Anche sul Fondo salva Stati (Mes) si procede tra incertezze e rinvii: quali sono le opportunità, e perché l`Italia resta l`unico Paese a non ratificare la riforma?
«Il Trattato modifica il Mes, attribuendogli anche la funzione di paracadute finanziario in caso di crisi bancarie. È una cosa utile e positiva, tanto è vero che19 Paesi sui 20 della zona euro hanno ratificato il Trattato. L`Italia è rimasto l`unico Paese a non averlo fatto, per motivi esclusivamente ideologici. La verità è che Lega e Fdi sono prigionieri della loro propaganda sovranista e non sanno come uscirne. Per questo preferiscono rinviare tutto, anche al prezzo di figuracce come l`Aventino dei partiti di maggioranza, che nei giorni scorsi hanno disertato i lavori della Commissione esteri della Camera pur di non dover decidere sul Mes. E tempo che decidano cosa fare da grandi».
Veniamo al salario minimo. Il governo non lo vuole, mentre per il Pd è uno strumento urgente: perché?
«Il lavoro povero è enormemente cresciuto in questi anni, anche a causa della proliferazione di contratti pirata che hanno legittimato situazioni di vero e proprio sfruttamento. Oggi in Italia oltre tre milioni di dipendenti guadagnano meno di nove euro lordi l`ora. Per la Meloni il salario minimo è uno specchietto perle allodole. Per noi invece è necessario. Serve una legge che lo preveda insieme a regole sulla rappresentanza. Per noi bisogna dare forza alla contrattazione collettiva nazionale delle organizzazioni maggiormente rappresentative, estendendola a tutti i lavoratori e stabilendo una soglia minima condivisa con le parti sociali per i settori a più alta intensità di povertà lavorativa».
La messa a terra del Piano di ripresa e resilienza si muove con evidente difficoltà, mentre si è inattesa della terza rata da Bruxelles: la sua opinione?
«Siamo in una preoccupante situazione di stallo, sul Pnrr. In nove mesi il governo Meloni ha cambiato la governance, con risultati discutibili, e ha giocato allo scaricabarile verso i governi precedenti e gli enti locali. La cosa più importante che era stata annunciata, la revisione del Piano di cui parlano da mesi e mesi, è invece rimasta per aria: finora non è arrivata una carta che sia una, né a Roma né a Bruxelles. Nel frattempo quattro Paesi europei hanno visto approvata la loro proposta di revisione e altri sei Marmo ufficialmente presentata Meloni e il ministro Fitto devono svegliarsi: stiamo perdendo tempo, soldi e credibilità. La terza rata da 19 miliardi doveva essere trasferita a febbraio, mala stiamo ancora aspettando. Quanto alla quarta rata dal6 miliardi, non si sa se e quando arriverà. Noi siamo pronti a metterci alla stanga, come chiede il presidente Mattarella. Ma per fare la nostra parte, abbiamo bisogno che il governo passi dalle parole ai fatti».
Si comincia a discutere, a Bruxelles, della prossima riforma del Patto di stabilità che riguarda i vincoli di bilancio: l`Italia con chi sta?
«All`Italia conviene stare in Europa. E in Europa ci conviene stare con chi condivide la nostra impostazione, non con chi è più vicino ideologicamente alla destra che ci governa. La Meloni in questi mesi ha oscillato, tra ripetuti contrasti con Macron, la freddezza con il cancelliere tedesco Scholz e la simpatia verso i Paesi sovranisti più ostili agli interessi nazionali dell`Italia. Sono contraddizioni da superare rapidamente. Le partite che si giocheranno in Europa nei prossimi mesi sono importantissime, non possiamo permetterci errori».
I dati macroeconomici per l`Italia sono relativamente buoni, ma il clima sociale appare depresso: come spiega questa contraddizione?
«I dati macroeconomici erano buoni, in realtà l’economia ora sta visibilmente rallentando, come evidenzia anche l`ultimo rapporto di Confindustria. L`inflazione rimane molto alta e i tassi di interesse sono cresciuti vertiginosamente nel giro di pochi mesi, deprimendo consumi e investimenti. L`impatto sociale di queste dinamiche è una forte erosione del potere d`acquisto dei salari e un ulteriore allargamento delle disuguaglianze, perché l`inflazione colpisce di più in proporzione le famiglie meno abbienti. Servirebbe una strategia di ampio respiro, per rilanciare l`economia e difendere i redditi. Il governo si è limitato ad un taglio del cuneo fiscale. Una scelta giusta. Peccato che duri pochi mesi, fino a novembra>
Nel dibattito interno al Pd la questione crescita, però, non pare molto dibattuta.
«Il 6 luglio presenteremo le nostre proposte di politica industriale. Secondo noi è un tema centrale, per la crescita. Il nostro sistema produttivo è investito dalla doppia transizione ecologica e digitale. Sono processi che aprono importanti opportunità, ma anche seri rischi di deindustrializzazione. Basti pensare all`economia circolare e all`edilizia di rigenerazione, sul primo versante. E all`automotive e ai settori di più difficile decarbonizzazione, sul secondo. Abbiamo bisogno di politiche che accompagnino e sostengano le nostre imprese, a partire da quelle piccole e medie: incentivi per la digitalizzazione e l`autonomia energetica, ma anche risorse per finanziare progetti di innovazione e trasformazione. Presenteremo un documento aperto, che vogliamo discutere con le associazioni di impresa, i sindacati, il mondo dell`università e della ricerca»