“Sulla natalità, la proposta di Giorgetti di azzerare le tasse per chi fa più di due figli è una presa in giro per chi sta peggio, perché taglierebbe fuori i dieci milioni di contribuenti che tasse non ne pagano perché hanno redditi troppo bassi”. Lo afferma in un’intervista ad Affaritaliani.it il senatore Antonio Misiani, responsabile economico della segreteria del Partito Democratico.
Che cosa pensa il Pd del Def del governo?
“E’ una scatola vuota, un documento inadeguato e rinunciatario. Sui saldi prevale la prudenza, sulle scelte l’immobilismo. Con un problema grande come una casa: manca una caterva di soldi per la prossima manovra di bilancio. Serviranno come minimo da 25 a 30 miliardi. Il Def ne mette a disposizione meno di 6! Non ci sono soldi e nemmeno idee. Non c’è una strategia per difendere il potere d’acquisto dei redditi. Niente di significativo per rilanciare lo sviluppo. Buio totale sulla sorte del PNRR. Sulla natalità, la proposta di Giorgetti di azzerare le tasse per chi fa più di due figli è una presa in giro per chi sta peggio, perché taglierebbe fuori i dieci milioni di contribuenti che tasse non ne pagano perché hanno redditi troppo bassi. Nel Def non c’è nulla su temi chiave come la sanità o la transizione ecologica. Anzi, viste le nomine nelle grandi partecipate pubbliche, altro che decarbonizzazione: sono tornati i fan del gas e del petrolio”.
I 3,4 miliardi per il taglio del cuneo fiscale sono sufficienti?
“Male non fanno, ma di fronte al crollo del potere d’acquisto dei salari, falcidiati dall’inflazione, sono un pannicello caldo. Oltretutto sono soldi una tantum, visto che dall’anno prossimo non c’è più nulla. Il punto è che la destra vuole utilizzare le poche risorse disponibili per finanziare una riforma fiscale che va nella direzione sbagliata: la prospettiva della flat tax per tutti, che è un regalo a chi sta meglio; la conferma dei regimi di favore che premiano la rendita a danno di chi lavora o fa impresa; i condoni e il lassismo per lasciare indisturbati gli evasori. Questa non è una riforma: è una operazione politica che strizza l’occhio agli elettori di Meloni e Salvini. Ma il Paese ha bisogno di tutt’altro”.
Quali sono le principali controproposte del Pd?
“Primo: le misure per contrastare il carovita e difendere il potere d’acquisto dei redditi. Servono più strumenti, per recuperare quanto perso a causa dell’inflazione: un taglio del cuneo fiscale robusto e strutturale; favorire il rinnovo dei contratti nazionali scaduti dei dipendenti pubblici e privati; introdurre il salario minimo; spazzare via i contratti pirata e ridurre la precarietà del lavoro. Secondo: più risorse per la sanità, che è al collasso, e la scuola. Sono servizi essenziali largamente sottofinanziati rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei. Terzo: una mobilitazione generale per l’attuazione del PNRR nei tempi previsti, raccogliendo l’appello lanciato dal presidente Mattarella. Abbiamo 200 miliardi da investire e tante riforme da approvare: non c’è tempo da perdere. Quarto: le politiche industriali per aiutare le imprese e i lavoratori di fronte alla doppia transizione ecologica e digitale. La destra sta facendo muro contro tutto quanto sta venendo avanti in Europa, ma così mette solo la testa sotto la sabbia. Il mondo, nel frattempo, va avanti comunque e l’Italia, senza scelte adeguate, perde occasioni e rimane indietro”.
Sul Pnrr vede il rischio di perdere fondi europei?
“Assolutamente sì. La Meloni e i suoi ministri hanno perso quasi sei mesi a buttare la palla in tribuna dando la colpa ai predecessori e ora viene fuori che non sono nemmeno in grado di presentare la revisione del Piano entro fine aprile. Una parte della maggioranza è arrivata addirittura a teorizzare la rinuncia a parte dei fondi europei: una follia. Il risultato è che ora il tempo stringe e l’Italia rischia grosso. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, ma il governo deve smetterla con le chiacchiere e passare ai fatti. Vengano in Parlamento e ci spieghino cosa vogliono fare sul Piano. E lo facciano ora, senza aspettare altri mesi, perché il pericolo è perdere decine di miliardi e la faccia dell’Italia in Europa”.