Disponibili “a un confronto vero sì. A
fare da sponda a imposizioni mascherate no”. Dario Parrini, senatore
Pd che domani farà parte della delegazione all’incontro con il
ministro Elisabetta Casellati, risponde così all’Adnkronos
sull’atteggiamento dem rispetto al confronto sulle riforme.
Senatore Parrini, sembra raccogliere consensi, anche nel Terzo Polo,
l’ipotesi del premierato. Sareste favorevoli all’elezione diretta del
premier? “Sono favorevole a un premierato serio di tipo europeo. Sono
contrario a trovate caserecce come il Sindaco d’Italia, slogan tanto
bello quanto vuoto e superficiale. Prima di tutto cerchiamo di evitare
il provincialismo. In quanti Paesi europei c’è l’elezione diretta del
premier sul tipo di quella dei sindaci? In nessun Paese. In quanti
Paesi europei premierato significa elezione diretta del premier? In
nessun Paese.”.
E allora quale forma di premierato? “Il premierato è una forma di
governo parlamentare basata su una posizione di forza del premier che
nella maggior parte dei casi è stabilizzata da appositi meccanismi
costituzionali come la sfiducia costruttiva, il potere del premier di
nominare e revocare i ministri e di chiedere lo scioglimento delle
Camere, l’elezione parlamentare del premier che risulta titolare unico
del rapporto fiduciario col Parlamento. I Paesi europei che
storicamente hanno avuto i governi più stabili sono Germania, Spagna e
Svezia. È in queste nazioni che ci sono i modelli più solidi di
premierato. Prendiamo esempio. Guardiamo a quei Paesi se vogliamo
governi più stabili e di legislatura”.
“Poi -prosegue PARRINI- c’è il Regno Unito, dove il
premierato ha altre caratteristiche, in primo luogo il meccanismo
della fiducia iniziale presunta e l’abbinamento con una legge
maggioritaria uninominale al 100%. Ma il premierato inglese presuppone
un bipartitismo sostanziale, che in Italia non c’è. E in ogni caso
nemmeno nel Regno Unito nessuno ha mai sognato di fare l’elezione
diretta del premier”.
“Tra l’altro -argomenta il senatore Pd- l’elezione diretta del
premier, come la gran parte dei costituzionalisti e politologi ha
ampiamente messo in evidenza, mortificherebbe il ruolo arbitrale e di
garanzia del Capo dello Stato, gettando semi di conflitto tra i due
poteri apicali del nostro ordinamento, e la centralità del Parlamento,
perché l’elezione diretta del premier si porta dietro il fatto che
l’unica sfiducia che il Parlamento può dare una ‘sfiducia suicida’,
effetto classico della clausola simul stabunt simul cadent”.
“Il Quirinale super partes e in grado di agire da motore di riserva
delle istituzioni è la cosa più funzionante della seconda parte della
nostra Costituzione. Per noi questa è una cosa a cui non si può
rinunciare”.
“Per questo diciamo un no secco al presidenzialismo: se
l’arbitro supremo diventa giocatore a rimetterci a subire un danno
sono gli equilibri democratici. Un conto è volere governi più stabili,
cosa sacrosanta, altro è seguire scorciatoie plebiscitarie e
realizzare concentrazioni eccessive di potere”, aggiunge PARRINI.
“E poi diremo a Casellati che serve un intervento organico: bisogna
che sul tavolo della discussione ci siano anche la riforma del nostro
bicameralismo e la legge elettorale”.
Quale sarebbe lo strumento migliore per l’iter in Parlamento.
Servirebbe una bicamerale? “Lo strumento migliore è decidere di fare
percorsi seri e sapere in partenza che le riforme costituzionali si
fanno con ampie intese, non a colpi di maggioranza. La prima proposta
sul percorso non spetta all’opposizione”.


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