La Senatrice Maria Spilabotte ha sottoscritto il Manifesto dei Senatori per il SI in vista del referendum Costituzionale.
La riforma costituzionale raggiunge un traguardo storico, dopo sei passaggi parlamentari che hanno contribuito a modificare il testo iniziale del disegno di legge Boschi. Già questa mera constatazione risponde nel merito a chi ha definito l’approvazione della riforma come un segnale della delegittimazione del Parlamento. Parlamento che invece ha discusso e cambiato il testo anche in punti qualificanti, con l’accordo di diverse forze politiche. La fine del bicameralismo paritario, peraltro già messo in discussione alla Costituente, è stato lungamente inseguito nel corso delle passate legislature, a partire dalla bicamerale presieduta da Aldo Bozzi nel 1983, quella De Mita-Iotti nel 1993, ed infine quella di Massimo D’Alema nel 1997. ll processo riformatore si è rimesso in moto in questa legislatura, dopo la formazione del governo Letta, sulla base di un mandato di Camera e Senato a schiacciante maggioranza e con l’ausilio di una commissione di saggi. Toccò poi all’attuale governo assumersi la responsabilità di presentare nell’aprile 2014 il disegno di legge costituzionale.
La riforma risponde a due priorità: a) impedire il ritorno alla paralisi di sistema così come ce lo ricordiamo vivissimamente nel 2013 ma che già si era manifestata a partire dal 1994 e nelle successive legislature con maggioranze diverse nei due rami del Parlamento. Ciò grazie al rapporto fiduciario limitato alla sola Camera – che avrebbe una chiara preminenza nella funzione legislativa. b) regionalizzare il Senato, privato di fiducia, puntando soprattutto per tale via – che supera la separatezza dei legislatori come già tentato da Costantino Mortati alla Costituente – a ridurre i conflitti davanti alla Corte. In questo modo si chiariscono in modo equilibrato i rapporti tra Stato e Regioni. Sono state riviste alcune funzioni alle Regioni, ma esse attraverso i consiglieri regionali eletti, parteciperanno alla legislazione nazionale e al controllo dell’azione del Governo. Per questi ed altri motivi (il potenziamento dell’iter legislativo per i progetti governativi, la limitazione dei decreti legge, il rilancio degli gli istituti di partecipazione popolare, il superamento del Cnel)) come attori principali della riforma, noi senatori dichiariamo con orgoglio il nostro Si al referendum Costituzionale”.


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