi dannosi nonché del potere sostitutivo di intervento nelle situazioni contingibili e urgenti”.
Una così estesa interpretazione del criterio di imputazione a titolo omissivo improprio comporta una commistione tra l’ambito della responsabilità politica del sindaco e quello della responsabilità penale, facendo discendere impropriamente dalla prima una incontrollata estensione dell’ambito di incidenza della seconda. E comporta, molto spesso, che il sindaco venga fatto oggetto di indagine in sede penale anche in casi nei quali il nesso di causalità tra la posizione di garanzia e il verificarsi dell’evento appare del tutto evanescente. Ciò incide in maniera intollerabile sulla serenità che deve essere garantita ai sindaci nell’esercizio delle proprie funzioni e impedisce, in ultima analisi, che il sindaco possa svolgere in pienezza il proprio mandato democratico.
Per tutti questi motivi, l’articolo 2 del disegno di legge – mutuando la formula introdotta in occasione della richiamata riforma del reato di abuso d’ufficio – precisa che l’imputazione a titolo omissivo improprio può avvenire, per il sindaco, solo nel caso di dolo ovvero di colpa grave derivante, però, dalla violazione di “specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge, che siano relative a competenze espressamente attribuite al sindaco e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”.
Si garantisce, in tal modo, una più sorvegliata ricostruzione del nesso di causalità omissiva, allontanando l’ipotesi di impropri sconfinamenti nell’area di una responsabilità quasi oggettiva che, come accennato, rischia di spostare in sede penale l’esazione della responsabilità politica del sindaco (la quale invece, come noto, si esige nei canali imposti dal rapporto democratico-rappresentativo).
L’innovazione in parola non è stata inserita nel codice penale ma, come disposizione speciale derogatoria, nell’articolo 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000, vale a dire nel corpo della disposizione dalla quale viene desunta di regola l’esistenza della posizione di garanzia in capo al Sindaco.
L’articolo 3, relativo alla responsabilità amministrativo-contabile, prevede la stabilizzazione (senza termini temporali e per i soli sindaci) della disposizione introdotta dall’articolo 21, comma 2, del decreto-legge. n. 76 del 2020. Tale disposizione, come noto, prevede che “fino al 30 giugno 2023, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta”. L’articolo 3 inserisce un ulteriore comma al richiamato articolo 21, a mente del quale il termine del 30 giugno 2023 non si applica qualora l’azione di responsabilità erariale sia esercitata nei confronti del sindaco. Per l’effetto, pertanto, ai sindaci potrebbe essere imputata la responsabilità erariale solo a titolo di dolo, senza limiti temporali.

Art. 1
(Modifiche all’articolo 323 del codice penale, in materia di abuso di ufficio)
1. All’articolo 323 del codice penale, dopo il primo comma è inserito il seguente: “Quando l’autore del fatto di cui al comma primo è sindaco di un comune, la violazione delle regole di condotta di cui al medesimo comma si intende riferita a disposizioni relative a competenze espressamente attribuite al sindaco.”.

Art. 2
(Responsabilità penale del sindaco)
1. All’articolo 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo il primo comma è inserito il seguente: “1-bis. La disposizione di cui all’articolo 40, comma 2, del codice penale non si applica al sindaco per eventi che si siano verificati nel territorio comunale, salvo il caso in cui sia provato il dolo o la colpa grave, derivante dalla violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge, che siano relative a competenze espressamente attribuite al sindaco e dalle quali non residuino margini di discrezionalità.”.

Art. 3
(Modifiche al decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, e al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di responsabilità amministrativo-contabile del sindaco)
1. All’articolo 21 del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, dopo il comma 2 è inserito il seguente: “Il termine di cui al comma 2 non si applica qualora l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sia esercitata nei confronti del sindaco”.


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