L`Italia è un paese libero, ma esisiste l`omofobia e chi
ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza».
Queste parole, le parole di Simone, 21 anni, romano, omosessuale,
morto suicida, parole che sono un atto di accusa estremo verso
il sistema Italia, hanno riecheggiato ieri sera a Roma tra i partecipanti
alla mobilitazione contro omofobia e transfobia promossa dal Gay center.

In un piccolo tratto di strada dietro il Colosseo, l`unico che nella
città eterna si può apertamente chiamare gay street, si sono ritrovate
donne e uomini, ragazze e ragazzi, eterosessuali, omosessuali, trans,
persone unite, tra rabbia, indignazione e speranza, da una comune
tensione a cambiare le cose. È un mondo brutto quello che
porta un ragazzo a suicidarsi per una assurda, meschina, colpevole
discriminazione. Un mondo che opprime, che deride e mette all`angolo,
che limita e giudica: questo siamo oggi. Quando una ragazza o un ragazzo
si scopre omosessuale, spesso nell`età fragile in cui si forma la propria
personalità e si è più esposti al giudizio degli altri, in Italia si trova
circondato da ignoranza e intolleranza. Secondo un`indagine del Gay
center su quattromila studenti tra i
14 e i 18 anni i15% si dichiara omosessuale e, tra loro, uno su tre ha
pensato almeno una volta al suicidio. E per settanta ragazzi su cento
la scuola e la famiglia sono i luoghi principali di discriminazione.

Siamo un paese che si nasconde dietro una normalizzante e ipocrita
rappresentazione collettiva, che si perpetua nella rassicurante discriminazione
del diverso, salvo trovarsi squarciata, esposta nella sua mostruosità,
davanti al silenzio dell`iltivo di una vita che non c`è più. Simone,
e prima di lui altri, hanno preferito sparire per sempre piuttosto
che essere ogni giorno umiliati nell`espressione viva della propria
umanità, affettività, sessualità.
Quando siamo diventati un paese
così? Come possiamo continuare a far finta di niente? Me lo chiedo da
cittadina e da senatrice, sapendo che il ruolo che ricopro mi presenta
concrete e pesanti responsabilità.
Non possiamo più aspettare,
dobbiamo aggiungere – e mi impegnerò per questo – alle urgenze economiche,
sociali e del lavoro, come ambiti su cui l`azione di governo e
parlamento deve essere decisa e rapida, la stringente necessità di restituire
all`Italia la civiltà dell`uguaglianza, della libertà, del rispetto.

Abbiamo iniziato in questi mesi a lavorare sui diritti delle donne, per
contrastare il femminicidio e lavorare sul piano normativo, educativo e
culturale per affermare una parità fondata sul riconoscimento delle
differenze e portatrice di vere libertà. Il contrasto alla discriminazione
omofoba deve unirsi a questa battaglia. Poi serve una legge che riconosca
le unioni di fatto e garantisca i diritti delle coppie omosessuali.
Ma l`azione normativa non basta, occorre agire sul cambiamento
culturale, per diffondere il valore delle differenze di genere e renderlo
fondamento di una nuova, sana e rispettosa, abitudine al convivere, a
partire dalla scuola. Dobbiamo smettere di avere paura, non temere
di sfidare vecchi tabù, riattivare il dibattito e lanciare una stagione dei
diritti e delle libertà. Siamo impegnati per un nuovo racconto della
cittadinanza dell`Italia e della dignità di tutti.

Si dice che questi siano temi etici. Ma l`etichetta di temi etici serve
a nascondersi – a nasconderci – da cose che nella vita delle persone sono
concrete, reali, presenti nella vita di tutti i giorni, che riguardano
l`uguaglianza, e che per questo devono
essere parte fondante, della responsabilità che compete a chi rappresenta
le istituzioni e a chiunque crede nell`Italia.

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