«L’Italia rischia grosso. La Brexit di Boris Johnson sarà un disastro sia per il Regno Unito sia per l’Europa.La frenata tedesca rallenterà la crescita anche nel nostro Nord Est. E in casa nostra il Pil oscilla tra lo zero e il negativo. È un passaggio delicato, è ora di finirla col teatrino dei bisticci: oggi si tira una linea di demarcazione». Da Matteo Renzi, nelle ore decisive della trattativa, arriva un invito alla responsabilità. E una rassicurazione per il mondo produttivo: «Non avete nulla da temere da un governo che nasce per evitare l’aumento dell’Iva e che abbassalo spread. Ma se qualcuno vi volesse far male, sappiate che non avrà i numeri in Parlamento».
La posta in gioco è altissima e serve un atto di coraggio di tutti nell’interesse del Paese, è dunque il ragionamento di Renzi: «Da un lato chi vuole il bene dell’Italia accetti il compromesso e faccia il Governo. Dall’altro chi pensa solo all’interesse di parte continui pure a chiedere “Elezioni” sapendo che sarebbero una sciagura per la nostra economia». È Matteo Salvini che continua a chiedere le elezioni, naturalmente, e Renzi rivendica il merito di aver contribuito a fermarlo. «Salvini punta alle elezioni per bieco interesse ma il Parlamento non è il suo maggiordomo: ci sono delle regole e vanno rispettate. Si va a votare quando lo dice la Costituzione, non quando lo dice Instagram. Perché servire le istituzioni è una cosa seria, non è indossare la felpa della Polizia. Perché Salvini ha rotto all`improvviso? Cosa nasconde? Vuole forse nominare Savoini all’Eni? Se si vota a novembre, aumenta l’Iva: sarebbe la mazzata finale sui consumi delle famiglie», dice Renzi.
Senatore Renzi, non c`è dubbio che la sua apertura a un governo con il Mss ha contribuito a sbloccare una crisi che sembrava avviata verso le urne in autunno. Ma tutti ricordano il suo niet dagli studi di Fabio Fazio nell’aprile del 2018. Che cosa è cambiato da allora?
Fino a un mese fa Salvini sembrava inarrestabile e per fermarlo occorreva un atto di coraggio. Nel mio piccolo l’ho compiuto. Poi tutti noi siamo umani: a me fa male essere stato costretto dalla realtà a votare la fiducia a un governo coi grillini. Lei ha presente quanto fango ho dovuto ingoiare? Quanti insulti ho ricevuto dai Cinque Stelle? Avrei potuto urlare in tutte le Tv: “Avete fallito, altro che anno bellissimo”. Inchiodarli al loro flop sarebbe divertente. E gratificante. Ma non si fa politica per togliersi i sassolini dalle scarpe, si fa politica pensando al bene comune. All’Italia oggi serve un Governo che blocchi l’Iva e che ci tolga dall’isolamento europeo realizzato da Salvini. E io faccio ciò che serve all’Italia, non ciò che piace a me. Che cosa è cambiato rispetto a un anno fa? È la democrazia parlamentare, figlia del No al referendum peraltro, che consegnava loro il diritto di provarci allora. Visti i risultati, adesso abbiamo il dovere di intervenire. Nel 2018 Lega e Cinque Stelle chiamavano a gran voce il cambiamento, la svolta, il sovranismo. Oggi sappiamo che il loro cambiamento è stato negativo per l`economia italiana. E dopo 18 mesi hanno mostrato i loro limiti: fare il populista funziona quando sei opposizione, al Governo invece i nodi arrivano al pettine. La forzatura di Salvini, con la richiesta dei pieni poteri, l’opacità delle spiegazioni sulla Russia e il ritorno delle dichiarazioni farneticanti di Borghi e Bagnai sull’Euro mi hanno persuaso che non si potesse più far finta di niente. E i toni disumani di Salvini sui migranti forse funzionano sui social ma hanno incattivito l’Italia. Basta con le sceneggiate sui barconi, si obblighi l`Europa a un serio Piano Marshall per l’Africa.
Tuttavia lei è considerato uno dei potenziali elementi di rischio per il Conte 2 anche per l’evocato progetto di staccarsi dal Pd per creare un suo partito. Come risponde a queste considerazioni?
Per me questa legislatura va al 2023. Se ci arriverà questo Governo dipenderà dalla qualità delle persone che ne faranno parte. Sei ministri saranno di livello durerà, se sarà una squadretta non durerà. Semplice, no? Quanto al mio ruolo: sono un senatore della Repubblica che conta per sé e per qualche altro amico. Nel mio curriculum c`è l’abbassamento dell’Irap e dell’Ires, Industria 4.0, gli 80€, la fatturazione elettronica, il Jobs Act, l`eliminazione dell’Imu, il welfare aziendale, il Sì alla Tav e al Tap. In questo curriculum non c’è posto per misure contro chi crea lavoro, contro chi produce ricchezza, contro chi ogni giorno rende l’Italia un Paese migliore. Il mio messaggio a chi produce è chiaro: non avete nulla da temere da un Governo che nasce per evitare l’aumento dell’Iva, che abbassa lo spread e che riporta l’Italia nell’Europa che conta. Nulla da temere. Nessuno vi vuol far male. E se qualcuno vi volesse far male, sappiate che quel qualcuno non avrà i numeri in Parlamento. Voglio rappresentare chi lotta contro la povertà, non chi lotta contro chi crea e distribuisce la ricchezza.
Antonio Pilati ha scritto su questo giornale che per questo governo c’è un problema grosso come una casa: il consenso basso al Nord, nel Nord produttivo. È un nodo che può mettere a rischio il cammino del governo?
È un problema reale. Per questo penso che si debba fare un grande sforzo per sbloccare i cantieri del Nord, dall’Asti Cuneo fino alle infrastrutture lombarde, dal passante di Bologna fino all’aeroporto di Firenze. Ma soprattutto occorre uno sguardo diverso sull’autonomia: più che investire sui consiglieri regionali, bisogna dare soldi e poteri ai sindaci. A tutti i sindaci. Sbloccare i primi cittadini dalle catene della burocrazia e assegnare loro autonomia vera, non fittizia. L’Italia è l’Italia delle città, non dei consiglieri regionali. Una maggiore autonomia ai comuni, specie al Nord, sarebbe la migliore risposta alla propaganda leghista. Il Nord produttivo si aspetta che questo sia un governo di opportunità, non di opportunisti: se questo principio si tradurrà in impegni concreti, la Lega sarà fisiologicamente sgonfiata.
In queste ore si sta mettendo a punto il programma del possibile governo giallorosso. Quali devono essere secondo lei le priorità?
Quelle già elencate benissimo dai vari documenti programmatici. La fatturazione elettronica e lo scontrino digitale possono combattere sempre meglio l’evasione fiscale, ma allora le tasse vanno ridotte: pagarle tutti, pagarne meno. L’economia circolare, con gli investimenti in sostenibilità. Il rilancio dell’innovazione tecnologica come fattore di crescita. La lotta alle diseguaglianze che deve partire dall’aumento dei salari come abbiamo fatto con gli 80€. Ma la misura economica più importante è che l’Italia torni protagonista in Europa: è bastato far balenare l’idea di un governo senza Salvini per abbassare lo spread e gli interessi sul debito. Se l’Italia torna a fare l’Italia, per le nostre aziende sarà più facile competere nel mondo.
Ritiene anche lei che Di Maio di nuovo vicepremier, come vorrebbe il capo politico del M5s, sia inaccettabile per il Pd?
Non mi riguarda, non mi esprimo. Io non metto veti. O meglio un veto su un nome l’ho messo: ed è il mio. Voglio dimostrare che si può orientare la politica anche solo con le idee, non solo con le poltrone. Ciò che farà Di Maio sinceramente non mi sembra così decisivo: non suoni arrogante il mio ragionamento ma fatico a considerare Di Maio come ilproblema o la risorsa decisiva di questo Paese. Se il futuro dell’Italia dipende da cosa fa Di Maio, significa che siamo messi male. Facciano loro, decideranno Zingaretti e Di Maio. Poi passiamo alle cose serie.
Il voto su Rousseau potrebbe ribaltare il tavolo?
Non mi occupo delle questioni minori. Davanti a sfide titaniche come il ruolo dell’Italia e dell’Europa nella guerra dei dazi tra Usa e China o il rilancio degli investimenti contro l’austerity derubrico la votazione su Rousseau a un fatto di secondario interesse. Se poi la Casaleggio e Associati ha deciso di andare a votare, amen, andremo a votare. Noi siamo responsabili e pensiamo al bene del Paese. Se qualcuno scambia la nostra saggezza per debolezza o per paura avrà tra qualche mese un’amara sorpresa. Il voto a novembre farebbe molto male ai grillini. Ma farebbe ancora più male ai risparmiatori italiani. Abbiamo giocato la partita in modo trasparente: se Conte vuole il bene dell’Italia faccia una lista di qualità, salga al Quirinale e venga in Parlamento. Sarà umanamente difficile votargli la fiducia, ma sarà politicamente giusto. Se ci hanno ripensato e vogliono cedere al Diktat del Papeete andando a votare quando vuole Salvini, aumenterà l’Iva per gli italiani e diminuiranno i seggi dei grillini.
Il calo di consensi, almeno potenziale, nei confronti di Matteo Salvini prospetta una partita politica importante e già il nuovo partito che Calenda annuncia apre quella partita. Lei ci crede alla perdita di consensi di Salvini? E chi potrebbe occupare lo spazio che si libera?
Oggi è il primo settembre. Scommetto che Salvini darebbe tutto quello che ha pur di tornare come per miracolo al primo agosto e cancellare un mese orribile in cui ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Salvini non ha perso solo i consensi: questi li può sempre recuperare. Ha perso un treno e questo treno non tornerà, almeno non a breve. Adesso vedremo se il centrodestra sposerà i sovranisti o i moderati. Noi in Parlamento sapremo attrarre sui contenuti i moderati di buon senso, anche per allargare la base del Governo. Quanto a Calenda: è un europarlamentare socialista, farà un buon lavoro a Bruxelles. L’ho voluto ambasciatore, ministro, candidato: adesso non condivido la sua decisione di sparare a zero con toni da ultrà sul Governo Istituzionale. Ma come già mi è accaduto con Pippo Civati qualche anno fa, anche se le strade politiche si dividono, spero che i rapporti personali restino buoni.
Conte farà bene?
I primi 14 mesi di Conte a Palazzo Chigi non sono stati brillanti. E del resto lui lo sa se è vero che è il primo a parlare di un governo di novità. Il destino è benevolo con l`avvocato pugliese: oggi gli viene offerta una seconda chance. Spero che vada meglio della prima.


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