“L’appello dei pedagogisti per vietare
lo smartphone prima dei 14 anni e l’uso dei social prima dei 16
e’ molto coraggioso e condivisibile. Non possiamo continuare a
parlare di un allarme rispetto alla condizione degli adolescenti
e poi non intervenire. Credo che regolamentare l’uso di
smartphone e social non significhi essere contro la tecnologia
e neppure voler far crescere i figli fuori dal tempo. Significa,
semplicemente, dare una risposta a un problema evidente e ormai
certificato dagli studi”. Lo scrive in una nota Simona Malpezzi,
vicepresidente della commissione bicamerale infanzia e
adolescenza.
“Negli ultimi anni tutto e’ accaduto molto velocemente –
aggiunge – dal 2013 i problemi degli adolescenti sono aumentati:
lo racconta molto bene lo psicoterapeuta Jonathan Haidt nel suo
un saggio, La generazione ansiosa e lo registrano le ricerche
dei neuroscienziati. Lo smartphone sta cambiando il modo di
interagire e socializzare, genera dipendenze, porta ad
alterazioni della materia bianca in aree cerebrali centrali per
l’apprendimento della lettura e scrittura. Sostenere l’appello
di Daniele Novara, Alberto Pellai e tanti altri pedagogisti,
educatori e terapeuti non significa essere anti-storici o
anti-tecnologici, ma ascoltare quello che dice la scienza,
impedendo che lo sviluppo cognitivo degli giovani e la loro
socialita’ venga no alterati negativamente”.
“Bisogna intervenire perche’ cio’ che e’ mancato e’ accompagnare
un processo che nessuno conosceva e di cui non si sapevano gli
esiti. L’appello ‘Smartphone e Social Media: ogni tecnologia ha
il suo giusto tempo’ ci porta nella direzione giusta per
cambiare quello che non va. Il Parlamento sta portando avanti
una riflessione bipartisan grazie ai disegni di legge Madia e
Mennuni che mirano a tutelare i minori nell’uso dei social
media. E’arrivato il momento di occuparsi seriamente di questo
problema, insieme”, conclude.


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