Il giudizio sui risultati del programma comunitario Garanzia Giovani non è univoco. Da un lato si afferma che a circa 17 mesi dal suo avvio, Garanzia Giovani non ha dato risultati apprezzabili, tanto che a oggi sono più le ombre che le luci. Dall`altro, il ministro del Lavoro Poletti replica che in realtà il bicchiere non è mezzo vuoto ma mezzo pieno, sostenendo che i risultati finora conseguiti – in quello che può essere definito il primo grande programma di politica attiva riservato ai giovani – sono rilevanti: 743 mila giovani registrati di cui 540 mila presi in carico dai servizi e 243 mila a cui è stata fatta un proposta di politica attiva. Le difficoltà e le lentezze manifestatesi in molte regioni sono in realtà conseguenza della debolezza storica della nostra rete dei servizi per il lavoro, che conta un numero di operatori 10 volte inferiore a quello di altri grandi Paesi dell`Unione Europea. Il ministro ha ragione e bene fa a ricordare che il governo ha stanziato 280 milioni per il biennio 2015-2016 proprio per rafforzare la rete dei servizi pubblici per il lavoro, in accordo con le Regioni. Inoltre il ministro ricorda che l`Italia sta sollecitando la Commissione Europea a rendere strutturali le misure di sostegno all`occupazione giovanile. Tuttavia appare evidente che, per rendere veramente efficaci programmi come Garanzia Giovani, è necessario non solo rafforzare la rete dei servizi per il lavoro, ma applicare pienamente il Jobs Act, che per la prima volta indica come le politiche attive devono essere organizzate. Infatti la legge, accompagnata dai numerosi decreti attuativi – a partire da quello sul riordino delle politiche attive e i servizi che istituisce l`Agenzia nazionale per le politiche del lavoro – fornisce un chiaro modello di organizzazione delle politiche attive che, come ha ricordato di recente il Governatore della Banca d`Italia, sono il vero vulnus del sistema italiano. Solo per fare alcuni esempi, è fondamentale che vengano definiti i livelli essenziali delle prestazioni dei servizi per il lavoro a cui le regioni devono adeguarsi e spetterà alla nuova Agenzia farli rispettare. Altro importante elemento definito dalla legge sono i tempi certi con i quali i disoccupati giovani e adulti dovranno essere convocati dai servizi competenti per stilare il patto di attivazione individuale, ossia un programma reale (non solo sulla carta) di reinserimento al lavoro nel quale si alterneranno interventi di formazione e di consulenza personalizzata. Per non parlare del nuovo assegno di ricollocazione che garantirà a tutte le disoccupate e i disoccupati percettori di Naspi da più di quattro mesi (sia giovani che adulti) un bonus da spendere presso un operatore pubblico o privato per farsi accompagnare al lavoro. Insomma tra le righe della riforma sono presenti indicazioni chiare ed esplicite su come dovranno essere organizzate le politiche del lavoro da Aosta a Siracusa che, se pienamente applicate, indurrebbero le Regioni a utilizzare pienamente le risorse del Fse e garantirebbero subito a migliaia di disoccupati la possibilità di partecipare a programmi di reinserimento professionale. E bene, quindi, tenere a mente che solo applicando pienamente il Jobs Act, soprattutto per la parte che riguarda le politiche attive, sarà possibile avvicinarci alle esperienze di welfare to work maturate nei grandi Paesi europei. I dati degli ultimi mesi ci dicono che il mercato del lavoro sta reagendo benissimo alle innovazioni in materia di semplificazione e riorganizzazione delle forme contrattuali introdotte dal Jobs Act. Sono 300 mila gli occupati a tempo indeterminato, il 34% in più rispetto allo scorso anno. Un dato storico, riconosciuto in questi giorni dall`Ocse. E tempo quindi di concentrare gli sforzi sullo sviluppo del nuovo modello di politiche attive, perché finalmente in Italia una riforma del lavoro organica come quella che il governo e il Parlamento hanno portato a compimento nel tempo record di poco più di un anno, possa trovare piena attuazione evitando di fare come in passato quando, nella convinzione che fosse sufficiente la norma, molte delle riforme varate sono rimaste solo sulla carta. Ora siamo nelle condizioni di creare un circolo virtuosa tra accesso al lavoro dei giovani, riqualificazione professionale, sviluppo delle competenze e nuova occupazione.

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