“In nove mesi il governo Meloni ha fatto assai meno di quanto era necessario: ha cambiato la governance, con risultati discutibili (l’accentramento a Palazzo Chigi ha ridimensionato molto le competenze del Mef e la nuova catena di comando avrà bisogno di tempo, per entrare a regime) e ha giocato allo scaricabarile, in particolare nei confronti dei governi precedenti e delle amministrazioni locali. Molte meno energie sono state dedicate ad un aspetto essenziale come il rafforzamento della capacità realizzativa dei soggetti attuatori, a partire dagli enti territoriali, e all’attività di pungolo e verifica quotidiana nei confronti delle amministrazioni coinvolte”. Lo ha sottolineato il senatore responsabile economico della Segreteria nazionale Pd Antonio Misiani, in un articolo pubblicato sul mensile di politica economia e società Dimensione Informazione, diretto da Roberto Serrentino. “Quanto alla revisione del Piano, annunciata sin dalla campagna elettorale per le politiche, è rimasta per aria: finora nessuno, né a Bruxelles né a Roma, ha visto alcuna proposta ufficiale di rimodulazione del Pnrr italiano. Viceversa, quattro Paesi europei hanno già incassato da parte della Commissione Ue l’approvazione della loro proposta di revisione (Germania, Francia, Malta e Lussemburgo) e altri sei l’hanno formalmente presentata (Spagna, Estonia, Slovacchia, Irlanda, Portogallo, Danimarca). In Italia, tutto tace. Nel frattempo, il ritmo di realizzazione delle riforme e degli investimenti del nostro Piano è fortemente rallentato” ha aggiunto Misiani citando le elaborazioni della piattaforma indipendente OpenPnrr.


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