Il primo ad aver dato il giusto valore all`apertura di un`indagine nei confronti del governatore della Banca d`Italia per reati pesantissimi è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che senza alcun imbarazzo, pur essendo anche presidente del Csm, ha ricevuto al Quirinale Ignazio Visco lo stesso giorno in cui sul Fatto Quotidiano è uscita con gran risalto la notizia dell`indagine avviata dalla Procura di Spoleto sulla cessione della popolare locale a Banca Desio. Una vicenda che gli stessi magistrati hanno provato poi a ridimensionare, definendo «un atto dovuto» l`iscrizione del nome del governatore dopo l`esposto presentato da un gruppo di azionisti legati alla vecchia gestione dell`istituto umbro. Eppure associare, anche solo per dovere d`ufficio, il nome di Visco a reati come truffa e corruzione non può e non deve essere considerato un fatto normale. E di questa vicenda Milano Finanza ha scelto di parlarne con un politico particolare, il presidente della commissione Industria del Senato, Massimo Mucchetti, che nella sua vita professionale precedente è stato uno dei giornalisti finanziari più stimati. Uno che di storie del genere ne ha raccontate tante.
Domanda. La Procura della Repubblica di Spoleto ha iscritto nel registro degli indagati il governatore della Banca d`Italia sulla base di un esposto di alcuni vecchi azionisti della Banca Popolare di Spoleto, che si sono sentiti danneggiati dalla cessione della medesima a Banca Desio. Lei che idea s`è fatto di questa vicenda?
 Risposta.
Mi astengo dal commentare in dettaglio un`inchiesta giudiziaria, della quale non si sa ancora abbastanza, D`altra parte quel che si legge non mi pare giustifichi il coinvolgimento del Governatore sulle ipotesi di reato fin qui formulate. Noto che il Quirinale, proprio venerdì 23 ottobre ha avuto parole di elogio per la Vigilanza. Noto inoltre che non si hanno più notizie di una precedente inchiesta sui vertici della popolare umbra e che adesso si indaga il governatore e non l`intero direttorio e nemmeno il ministro o il ministero dell`Economia, nonostante sia il direttorio a presentare la richiesta di commissariamento ed è il Tesoro a decretarla. D. Confesso che quando ho avuto in mano il documento della Procura di Spoleto, con le ipotesi di reato che spaziavano dalla truffa alla corruzione, ho pensato a Baffi e Sarcinelli. Poi però mi è venuta in mente la frase di Marx a proposito della storia che si ripete, prima in tragedia e dopo in farsa. A lei che cosa è venuto in mente?
R.
Inchieste giudiziarie sfiorarono anche altri governatori: da Carli a Ciampi, da Baffi a Fazio. Nel caso di Baffi e Sarcinelli ci furono anche misure cautelari manifestamente infondate. Carli e Ciampi non ebbero problemi. Baffi e Sarcinelli ebbero l`immediata e corale solidarietà dei colleghi, meno dalla politica, che impiegò qualche giorno di troppo a capire che il marcio era quell`inchiesta e non l`azione degli inquisiti. Anche Fazio va rivisitato: assolto per il caso Bnl e condannato per il caso Antonveneta da una Cassazione che non ha tenuto conto della richiesta di assoluzione avanzata dalla Procura Generale. Se fossi in Fazio, ricorrerei alla Corte Europea dei Diritti dell`Uomo. In ogni caso, quante sciocchezze vennero scritte su quelle due vicende!
D. Il Corriere della Sera denunciò la manovra combinata AntonvenetaBnl. Sbagliò?
R.
Si limitò alle carte giudiziarie iniziali e su queste costruì un teorema che, sia detto di passata, faceva comodo ad alcuni suoi azionisti.
D. E lei allora?
R.
Mi astenni dal partecipare, cercai di restare ancorato ai conti, di distinguere da Fiorani e Consorte e fui messo nel sottoscala.
D.Lapoliticaoggi tacesull`inchiesta di Spoleto.
R.
Questo silenzio è un bene e un male al tempo stesso. Un bene perché si evitano le grida giustizialiste e forcaiole, che in altre occasioni si sono sprecate. Un male perché bisognerebbe prendere spunto da questa inchiesta e da questo silenzio per riflettere sui danni fatti in passato, anche dentro la Banca d`Italia ma soprattutto fuori, dall`uso strumentale degli effetti mediatici delle inchieste ai fini delle lotte di potere. In ultima analisi una parola seria di Palazzo Chigi, che ha gli strumenti per approfondire, ci starebbe bene.
D. Quali esempi può citare di strumentalizzazione giustizialista?
R.
Ce ne sono troppi. Di Fazio ho detto. Aggiungo che nella lettera con cui la Vigilanza chiudeva i giochi di Unipol su Bnl si faceva riferimento anche a quelle inchieste che poi, nella sostanza, si riveleranno infondate. Un riferimento forse ovvio, in realtà minaccioso. Per l`industria, cito il caso Orsi, criminalizzato per le vicende Finmeccanica e poi assolto.
D. Quando scoppia uno scandalo di solito si attacca chi doveva vigilare accusandolo di aver dormito, qui invece l`accusa sembra essere quella di eccesso di vigilanza. Ma quale deve essere il ruolo di Banca d`Italia?
R.
Vigilare senza sconti perseguendo l`obiettivo della stabilità degli intermediari indicato dalla legge. Le banche e le assicurazioni non sono imprese come tutte le altre. L`interesse del sistema viene prima di quello degli azionisti. Se così non fosse, non si potrebbero giustificare gli enormi aiuti elargiti dagli Stati più mercatisti del mondo alle aziende di credito dopo il 2008.
 D. A complicare questa vicenda c`è il fatto che della liceità delle decisioni di Bankitalia e del Tesoro in merito al commissariamento della Popolare Spoleto e alla cessione della banca stessa sono stati chiamati a decidere sia il Tar che il Consiglio di Stato. Non c`è confusione?
R.
Si è innescato un corto circuito curioso tra la Banca d`Italia, che difende i creditori, ossia i depositanti, e la magistratura amministrativa e penale, che difende gli azionisti collusi con il management. Ma l`inchiesta è in corso e non si possono escludere a priori scelte opinabili della Vigilanza o dei commissari.
D. A sentire molte voci polemiche che si sono alzate sembra che nel mirino ci sia il ruolo di regia che la Banca d`Italia ha ricoperto storicamente nel caso di aggregazioni. Ma in tempi di Unione Bancaria Europea è ancora così? E soprattutto: è così sbagliato che ci sia una regia in questo campo? Non è invece proprio il caso che qualcuno provi a fare un po` di politica industriale nell`ambito del credito?
R.
Sì, c`è chi critica l`interventismo di Bankitalia perché verrebbe meno alla terzietà implicita nel ruolo dell`arbitro. Il fatto è che, contrariamente a quello che taluni credono, la Banca d`Italia non è un`authority ma una banca centrale. Del resto, una delle più importanti aggregazioni, ossia quella fra Unicredit e Capitalia, fu voluta direttamente dal governatore Draghi. Se vogliamo ridurla a mera authority, cambiamo la legge.
D. Sarebbe d`accordo?
 R.
No, sarebbe una sciocchezza. Questo regime ha consentito al sistema bancario italiano di risolvere i suoi problemi senza far perdere un euro ai depositanti e senza gravami per i contribuenti. Ora, nell`ambito della costruzione più generale dell`Unione Europea, abbiamo istituito la European Banking Authority e la Vigilanza Unica per le banche di rilevanza sistemica. Istituzioni ottime sulla carta, ma tutte da provare nella pratica.
D. Scettico?
R.
Beh, l`esperienza degli stress test l`ho trovata assai discutibile e la Vigilanza unica va misurata sulla sensatezza dei principi contabili ai quali si riferisce. In entrambi i casi non stiamo applicando un Vangelo ma testi frutto di aspri scontri di potere tra Stati. All`esito di questi scontri si va consolidando una tendenza a esigere requisiti di capitale sempre più elevati per evitare che gli Stati debbano mettere i denari dei contribuenti per risolvere le eventuali crisi bancarie e, al tempo stesso, si inondano le banche di liquidità da prestare a basso prezzo. E Bce e Vigilanza unica dovrebbero parlarsi di più per evitare che alla fine la remunerazione dei crescenti capitali richiesti resti frutto dell`attività finanziaria fine a se stessa e non diventi mai frutto dell`attività creditizia al servizio dell`economia.
D. In questi mesi il mondo delle popolari sta affrontando un riassetto complessivo e anche le bcc sono di fronte al nodo dell`autoriforma. È solo un caso che Banca d`Italia sia finita nel mirino proprio ora?
R.
Non farei dietrologie. È possibile che taluni uffici della Banca d`Italia e del ministero dell`Economia debbano migliorare, ma lascerei stare il risiko bancario. Quanto alle bcc, mi pare che possa prevalere l`aggregazione del credito cooperativo sul modello del Credit Agricole. Vedo con soddisfazione una simile conclusione, alla quale, nel mio piccolo di commentatore al Corriere, cercai qualche anno fa di contribuire difendendo la specificità di questo sistema ma anche vedendo la necessità di una modernizzazione alla francese.
D. Alessandro Penati su Repubblica ha posto la questione bancaria in Italia: critica l`interventismo della banca centrale, censura il radicamento territoriale e invocala calata delle banche estere.
R.
Penati ha ragione ad avvertire che il mutamento delle tecnologie cambia l`attività bancaria e rende inevitabile un`ulteriore ristrutturazione. Sul resto la penso diversamente. Se una solida banca estera acquistasse, giusto per dire, la Carige, non mi straccerei le vesti. Ma non cadrei nell`errore di credere che l`erba del vicino sia sempre più verde. Che senso ha dare le banche italiane in mano a quelle estere nel timore di doverci mettere, in un domani al quale non credo, quattrini pubblici, quando i sistemi bancari esteri sono stati inondati di quattrini dei contribuenti dei loro Stati? Il senso del privato si ferma sulle Alpi? I tedeschi al radicamento territoriale credono assai, come dimostra la protezione delle landesbanken. Insomma, non credo esista tanto una questione italiana quanto una questione bancaria globale.

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