Siamo sicuri di voler ancora affidare al giudice penale una sentenza sulle nostre opinioni?
Il caso della vignetta di Vauro, criticata – perché ritenuta ‘antisemita’ – da Giuseppe Caldarola e la successiva condanna di quest`ultimo e del direttore del  giornale per diffamazione dimostrano esemplarmente tutti i limiti del ricorso alla sanzione penale per i reati (meglio sarebbe dire: gli illeciti) di opinione. In questo caso, oggetto del processo era la critica, mossa da Caldarola, anche con toni che si volevano satirici, a una vignetta satirica: doppiamente difficile, dunque, da valutare perché attinente al diritto di critica riferito a un`altra peculiare forma di espressione e manifestazione del pensiero, quale la satira.
Come spesso accade in questi casi, quello che ad alcuni e per alcuni aspetti può apparire esercizio di un diritto, ad altri e per altri aspetti può sembrare invece un`odiosa violazione della dignità, quale può essere percepita la rappresentazione di una donna ebrea, identificata con particolari tratti somatici (qui la responsabilità è di Vauro), o anche la descrizione della vignetta contenente quella rappresentazione della donna ebrea, come equivalente all`insulto ‘sporca ebrea’ (qui la responsabilità è di Caldarola).
Il confine tra l`affermazione di un diritto fondamentale quale quello alla libertà di espressione (e in particolare del diritto di critica, anche come deformazione satirica) e una violazione, anche grave, della dignità di un singolo o di una collettività, è spesso difficilissimo da tracciare. Tanto più in un giudizio penale, che deve – e per fortuna! – attenersi a forme, regole e procedure rigorosissime, proprio perché ha il potere di disporre della libertà personale e della stessa ‘onorabilità’ dell`imputato. Ma insomma, siamo proprio certi che sia il giudice penale l`istanza cui affidare una valutazione difficile e complessa come quella che riguarda le opinioni comunque espresse e la percezione che di esse abbiano gli interessati? L`interrogativo mi riguarda anche direttamente sia perché mi capita non di rado di cedere a una certa irruenza e, magari, aggressività verbale sia perché, in un paio di occasioni, ho ritenuto di dover reagire contro chi ricorreva a definizioni lesive della mia onorabilità o riportava circostanze false.
Ora, se è vero che il diritto penale deve intervenire a tutela dei diritti e dei ‘valori’ meritevoli della massima protezione secondo l`ordinamento, la dignità – che ben può essere lesa anche solo da ‘parole’ – rientra certamente tra i possibili oggetti della tutela penale. E tuttavia, fino a che punto la massima sanzione prevista dall`ordinamento, da irrogarsi a seguito di un giudizio tra i più penetranti, può insinuarsi nelle pieghe di un discorso e nelle forme di una rappresentazione? Non è possibile pensare a tutele diverse e a strumenti meno invasivi? E` una riflessione che vale la pena fare soprattutto in un momento in cui si torna a proporre l`incriminazione di forme – abiette e odiose quanto si vuole, ma pur sempre confinanti con la manifestazione del pensiero – di ‘hate speech’ o di opinioni quali quelle negazioniste e quali quelle che esprimono disprezzo verso la condizione omosessuale. Non è facile, ma si dovrebbe riuscire quantomeno ad assicurare che non di illeciti di opinione si tratti, ma di veri e propri reati di discriminazione, tali quindi da violare la dignità. In questi termini ha senso invocare l`intervento del giudice penale. Ma solo in questi termini. Poi, non ho difficoltà a dire che il disegno di Vauro giocava assai pericolosamente su una linea di confine dove la satira politica – che legittimamente rifiuta censure e tabù e legittimamente non riconosce limiti – rischia di precipitare rovinosamente nel pregiudizio antisemita. Così come penso che Caldarola, per ‘eccesso di legittima difesa’ (peraltro da me condivisa), abbia reagito con una forzatura tale da attribuire a Vauro un`opinione non provata. Infine, due brevi considerazioni ‘di dettaglio’. Risulta davvero sorprendente che i giudici della Corte d`appello abbiano utilizzato, nelle motivazioni della sentenza, la formula ‘razza ebraica’. E` davvero sconcertante che, su un tema e su una comunità che dovrebbero esserci così familiari, sia diffusa una simile inconsapevolezza e si possano dire simili sciocchezze. In ultimo, viene voglia di ricordare sia a Vauro che a Giuseppe Caldarola l`insuperabile battuta di quel personaggio di grande fantasia e intelligenza che fu Herbert Pagani: Israele è l`unico paese al mondo dove ‘sporco ebreo’ significa ebreo che non si lava.

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