“Cronache un po’ surreali dalla commissione Affari Costituzionali del Senato dove si discute di premierato. Nella bozza di ddl costituzionale si legge che, se il Parlamento ‘revoca la fiducia al Presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere’. Un comma chiaro che conferma la primazia del Presidente del Consiglio sul Parlamento. Il problema sorge alla riga dopo: Se invece il Presidente del Consiglio si dimette ‘volontariamente’ cosa accade? Il secondo comma dice che ‘Può proporre lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica’. Ma quest’ultimo è obbligato a sciogliere? A rigore, una proposta può ricevere anche una risposta negativa, altrimenti non è una proposta… E se si dovessero prendere sul serio le parole della Ministra e del Governo con le quali si è sostenuto che la riforma non intacca in alcun modo gli attuali poteri del Presidente della Repubblica, la risposta sarebbe obbligata: il Presidente della Repubblica può tranquillamente respingere la proposta del Presidente del Consiglio dimissionario. Ancora più difficile da capire è cosa accada qualora il Governo veda respinta una propria proposta di legge sulla quale ha posto la fiducia: si deve dimettere e si sciolgono le Camere? Oppure si deve dimettere ma può nascere un altro governo (il secondo o magari il terzo, il quarto…). E il nuovo governo incontrerebbe dei limiti? O in questo caso verrebbe meno anche il vincolo dell’individuare il nuovo Presidente del Consiglio tra i parlamentari eletti nelle liste collegate al primo premier? E con esso il vincolo di perseguire il precedente programma? Oppure ancora – come hanno sostenuto alcuni illustri esponenti della maggioranza – si deve ritenere che il voto contrario su una proposta sulla quale è stata posta la fiducia, non comporti alcun obbligo di dimissioni? Riassumendo: totale confusione sotto il cielo. E con essa il rischio di rendere la nostra democrazia, non solo meno partecipata, e plurale, ma ancora più conflittuale e fragile”. Lo scrive in una nota il senatore Andrea Giorgis, capogruppo Pd in commissione Affari Costituzionali.


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