La riforma ordinaria del nostro sistema penitenziario non riesce a cancellare qui e ora il sovraffollamento
È proprio il caso di dire: ogni giorno ha la sua pena. Nel senso che, con frequenza pressoché quotidiana, l`Italia viene sanzionata da organismi sovranazion ali in ragione delle sue gravi inadempienze, o peggio, sul piano del rispetto dei diritti fondamentali della persona. Questa volta, particolarmente severo è stato il Consiglio d`Europa.
Il quale ha ribadito un`aspra verità: nel settembre del 2012 abbiamo strappato alla Grecia il mortificante primato del sovraffollamento penitenziario tra i Paesi dell` Unione europea; e nel più ampio bacino del Consiglio d`Europa siamo secondi solo alla Serbia. In estrema sintesi il rapporto è sempre quello: dove ci sono due posti letto, il sistema penitenziario italiano colloca tre detenuti. Si dirà: ma sono dati vecchi, che risalgono a quasi due anni fa. Vero. Ed è pur vero che da allora a oggi la popolazione detenuta è diminuita di circa 6.500 unità, ma il sovraffollamento resta e quasi ventimila detenuti ancora oggi non hanno un posto letto regolamentare.
Quando il Consiglio d`Europa ha fatto la sua rilevazione per il rapporto presentato ieri a Strasburgo, la Corte europea dei diritti umani non aveva ancora deciso a proposito del caso Torreggiani. E non aveva ancora formalmente ammonito l`Italia a ricondurre il sistema penitenziario entro i binari della legalità. Eppure il presidente della Repubblica già si era espresso con forza contro «una realtà che ci umilia in Europa» e il governo Monti aveva già adottato il suo decreto cosiddetto «svuota carceri». Poi, dopo quella rilevazione, è venuta la sentenza Torreggiani, un nuovo decreto (Cancellieri I), il messaggio di Giorgio Napolitano alle Camere (8 ottobre 2013) e un nuovo decreto (Cancellieri II). Dopo tutto questo, la popolazione detenuta è diminuita solo di 6.500 unità su un` eccedenza di circa ventimila: un po` pochino per poter dire di aver fatto i compiti a casa.
Aveva ragione il presidente della Repubblica: il sovraffollamento penitenziario si batte con riforme ordinarie e con mi- sure straordinarie. Con le riforme destinate a introdurre un ampio ventaglio di alternative alla detenzione in cella, con la drastica riduzione del ricorso alla custodia cautelare e con un radicale mutamento della legislazione sulle sostanze stupefacenti e sull`immigrazione irregolare. E con le misure straordinarie che riportino immediatamente il nostro sistema penitenziario nella legalità, mettendo fine alla perdurante violazione dei diritti umani che si consuma nelle nostre carceri. Insomma, prima di adottare le terapie ordinarie (le riforme di sistema), è necessario abbassare drasticamente la febbre che affligge e deforma il corpo malato del sistema penitenziario.
Solo dopo aver abbattuto quella temperatura così parossisticamente alterata e aver introdotto un po` di normalità, attraverso un provvedimento di amnistia e indulto, si potrà intervenire con misure di lungo periodo e che agiscano in profondità.
Un ceto politico pavido ha futilmente discettato dell`uovo e della gallina, se vengano prima le riforme o un misurato ed efficace atto di clemenza; e non ha avuto il coraggio di dire (e di fare) quello che il presidente della Repubblica sollecita, quello che Marco Pannella tenacemente richiede, quello che papa Francesco – nel solco dei suoi predecessori appena canonizzati si è impegnato a sostenere («Cristo è stato prigioniero», così ai reclusi nel carcere minorile di Casal del Marmo).
Il 28 maggio, data di scadenza dell`ultimatum della Corte europea dei diritti umani, si avvicina. Il governo ha ancora in serbo qualche «rimedio compensativo», finalizzato a riportare il contenzioso sulle condizioni delle carceri alla competenza dei giudici nazionali.
Ma che ne è dei rimedi preventivi? Che ne è della richiesta all`Italia di rimuovere la cause strutturali del sovraffollamento? Sarà uovo o sarà gallina? La via impervia della riforma ordinaria del nostro sistema penale e penitenziario non riesce a cancellare qui e ora lo scandalo del sovraffollamento.
Ne abbiamo un esempio in Parlamento in queste ore: si vota la fiducia al decreto-legge sulle droghe e la principale misura di decarcerizzazione in materia resta quella compiuta dalla Consulta con la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi. Nel merito, le Camere non riescono ad andare più in là di quanto viene loro imposto dai giudici della Corte costituzionale. È una sconfitta della politica, questa, ma è anche il segno che la politica – il confronto tra diversi programmi e diverse culture – ha bisogno di trovare tempi e modi per scelte condivise. Intanto, però, la realtà urge, la «nuda vita» reclusa e degradata in carcere chiede dignità e diritti. Possiamo permetterci di continuare a ignorarla?
Il quale ha ribadito un`aspra verità: nel settembre del 2012 abbiamo strappato alla Grecia il mortificante primato del sovraffollamento penitenziario tra i Paesi dell` Unione europea; e nel più ampio bacino del Consiglio d`Europa siamo secondi solo alla Serbia. In estrema sintesi il rapporto è sempre quello: dove ci sono due posti letto, il sistema penitenziario italiano colloca tre detenuti. Si dirà: ma sono dati vecchi, che risalgono a quasi due anni fa. Vero. Ed è pur vero che da allora a oggi la popolazione detenuta è diminuita di circa 6.500 unità, ma il sovraffollamento resta e quasi ventimila detenuti ancora oggi non hanno un posto letto regolamentare.
Quando il Consiglio d`Europa ha fatto la sua rilevazione per il rapporto presentato ieri a Strasburgo, la Corte europea dei diritti umani non aveva ancora deciso a proposito del caso Torreggiani. E non aveva ancora formalmente ammonito l`Italia a ricondurre il sistema penitenziario entro i binari della legalità. Eppure il presidente della Repubblica già si era espresso con forza contro «una realtà che ci umilia in Europa» e il governo Monti aveva già adottato il suo decreto cosiddetto «svuota carceri». Poi, dopo quella rilevazione, è venuta la sentenza Torreggiani, un nuovo decreto (Cancellieri I), il messaggio di Giorgio Napolitano alle Camere (8 ottobre 2013) e un nuovo decreto (Cancellieri II). Dopo tutto questo, la popolazione detenuta è diminuita solo di 6.500 unità su un` eccedenza di circa ventimila: un po` pochino per poter dire di aver fatto i compiti a casa.
Aveva ragione il presidente della Repubblica: il sovraffollamento penitenziario si batte con riforme ordinarie e con mi- sure straordinarie. Con le riforme destinate a introdurre un ampio ventaglio di alternative alla detenzione in cella, con la drastica riduzione del ricorso alla custodia cautelare e con un radicale mutamento della legislazione sulle sostanze stupefacenti e sull`immigrazione irregolare. E con le misure straordinarie che riportino immediatamente il nostro sistema penitenziario nella legalità, mettendo fine alla perdurante violazione dei diritti umani che si consuma nelle nostre carceri. Insomma, prima di adottare le terapie ordinarie (le riforme di sistema), è necessario abbassare drasticamente la febbre che affligge e deforma il corpo malato del sistema penitenziario.
Solo dopo aver abbattuto quella temperatura così parossisticamente alterata e aver introdotto un po` di normalità, attraverso un provvedimento di amnistia e indulto, si potrà intervenire con misure di lungo periodo e che agiscano in profondità.
Un ceto politico pavido ha futilmente discettato dell`uovo e della gallina, se vengano prima le riforme o un misurato ed efficace atto di clemenza; e non ha avuto il coraggio di dire (e di fare) quello che il presidente della Repubblica sollecita, quello che Marco Pannella tenacemente richiede, quello che papa Francesco – nel solco dei suoi predecessori appena canonizzati si è impegnato a sostenere («Cristo è stato prigioniero», così ai reclusi nel carcere minorile di Casal del Marmo).
Il 28 maggio, data di scadenza dell`ultimatum della Corte europea dei diritti umani, si avvicina. Il governo ha ancora in serbo qualche «rimedio compensativo», finalizzato a riportare il contenzioso sulle condizioni delle carceri alla competenza dei giudici nazionali.
Ma che ne è dei rimedi preventivi? Che ne è della richiesta all`Italia di rimuovere la cause strutturali del sovraffollamento? Sarà uovo o sarà gallina? La via impervia della riforma ordinaria del nostro sistema penale e penitenziario non riesce a cancellare qui e ora lo scandalo del sovraffollamento.
Ne abbiamo un esempio in Parlamento in queste ore: si vota la fiducia al decreto-legge sulle droghe e la principale misura di decarcerizzazione in materia resta quella compiuta dalla Consulta con la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi. Nel merito, le Camere non riescono ad andare più in là di quanto viene loro imposto dai giudici della Corte costituzionale. È una sconfitta della politica, questa, ma è anche il segno che la politica – il confronto tra diversi programmi e diverse culture – ha bisogno di trovare tempi e modi per scelte condivise. Intanto, però, la realtà urge, la «nuda vita» reclusa e degradata in carcere chiede dignità e diritti. Possiamo permetterci di continuare a ignorarla?